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OMCI - Organismo di Mediazione

Omci - Organismo di Mediazione e Conciliazione Italia

11
Luglio
2023

Riforma Cartabia, fine del cartaceo per i tribunali e novità sulla mediazione;

Operative le norme che prevedono il deposito telematico come modalità esclusiva per tutte le giurisdizioni e il nuovo procedimento di mediazione;

Dopo le novità entrate in vigore il 28 febbraio scorso, dal 30 giugno è arrivato l’ultimo step della Riforma Cartabia: operative le norme che prevedono il deposito telematico come modalità esclusiva per tutte le giurisdizioni, e le novità che ridisegnano il procedimento di mediazione, tra le quali l’ampliamento delle materie in cui la mediazione è d’obbligo.

Fine del processo cartaceo per i processi

La data del 30 giugno 2023 sarà in futuro ricordata  come la data che ha decretato la fine del processo cartaceo. Dal 1° luglio chi intende introdurre una controversia davanti a qualunque giurisdizione, incluso il Giudice di pace, il Tribunale delle Acque pubbliche, il Tribunale per i minorenni ed il Commissario per la liquidazione degli usi civici, può farlo solo con deposito telematico e con atti informatici. L’obbligatorietà del deposito telematico vale per tutti gli atti del processo compresi quelli introduttivi del giudizio.

Estesa la Mediazione obbligatoria

Il 30 giugno 2023  registra anche l’entrata in vigore dell’ultima tranche di novità della Riforma Cartabia relative all’istituto della mediazione civile e commerciale. La mediazione è obbligatoria adesso non solo per le liti in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, ma anche in materia di associazione in partecipazione, consorzio, franchising, opera, rete, di somministrazione, subfornitura e  società di persone.

Mediazione e opposizione a decreto ingiuntivo

Entra in vigore la norma che, (recependo il consolidato orientamento giurisprudenziale in materia), in caso di opposizione a decreto ingiuntivo, addossa l’onere di presentare domanda di mediazione alla parte che ha presentato il ricorso monitorio.

Nuova struttura del procedimento di mediazione

È operativa la norma che consente di derogare alla competenza dell’organismo di mediazione su accordo delle parti e quella che legittima l’amministratore di condominio a proporre istanza di mediazione o di adesione alla mediazione senza la preventiva approvazione dell’assemblea condominiale. Entrano in vigore le norme che ristrutturano il procedimento di mediazione, fissando limiti di durata massima (non superiore a tre mesi, prorogabili di ulteriori tre su accordo delle parti successivo all’instaurazione del procedimento ma antecedente alla scadenza del primo trimestre), eliminando il primo incontro “filtro” in cui le parti erano chiamate ad esprimersi in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’inizio del tentativo di mediazione ed assegnando termini per la fissazione del primo appuntamento di mediazione tra i 20 e i 40 giorni dal deposito della domanda.

Indennità di mediazione (Questo quado entreranno in Vigore le nuove Indennità, ovvero il nuovo decreto attuativo), per ora si fa come sempre:

Cambia di conseguenza la disciplina delle spese di mediazione. Le spese di avvio e le spese per il primo incontro sono dovute da ciascuna parte al momento della presentazione della domanda di mediazione o al momento dell’adesione. Se la mediazione si conclude senza l’accordo, non sono dovuti ulteriori importi. Le ulteriori spese di mediazione per la conclusione dell’accordo e per gli incontri successivi al primo sono stabiliti dal regolamento dell’organismo di mediazione, in base ai criteri stabiliti da apposito decreto ministeriale.

Delegati alla mediazione

Dal 1° luglio, i soggetti diversi dalle persone fisiche potranno stare in mediazione anche avvalendosi di rappresentanti o delegati a conoscenza dei fatti e muniti dei poteri necessari per la composizione della controversia, mentre le persone fisiche dovranno presenziare personalmente, salva possibilità di delega in presenza di giustificati motivi. In vigore anche la norma che espressamente circoscrive l’obbligo di assistenza dell’avvocato alle sole mediazioni obbligatorie e a quelle demandate dal giudice. Al via anche  la nuova disciplina sulla formazione dei mediatori, sugli organismi ed i loro responsabili.

Mediazione demandata

Dal 30 giugno entrano in vigore le norme di attuazione dei principi della legge delega sulla mediazione demandata dal giudice.  Anche in sede di giudizio di appello e fino al momento della precisazione delle conclusioni, il Giudice, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione, il comportamento delle parti e ogni altra circostanza, potrà disporre, con ordinanza motivata, l’esperimento di un procedimento di mediazione. La mediazione demandata dal giudice è condizione di procedibilità e se, alla data di rinvio per la verifica dell’esito della mediazione, il tentativo non è stato esperito, il giudice dichiara l’improcedibilità della domanda giudiziale. Le ordinanze con cui il giudice demanda le parti in mediazione e le controversie definite a seguito di mediazione demandata saranno oggetto di specifica rilevazione statistica.

Gratuito patrocinio e crediti di imposta

Entrano in vigore  sempre il 30 giugno le disposizioni sul patrocinio a spese dello Stato nella mediazione civile e commerciale obbligatoria e demandata, e quelle che riconoscono alle parti i crediti di imposta sulle spese di mediazione, e sui compensi dell’avvocato in caso di mediazione obbligatoria o demandata, nel limite di Euro 600 per procedura e con limite annuo di 2400 Euro per le persone fisiche e 24 mila Euro per le persone giuridiche. Manca ancora però il decreto ministeriale deputato a stabilire le modalità di liquidazione e pagamento delle competenze dell’avvocato ammesso al gratuito, (inclusa la possibilità di riconoscere al legale un credito di imposta o di compensazione delle somme determinate) e le modalità di riconoscimento alle parti dei crediti di imposta.

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Ultimo aggiornamento Mercoledì, Luglio 12 2023
  
10
Luglio
2023

La comunicazione di avvio della mediazione va effettuata direttamente alla parte invitata e non al proprio difensore;

Tribunale di Avellino, 01.02.2023, sentenza n. 178, giudice Maila Casale;

SINTESI: Il caso in esame riguarda una vertenza in materia di opposizione a decreto ingiuntivo relativo al pagamento delle rate di un finanziamento.

Alla prima udienza, il Giudice decideva relativamente alla provvisoria esecuzione al decreto ingiuntivo opposto e fissava il termine di giorni 15 per presentare domanda di mediazione.

L’opposto avviava la procedura di mediazione che aveva esito negativo a causa dell’assenza dell’opponente.

All’udienza di verifica dell’espletamento della procedura di mediazione, l'opponente rilevava che l’istanza di mediazione era stata notificata al difensore costituito e non alla parte personalmente ed eccepiva l'improcedibilità della predetta procedura.

L'opposta deduceva dal proprio canto la ritualità della comunicazione al difensore costituito.
In merito, il Tribunale ha così statuito:

  • è obbligatoria la comparizione personale delle parti davanti al mediatore;
  • la domanda e la data del primo incontro sono comunicate all’altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante;
  • il D. Lgs. n. 28/2010 non contempla, però, in nessun articolo, la possibilità di notificare la domanda al procuratore legale costituito, mentre è necessario che l'atto sia portato a conoscenza del diretto interessato;
  • ciò al fine di valorizzazione della possibilità delle parti di decidere del proprio conflitto;
  • per tali ragioni, è valida la notifica della comunicazione di avvio mediazione effettuata direttamente al domicilio della controparte anziché al difensore;
  • nel caso de quo, la notifica della comunicazione di avvio della mediazione non è avvenuta in modo corretto e conforme al dettato normativo poiché l'invito a partecipare all'incontro di mediazione è stato notificato a mezzo pec presso il domicilio eletto e, quindi, presso il difensore costituito in giudizio e non alla parte personalmente;
  • dalla natura obbligatoria propria della mediazione cd. "demandata" deriva che, a seguito dell'invio da parte del Giudice, l’esperimento del procedimento di mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale al pari dell'ipotesi di mediazione obbligatoria ex lege; pertanto, anche in questa ipotesi, deve essere valorizzata la possibilità per le parti di decidere del proprio conflitto;
  • inoltre, l'art. 4, comma 2, del D. Lgs. 28/10, aggiornato alla L. n. 69/13, non prevede alcuna analogia con il codice di procedura civile circa l'eventuale onere di notificare la domanda di accesso anche al procuratore costituito, in quanto è sufficiente che l'atto sia portato a conoscenza del suo diretto interessato.

Atteso quanto sopra esposto, nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto irregolare la notifica dell'istanza di mediazione al difensore.

Peraltro, tale irregolarità non può essere sanata neppure dalla procura alle liti, dalla quale si evince che l'opponente ha eletto domicilio solo per la fase giudiziale di opposizione al decreto ingiuntivo, mentre nulla viene indicato con riferimento alla fase stragiudiziale ed espressamente per il procedimento di mediazione per il quale la parte avrebbe anche potuto avvalersi di altro difensore esperto del ramo.

L’irregolarità della convocazione comporta il mancato avveramento della condizione di procedibilità e la conseguente revoca del decreto ingiuntivo opposto, con conseguente preclusione circa la possibilità di affrontare nel merito la controversia.

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Ultimo aggiornamento Lunedì, Luglio 10 2023
  
07
Luglio
2023

Riforma mediazione: nuove modalità dal 30 giugno 2023;

A partire dal 30 giugno 2023 entrano in vigore le nuove norme sulla mediazione introdotte nel decreto legislativo nr. 28/2010 dal d. lgs. 149/2022 (Riforma Cartabia).

In sintesi, le novità riguardano:

  • la previsione di ulteriori materie per le quali il tentativo di mediazione è condizione di procedibilità (che si aggiungono a quelle già ora previste): associazione in partecipazione, consorzio, franchising, opera, rete, somministrazione, società di persone, subfornitura;
  • eliminazione del primo incontro di programmazione/informativo (il primo incontro è già un incontro effettivo);
  • di conseguenza, diversa articolazione delle spese per il primo incontro e per gli incontri successivi;
  • convocazione dell’incontro tra i 20 e i 40 giorni dal deposito della domanda e durata complessiva del procedimento di 3 mesi prorogabile per altri 3;
  • legittimazione dell’amministratore condominiale ad attivare o partecipare alla mediazione senza necessità di una preventiva delibera condominiale.

In attesa della emanazione del decreto ministeriale che stabilirà la disciplina delle indennità di mediazione, se dovesse uscire, per il primo incontro si conferma il versamento delle spese di avvio (€ 40/80 + IVA + Spese Vive amminisrative Documentate + IVA, Le quali sono sempre Uguali, fino a che non usciranno le nuove Tabelleindennità), con riserva per l’organismo di chiedere alle parti l’integrazione delle spese di mediazione anche per il primo incontro, se il decreto ministeriale lo consentirà, se non dovesse uscire si applicano le indennità attuali.

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Ultimo aggiornamento Mercoledì, Luglio 12 2023
  
04
Luglio
2023

Danni da inadempimento contrattuale: risarcite anche le spese della mediazione;

Per il tribunale di Ravenna merita accoglimento la richiesta di risarcimento dei danni da inadempimento contrattuale, ivi comprese le spese per il procedimento di mediazione obbligatoria;

Sì al risarcimento del danno per le spese inutilmente sostenute per la mediazione. Questo quanto si ricava, in sintesi, dalla sentenza n. 362/2023 del 29/05/2023,  resa dal tribunale di Ravenna in una causa avviata da un avvocato nei confronti di una società, al fine di far dichiarare l’invalidità per vizio del consenso ai sensi dell’ art. 1439 c.c., o in subordine la risoluzione per inadempimento della convenuta, del contratto stipulato per lo svolgimento di una serie di attività finalizzate al recupero di somme indebitamente corrisposte nell’ambito di alcuni rapporti contrattuali avviati dall’attore e dalla moglie con un istituto di credito.

Risoluzione contratto per inadempimento

Alla luce delle risultanze processuali, il giudice ritiene evidente la responsabilità per gravi inadempimenti da parte della Srl tale da giustificare senz’altro l’accoglimento della domanda attorea di risoluzione del contratto di mandato stipulato tra le parti in causa.

Per il giudice, quindi, l’attore ha conseguentemente diritto alla restituzione della somma complessivamente versata alla convenuta in esecuzione del predetto contratto, maggiorata degli interessi legali.

Risarcimento danni per il “tempo perduto”

Non solo. Per il tribunale, merita accoglimento anche la domanda attorea di risarcimento dei lamentati danni da inadempimento contrattuale, che vanno individuati “nella spesa inutilmente sostenuta per il procedimento di mediazione obbligatoria promosso nei confronti della banca – con l’assistenza di un legale – nonché nei riflessi patrimoniali negativi di tutto il tempo perduto dall’attore e di tutta l’attività inutilmente svolta dal medesimo (ricerca di documentazione, telefonate, corrispondenza, viaggi, accessi presso studi professionali, partecipazione al suddetto procedimento di mediazione, ecc.) per mettere la società e i professionisti designati dalla stessa nelle condizioni di poter espletare gli incarichi loro conferiti”.

Riflessi negativi che per il giudice “possono liquidarsi in via equitativa nella misura di 3.000, 00, oltre a rivalutazione e interessi”.

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Ultimo aggiornamento Martedì, Luglio 04 2023
  
30
Giugno
2023

Beni da pignorare: firmata la convenzione tra via Arenula e Entrate;

Siglata la convenzione tra ministero della Giustizia e Agenzia delle Entrate per rendere più agevole la ricerca telematica dei beni da pignorare;

È stata siglata dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e dal direttore dell'Agenzia delle entrate, Ernesto Maria Ruffini, la convenzione che consentirà agli ufficiali giudiziari di accedere alle banche dati dell'Amministrazione finanziaria.

Il fine, comunicano le note congiunte di via Arenula e delle Entrate, è quello di "rendere più agevole la ricerca telematica dei beni da pignorare", prevista dall'art. 492-bis c.p.c. come novellato dalla riforma Cartabia, "in seguito alla richiesta di un creditore, o da sottoporre a procedura concorsuale, su richiesta del curatore".

Accordo valido 5 anni

L'accordo, che ha ottenuto anche l'ok del Garante Privacy, avrà una validità di cinque anni e regolerà l'accesso alle informazioni contenute nelle banche dati del fisco, "in conformità ai principi stabiliti dal Regolamento generale sulla protezione dei dati e dal Codice in materia di protezione dei dati personali".

Nello specifico, gli ufficiali giudiziari potranno usare il servizio, nell'ambito dei propri compiti di ufficio, al fine di acquisire tutte le informazioni utili a individuare i beni da sottoporre a esecuzione, anche nell'ambito di procedure concorsuali.

Come funziona l'accesso

L'accesso, spiegano il Ministero e l'Agenzia, la cui sicurezza dal punto di vista tecnico è garantita da un servizio di cooperazione informatica che utilizza il Sistema di interscambio dati (Sid), sarà richiesto dall'ufficiale giudiziario relativamente ai soggetti per i quali "è stata presentata istanza da parte di un creditore in possesso di un titolo esecutivo e del precetto o a seguito di specifica autorizzazione del presidente del Tribunale o di un giudice da lui delegato".

A quel punto, le Entrate verificheranno la regolarità della richiesta e invieranno la risposta con le informazioni al sistema informatico del Ministero.

Gli accessi al servizio saranno tracciati da entrambe le parti.

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Ultimo aggiornamento Venerdì, Giugno 30 2023
  
26
Giugno
2023

Avvocato radiato: la valutazione della condotta irreprensibile;

Per il CNF, la valutazione della condotta irreprensibile ai fini della reiscrizione all'albo dell'avvocato non può limitarsi ai comportamenti precedenti la condanna disciplinare;

Reiscrizione all'albo a seguito di radiazione

"La valutazione della condotta irreprensibile (art. 17 L. n. 247/2012), che la legge richiede per la re-iscrizione nell'albo a seguito di cancellazione disciplinare o radiazione non può limitarsi all'esame dei comportamenti dell'avvocato precedenti alla condanna disciplinare, poiché altrimenti di nessun professionista già ritenuto meritevole di radiazione disciplinare potrebbe mai essere disposta la reiscrizione". Così il Consiglio Nazionale Forense nella sentenza n. 12/2023.

Il CNF è stato chiamato ad esprimersi sul ricorso di un professionista che, radiato dall'albo a seguito di procedimento disciplinare, ne chiedeva la reiscrizione allegando ordinanza di riabilitazione.

Il COA rigettava la domanda e l'avvocato adiva il CNF perché, ritenendo sussistenti i requisiti per la propria iscrizione all'albo, lamentava difetto di motivazione della decisione del COA, il quale non avrebbe tenuto conto di tutti gli elementi a supporto della propria istanza; in particolare a) del lasso di tempo trascorso dai fatti delittuosi; b) della riabilitazione intervenuta che ha dato conto anche del risarcimento effettuato alla vittime e del pagamento delle spese di giustizia; c) del comportamento irreprensibile tenuto dal ricorrente negli ultimi 13 anni.

Per il CNF tuttavia il ricorrente ha torto.

La valutazione dei requisiti necessari per la (re)iscrizione all'albo, resta un'attività di competenza dei Consigli territoriali, che sono chiamati a verificare la loro sussistenza afferma preliminarmente e, nel caso di specie, il COA ha approfonditamente scrutinate e valutate le deduzioni del ricorrente, ritenendo che la prova dei requisiti non fosse stata raggiunta, nonostante gli aspetti evidenziati dal richiedente.

Per cui, confermando il corretto operato del consiglio dell'Ordine e respingendo il ricorso, il CNF ricorda la propria giurisprudenza, secondo la quale "la riabilitazione, pur estinguendo le pene 7 accessorie ed ogni altro effetto penale della condanna, non impedisce l'operatività delle ulteriori conseguenze prodottesi autonomamente sul piano amministrativo, quali la valutazione dei requisiti soggettivi occorrenti per l'iscrizione o quelle di tipo disciplinare, né vale ad escludere la storicità dei fatti e la loro negativa valenza in ordine alla considerazione dell'affidabilità del soggetto in relazione alla previsione della sua inclinazione ad un corretto svolgimento della professione forense" (CNF 94/2020).

E ancora: "La valutazione della condotta irreprensibile (già specchiatissima ed illibata), che la legge richiede per la re-iscrizione nell'albo a seguito di cancellazione disciplinare o radiazione non può limitarsi all'esame dei comportamenti dell'avvocato precedenti alla condanna disciplinare, poiché altrimenti di nessun professionista già ritenuto meritevole di radiazione o di cancellazione disciplinare potrebbe mai essere disposta la reiscrizione" (CNF n. 17/2017).

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Ultimo aggiornamento Lunedì, Giugno 26 2023
  
16
Giugno
2023

Okay a identità della domanda di mediazione e della citazione;

Se l’oggetto e le ragioni esposte nella domanda di mediazione e nell’atto di citazione coincidono la condizione di procedibilità è rispettata;

SINTESI: Condizione rispettata se citazione e domanda di mediazione coincidono

 

La condizione di procedibilità della mediazione nelle materie indicate dall’art. 5 del decreto legislativo n. 28/2010, tra le quali compaiono i diritti reali, è rispettata se l’oggetto e le ragioni della domanda avanzata in mediazione sono le stesse di quelle indicate nell’atto di citazione.

Nella vicenda portata all’attenzione del Tribunale di Sondrio e risolta con la sentenza n. 124/2023 del 18/05/2023, parte attrice nella domanda presentata per avviare la mediazione ha fatto riferimento alla materia “diritti reali e servitù di passaggio”.

Nell’atto di citazione ha presentato una domanda di accertamento e di costituzione di una servitù di passaggio sul fondo vicino. Dalle ragioni poste infine a base della pretesa emerge che l’oggetto dell’azione giudiziale futura è una servitù di passaggio.

 

Servitù di passaggio e mediazione

 

Alcuni vicini di casa avviano una causa per una servitù di passaggio carraio, che consentirebbe loro di transitare più comodamente sul fondo servente.

Gli attori del giudizio chiedono la costituzione di un diritto di servitù di passaggio sul fondo di proprietà delle convenute. In cambio però accettano di riconoscere alle stesse un’indennità per il disagio che questa servitù causerebbe, come previsto dall’art. 1053 del codice civile.

Le convenute, quando si costituiscono in giudizio, si oppongono alle richieste avanzate e fanno presente che la domanda della controparte non è procedibile. Gli attori non avrebbero provveduto ad avviare la procedura di mediazione, come richiesto invece dall’art. 5 del decreto legislativo n. 28/2010.

 

Oggetto e ragioni della citazione e della domanda di mediazione coincidono

 

Alla prima udienza il Giudice rileva però l’avvenuto esperimento della procedura di mediazione, risultante dagli scritti depositati.

Nel respingere l’eccezione preliminare sollevata dalle convenute, che hanno lamentato la mancata attivazione della procedura di mediazione, il Giudice richiama il contenuto dell’ordinanza di rigetto nella parte in cui ha evidenziato che:

l’oggetto e le richieste degli attori ossia l’accertamento o la costituzione del diritto della servitù di passaggio in loro favore sono indicati sia nell’atto di citazione che nel modulo di mediazione in cui fanno riferimento a diritti reali e servitù di passaggio; dalle ragioni che gli attori pongono alla base della loro richiesta si comprende chiaramente che l’oggetto dell’azione giudiziale riguarda una servitù di passaggio; la richiesta di togliere le piante che ostacolano il passaggio fa capire che questa richiesta presuppone l’accoglimento della dichiarazione o costituzione della servitù di passaggio, così come richiesta dagli attori.

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Ultimo aggiornamento Domenica, Giugno 18 2023
  
15
Giugno
2023

Scatta la segnalazione all’Ivass per le compagnie assicurative che non partecipano alla mediazione;

Le compagnie di assicurazione che non partecipano agli incontri di mediazione obbligatoria devono essere segnalate all’Ivass, l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni.

La Riforma Cartabia ha introdotto questa regola nel nuovo articolo 12 bis del decreto legislativo n. 28/2010, che contiene la disciplina della mediazione civile e commerciale.

Il soggetto investito del potere si effettuare questa segnalazione all’Ivass, che è l’autorità di vigilanza delle compagnie assicurative, è il giudice.

L’autorità giudiziaria che in giudizio rilevi la mancata partecipazione della compagnia di assicurazione al primo incontro di mediazione senza un giustificato motivo agisce in due modi.

Prima di tutto condanna la compagnia assicuratrice a pagare allo Stato una somma pari a quella del contributo unificato previsto per il giudizio.

In seguito, il giudice trasmette la copia del provvedimento che contiene questa condanna all’Autorità di vigilanza competente, che nel caso delle Assicurazioni, è l’Ivass.

Mancata partecipazione alla mediazione: conseguenze processuali

L’assicurazione che non partecipa all’incontro di mediazione, quando questa rappresenta condizione di procedibilità della domanda in giudizio, subisce altre conseguenze sul piano processuale.

Prima di tutto il giudice, dalla mancata partecipazione dell’assicuratore al primo incontro di mediazione, può trarre argomenti di prova.

Questo significa che la condotta poco collaborativa dell’assicuratore avrà un suo peso sulla decisione che il giudice prenderà alla fine della causa.

In secondo luogo, se la parte ne fa richiesta, il giudice può condannare la compagnia assicurativa soccombente a pagare alla controparte una somma determinata in via equitativa.

Importo che tuttavia non potrà superare quello delle spese del giudizio e che sono maturate dopo che si è conclusa la mediazione.

Mancata partecipazione: il giustificato motivo

La compagnia assicurativa che non prende parte alla mediazione senza un giustificato motivo va incontro quindi a diverse conseguenze negative. Occorrono valide ragioni per non presenziare all’incontro.

La mancata partecipazione al primo incontro di mediazione non può infatti identificarsi con l’affermazione di avere ragione rispetto alla controparte.

La Compagnia di assicurazione che rifiuta il dialogo con la parte avversa, al punto da non volerla incontrare in sede stragiudiziale, dimostra di non comprendere la finalità dell’istituto.

Il mediatore che dirige la procedura di mediazione ha infatti il compito di trovare un canale di comunicazione tra le parti.

Una volta ripristinato il dialogo sarà compito dei litiganti impegnarsi, mettersi nei panni della controparte, rivedere ciascuno le proprie posizioni iniziali e cercare un accordo amichevole e soddisfacente per entrambi.

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Ultimo aggiornamento Giovedì, Giugno 15 2023
  
14
Giugno
2023

Il Cumulo tra Mediazione Civile e Negoziazione Assistita;

La prevalenza della Mediazione civile rispetto alla Negoziazione: riflessioni alla luce della giurisprudenza costituzionale e di merito.

Com’è noto, anche nel processo civile, il legislatore ha introdotto i procedimenti deflattivi, prefiggendosi lo scopo di “snellire” il carico processuale presso le sedi giudiziarie.
La necessità d’una degiurisdizionalizzazione ha fatto sì che il legislatore volgesse il suo sguardo “all’Alternative Dispute Resolution” (A.D.R.), ossia all’istituto per la risoluzione alternativa della controversia.
Dapprima con il D.lgs. n.28/2010, fu introdotto l’istituto della Mediazione civile, acciocché s’introducesse un filtro al modello processuale rendendo, per talune materie specifiche, l’istituto in parola una condizione di procedibilità indefettibile per poter accedere al processo.
In tal direzione, l’art.5, comma 1, del D.Lgs.n.28/2010, stabilisce che per alcune materie, ivi tassativamente indicate, l’esperimento della mediazione si pone come una condizione di procedibilità della domanda giudiziale, il cui mancato assolvimento è sanzionato dal legislatore, ai sensi del comma 2 della prefata norma, con l’improcedibilità di quest’ultima.
Di, poi, con l’art.3, comma 1, del D.L.n. 132/2014, convertito, con modifiche, nella L.n.162/2014, fu introdotto anche l’istituto della Negoziazione Assistita, con lo scopo precipuo d’introdurre, anche in questo caso, uno strumento, di degiurisdizionalizzazione, che consentisse, unitamente ad altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile, per quelle controversie che avessero ad oggetto, tra l’altro, la richiesta d’una somma di denaro, nel limite di cinquantamila euro, d’addivenire ad un accordo tra i disputanti.
Anche in tal caso, per le controversie dianzi indicate, oltre a quelle aventi ad oggetto la richiesta di risarcimento dei danni da circolazione di veicoli e natanti, l’esperimento della negoziazione assistita, ai sensi del comma 2 della citata norma, costituisce una condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
Dall’esame del dettato normativo degli istituti in scrutinio, emerge che entrambi prevedono, rispettivamente, al comma 2 del dell’art. 5 del D.lgs. n. 28/2010 ed al comma 1 dell’art. 3 del D.L.n.132/2014, che il mancato assolvimento del preventivo meccanismo deflattivo possa esser eccepito dal convenuto ovvero rilevato dal giudice non oltre la prima udienza.
Come abbiam già detto, i due istituti in commento, son orientati a “scoraggiare” l’ingresso nelle aule delle sedi giudiziarie.
In quest’ottica, emerge la funzione della mediazione ed, ancor più chiaramente, dalle coordinate espresse dalla Suprema Corte, la quale ha potuto ben precisare, in materia, che essa assolve ad una funzione deflattiva, e proprio in ragion di ciò va “…interpretata alla luce del principio costituzionale del ragionevole processo e, dunque, dell’efficienza processuale…”. (Cass. civ., Sez.III, Sent. n. 24629 del 3 dicembre 2015).
In altre parole, rispetto alla mediazione, ma il ragionamento si può ben estendere anche alla negoziazione assistita, il processo si offre come l’estrema ratio, vale a dire l’ultima possibilità allorché le alternative di definizione ovvero di componimento della controversia non han sortito l’effetto deflattivo.

2. Il cumulo tra la mediazione civile e la negoziazione assistita

Bene. Certo quanto sopra, che cosa potrebbe accadere se, rispetto ad una controversia, i due istituti dalla vocazione deflattiva venissero a “convivere”. Eppure, la domanda non è, poi, così “pellegrina” rispetto al formante giurisprudenziale delle corti di merito.
Anzitutto, sarebbe più corretto discettare, con riguardo ai due istituti in parola, di cumulo, laddove essi vengano evocati, al persistere dei parametri di legge, per comporre una controversia vertente in una materia che si ponga, per così dire, in maniera trasversale, nel senso, cioè, che essa possa esser oggetto sia dell’uno che dell’altro istituto deflattivo.
Valga, per quanto concerne la valutazione appena espressa, in tal senso la giurisprudenza di merito che, a proposito di coesistenza della mediazione e della negoziazione assistita, discetta, più appropriatamente, di “cumulo” tra i due istituti processuali deflattivi. (Cfr. Trib. Verona, Sez. III, Ord. del 23 dicembre 2015).

3. L’orientamento della giurisprudenza di merito

Cosicché, apprendiamo, dall’elaborazione giurisprudenziale delle corti territoriali, che la mediazione prevale sulla negoziazione assistita, laddove il giudizio abbia ad oggetto le some dovute in materia d’inadempimento al pagamento del canone di locazione.
Precisamente, nel precedente giurisprudenziale in commento, entrambi i conduttori insorgevano avverso il decreto ingiuntivo promosso dal locatore onde ottener, per ogni giorno di ritardo rispetto all’obbligo di riconsegna dell’immobile, il pagamento della penale, peraltro, concordata in sede di mediazione avviata a seguito della domanda giudiziale d’adempimento dei canoni di locazione impagati.
Ecco che, sull’eccezione di rito sollevata dai conduttori circa l’improcedibilità della domanda monitoria per il mancato esperimento della negoziazione assistita, avendo il giudizio, secondo la prospettata difesa dei convenuti, ad oggetto la richiesta di pagamento d’una somma di denaro d’importo non superiore ai cinquantamila euro, rilevare il Giudicante che, comunque, il credito azionato in fase monitoria trovava fondamento in un accordo concluso in sede di mediazione obbligatoria.
Posto che l’art. 3, comma 3, del D.L. n. 132 del 2014, prevede che “La disposizione di cui al comma 1, non si applica …nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione…”, lo stesso Giudicante rileva, altresì, che la procedura di negoziazione assistita sarebbe “ultronea”, ed, anzi, in contrasto con quanto sancito dal comma 5 della prefata norma, a mente della quale “Restano ferme le disposizioni che prevedono speciali procedimenti obbligatori di conciliazione e mediazione, comunque denominati…”. (Trib. Roma, Sez. VI, Sent. n. 4817 del 23 marzo 2023).
Ne discende, per il Giudicante, la prevalenza della mediazione civile rispetto alla negoziazione assistita.
A ben vedere, tuttavia, l’orientamento emerso dalla pronuncia in scrutinio, teso a valorizzare la prevalenza della mediazione civile sulla negoziazione assistita, laddove la materia oggetto della controversia si offre come trasversale, ossia comune, in astratto, ad entrambi i procedimenti deflattivi processuali, riflette una posizione che sembra aver motivazioni più profonde.
Ed, infatti, dallo stesso distretto giudiziario cui è applicato il Giudicante la cui pronuncia abbiam, ora, esaminato, emerge, invero, come l’orientamento volto a dar prevalenza alla mediazione civile rispetto alla negoziazione sia espressione d’una riflessione che affonda le sue radici nella struttura ontologica della stessa mediazione.
L’indagine, dunque, s’incentra sulla terzietà della pronuncia resa nella mediazione civile rispetto alla negoziazione assistita. E ciò in quanto nella mediazione civile le parti son chiamati a devolvere la controversia, ai sensi dell’art. 8 del D.lgs. n.28/2010, ad un terzo, il mediatore, ossia ad un soggetto estraneo che, stante le disposizioni poste dall’art.14 del testo normativo evocato, agisce in posizione d’imparzialità.
Di contro, si osserva che, nell’ambito del procedimento della negoziazione assistita, son gli avvocati delle parti ad avviare, ove ricorrano le condizioni di legge, la medesima procedura deflattiva. Quivi, pertanto, si registra l’assenza d’un terzo, che agisca, come nella mediazione civile, in funzione di “mediatore”.
E che questa sia la riflessione profonda è corroborata proprio dall’orientamento della giurisprudenza di merito di cui prima si faceva cenno laddove si afferma che “…la mediazione obbligatoria, comportando la presenza di un terzo imparziale quale il mediatore, offre maggiori garanzie rispetto alla negoziazione assistita che ne è priva. Per tale motivo la mediazione obbligatoria deve ritenersi utilmente effettuata anche nei casi in cui è previsto il diverso procedimento della negoziazione assistita…”. (Trib. Roma, Sezione specializzata in materia di imprese, Sent. n. 11431 del 18 luglio 2022).

4. L’orientamento della giurisprudenza costituzionale

Nondimeno, l’orientamento emerso dalle corti territoriali in commento, riflette, a ben guardare, il pensiero, se così possiamo dire, espresso, in merito, dal Giudice delle Leggi, secondo il quale “…il procedimento di mediazione è connotato dal ruolo centrale svolto da un soggetto, il mediatore, terzo e imparziale, là dove la stessa neutralità non è ravvisabile nella figura dell’avvocato che assiste le parti nella procedura di negoziazione assistita.”. (Corte Cost., Sent. n. 97 del 18 aprile 2019).
E che tale sia l’indirizzo giurisprudenziale speso dalle corti territoriali, in merito alla constatata disomogeneità degli istituti deflattivi in scrutinio, si registra sol passando in rassegna alcune pronunce espresse in tal senso, ove si afferma che “…nella mediazione il compito (…) di assistenza alle parti nella individuazione degli interessi in conflitto e nella ricerca di un punto d’ incontro è svolto da un terzo indipendente e imparziale, nella negoziazione l’analogo ruolo è svolto dai loro stessi difensori…”. (Trib. Roma, Sez. XIII, Ord. del 12 aprile 2021).
Anzi, proprio la circostanza fattuale che, invero, nella mediazione civile, il compito d’assistenza alle parti, nella ricerca d’una soluzione condivisa, è svolta da un terzo soggetto, indipendente ed imparziale, è stata ben messa in risalto dalla stessa Corte costituzionale chiamata a valutare se la mediazione tributaria, introdotta dall’art. 17, bis, comma 5, del D.lgs. n.546/1992, collida o meno con i parametri costituzionali di cui agli artt. 3, 24, 25, 111, Cost.
Ed, invero, il Giudice delle Leggi, respingendo, da quest’angolazione, come, ivi, prospettata, la sollevata illegittimità costituzionale della predetta norma, rispetto agli evocati parametri costituzionali, per quanto, quivi, d’interesse, ha ben posto in risalto, finanche, la differenza tra la mediazione tributaria e la mediazione civile disciplinata dal D.lgs. 28/2010, rimarcando come nella prima la mediazione sia demandata ad un organo interno dell’amministrazione finanziaria, sicché non estraneo, mentre, invece, nella seconda essa è affidata ad un soggetto terzo, autonomo ed indipendente. (Corte Cost., Sent. n. 98 del 16 aprile 2014).
Precisa, al riguardo, il Giudice delle Leggi che “…Tale mancanza di un soggetto terzo che, come avviene per la mediazione delle controversie civili e commerciali disciplinata dal d.lgs. n. 28 del 2010 (…) svolga la mediazione, se comporta l’impossibilità di ricondurre la mediazione tributaria al modello di quella civilistica (…) non determina, tuttavia, alcuna violazione degli invocati parametri costituzionali…”. (Corte Cost., N. 98 del 2014, cit.).
Dalla giurisprudenza in rassegna, ne ricaviamo, pertanto, nella prospettiva d’un cumulo tra la negoziazione assistita e la mediazione civile, la preferenza espressa all’indirizzo di quest’ultima, caratterizzata dall’intervento d’un terzo cui le parti si affidano onde trovare una soluzione finalizzata al componimento della controversia, acciocché si assecondi la ratio del detto istituto orientata, giustappunto, ad una funzione deflattiva che rappresenti l’ingresso nel processo come l’estrema ratio.
Come già detto dianzi, il comma 5, dell’art. 3, del D.L.n. 132/2014, coordinato col comma 1 della norma da ultimo citata, va letto, secondo l’orientamento prevalente della giurisprudenza di merito, nel senso d’una disposizione che contempli il cumulo “…tra la negoziazione assistita obbligatoria  e le procedure stragiudiziali obbligatorie per legge o per previsione contrattuale o statutaria, salvo che la controversia non sia soggetta alla mediazione obbligatoria ex lege, perché in tal caso solo questa procedura va esperita…”. (Trib. Torre Annunziata, Sez. II, Sent. n. 740 del 23 marzo 2018).
Di fronte, quindi, alla potenziale coesistenza tra la mediazione civile e la negoziazione assistita, entrambe vertenti in materie soggette sia all’uno che all’altro strumento deflattivo, “il conflitto”, se par lecito così definirlo, viene dalla giurisprudenza di merito in esame risolto accordando prevalenza alla mediazione civile, perdendo così, per tal via, la negoziazione assistita il carattere dell’obbligatorietà.

5. Il giudice di seconda istanza

Anche per il Giudice di seconde cure, il comma 5, dell’art. 3, del D.L.n. 132/2014, va interpretato nel senso, cioè, di cogliere l’opportunità di evitare “…l’aggravamento conseguente all’ imposizione di queste due specifiche condizioni di procedibilità e di dare prevalenza al procedimento di mediazione obbligatoria nelle ipotesi di potenziale cumulo tra la negoziazione assistita e la mediazione…”. (Corte di Appello di Napoli, Sez.VI, Sent. n.3147 del 26 giugno 2018).
E tal predilezione verso l’istituto della mediazione civile, trova la sua ragion d’esser proprio nella terzietà del soggetto cui è demandato, ex lege, il compito d’elaborare ed offrire alle parti in conflitto una proposta conciliativa orientata ad una soluzione della controversia, evitando, fin dove possibile, l’ingresso nel processo.
Ed, anzi, scrutinando la giurisprudenza innanzi commentata, emerge come anche la mediazione non obbligatoria ex lege si offra come un’alternativa preferibile rispetto alla negoziazione assistita facendo perno tal conclusione sulla ratio dell’istituto in parola, ove emergerebbe il dato oggettivo dell’imparzialità e dell’indipendenza del terzo, quale mediatore, rispetto agli altri istituti processuali deflattivi. (Trib. Torre Annunziata, Sent. n. 740 del 2018, cit.).

6. Conclusioni

Possiamo ben dire che, alla fine di questo percorso ermeneutico, che alcuna pretesa esaustiva vuol invocare in tal materia, ciò che la giurisprudenza costituzionale, di legittimità e di merito, quivi rassegnate, ci offrono, è l’insegnamento d’un approccio operativo, direi pratico, in specie per gli operatori del diritto, verso l’applicazione dell’istituto deflattivo della mediazione civile. Ampie son le materie soggette, ex lege, al preventivo obbligo della mediazione, pena, per l’appunto, la declaratoria dell’improcedibilità della domanda giudiziale. Chi si appresta ad incardinare un processo in sede civile, ben conosce che, ove si tratti di materie che devono esser soggette, ex lege, al tentativo di conciliazione stragiudiziale, deve esperire la mediazione. Eppure, ciò che la detta giurisprudenza ci offre sono le coordinate per navigare laddove la mediazione civile e la negoziazione assistita coesistano rispetto a materie entrambe soggette ai nominati istituti processuali deflattivi. Ed, in tal direzione, la soluzione che ci vien offerta, attingendo dalla giurisprudenza commentata, è quella dell’accordata prevalenza alla mediazione civile, e ciò considerando che la decisione della controversia vien rimessa ad un terzo soggetto, come tale imparziale ed indipendente.
Una preferenza che, a dir proprio della giurisprudenza d’alcune corti territoriali menzionate, si spinge finanche a prediligere la mediazione civile anche là dove essa non sia obbligatoria ex lege. Ciò in quanto la ratio della mediazione civile, che è proprio quello di affidare la composizione della controversia ad un terzo, meglio d’altri istituti deflattivi garantirebbe le parti circa un procedimento stragiudiziale condotto da un soggetto ad esse estraneo ed equidistante.

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Ultimo aggiornamento Mercoledì, Giugno 14 2023
  
10
Giugno
2023

Aziende: diritto alla restituzione degli interessi per le aperture di credito;

Le aziende hanno diritto alla restituzione degli interessi se il contratto di apertura di credito non stabilisce una effettiva pari periodicità della capitalizzazione degli interessi. Le banche devono restituire milioni di euro alle aziende;

  • Interessi anatocistici
  • L'indicazione della misura degli interessi
  • L'applicazione della reciprocità degli interessi
  • L'accertamento giudiziale
  • La preliminare verifica del contratto

Interessi anatocistici

Tutte le volte in cui nel contratto di conto corrente il tasso annuo nominale (TAN) coincide con il tasso annuo effettivo (TAE) o, comunque, se il tasso a favore del cliente è meramente simbolico, la clausola degli interessi anatocistici rimane priva di efficacia. Dunque il correntista potrà richiedere la restituzione delle somme pagate indebitamente per effetto dell'anatocismo.

L'indicazione della misura degli interessi

Va chiarito, per comprenderne il motivo, che nel contratto di apertura di credito, per legge, deve essere indicata la misura degli interessi debitori e di quelli creditori con le specifiche circa la periodicità contrattualmente stabilita. Ma affinché gli interessi stabiliti a favore della Banca siano legittimi è necessario che venga stabilità una pari periodicità della capitalizzazione (mensile, trimestrale,ecc.), per gli interessi a debito e a credito e che la pattuizione avvenga in maniera specifica e per iscritto. Invero, l'art. 6 della delibera Cicr del 9 febbraio 2000 prevede : "I contratti relativi alle operazioni di raccolta del risparmio e di esercizio del credito stipulati dopo l'entrata in vigore della presente delibera indicano la periodicità di capitalizzazione degli interessi e il tasso di interesse applicato. Nei casi in cui è prevista una capitalizzazione infrannuale viene inoltre indicato il valore del tasso, rapportato su base annua, tenendo conto degli effetti della capitalizzazione. Le clausole relative alla capitalizzazione degli interessi non hanno effetto se non sono specificamente approvate per iscritto".

L'applicazione della reciprocità degli interessi

Tuttavia, nonostante tale disposizione, molte Banche non hanno proceduto ad applicare realmente la reciproca capitalizzazione degli interessi, ricadendo così nell'anatocismo vietato dall'art. 1283 c.c. e, conseguentemente, rendendo nulla la clausola che disciplina il pagamento degli interessi. Infatti, in molti casi, nonostante l'apparente periodicità della capitalizzazione (per es. trimestrale) il tasso di interesse creditore è così basso che non genera, di fatto, alcun effetto anatocistico, violando, quindi, l'indicata delibera Cicr . Tale nullità comporta necessariamente che il correntista ha diritto ad ottenere la restituzione, si sensi dell'art. 2033 c.c., degli importi pagati a titolo di interessi anatocistici.

L'accertamento giudiziale

Il principio risulta, da ultimo, affermato dal Tribunale di Brindisi, in persona del giudice Stefano Marzo, con l'ordinanza resa il 17/05/2023 che richiama i principi espressi dalla Corte di Cassazione del 10 febbraio 2022 n. 4321 ed afferma: "il CTU, in tema di anatocismo, dovrà considerare che, in caso di difetto di reciprocità, nell'ipotesi che il tasso a favore del cliente della banca sia stato meramente "simbolico" (nel caso di specie parrebbe tale, essendo appena dello 0,5%), il criterio da seguire sarà quello indicato dalla Corte di Cassazione con Ord. n. 4321 del 10.02.2023 e cioè l'esclusione dell'anatocismo". In altre parole il Giudice chiede al consulente tecnico d'ufficio (CTU) di ricalcolare l'esatto ammontare del rapporto di conto corrente, eliminando la capitalizzazione degli interessi, qualora la clausola di reciprocità del conto corrente di cui è causa non comporti un effettivo incremento per il tasso creditore. Alla stregue di tale ordinanze diverse sono pronunce dei Giudici del Tribunale di Brindisi dello stesso tenore.

La preliminare verifica del contratto

E' bene evidenziare che la presenza o l'assenza di tale reciprocità degli interessi emerge, in diversi casi, direttamente dalla condizioni inserite nel contratto. Perciò, controllando il contratto di apertura di credito in conto corrente, è possibile stabilire se sono stati o meno pagati interessi illegittimi, salva la loro quantificazione a seguito di un conteggio più analitico. Perciò prima di agire in giudizio è essenziale procedere alla verifica delle clausole contenute nel contratto di apertura di credito in conto corrente.

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Ultimo aggiornamento Sabato, Giugno 10 2023
  

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