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OMCI - Organismo di Mediazione

Omci - Organismo di Mediazione e Conciliazione Italia

15
Febbraio
2024

Nel caso di proposizione di più domande, la sussistenza della condizione di procedibilità del tentativo di mediazione va accertata in relazione a ciascuna di esse. La sanzione pecuniaria può essere pronunciata anche a carico della parte vincitrice;

Tribunale di Napoli, 09.10.2023, sentenza n. 9120, giudice Felice Angelo Pizzi.

SINTESI: In un procedimento sommario di intimazione di sfratto per morosità, il conduttore si costituiva eccependo di aver pagato il canone e proponendo domanda riconvenzionale per far dichiarare la nullità dell'art. 2 del contratto di locazione nella parte in cui il canone era stato determinato in misura differenziata.
Il G.U., alla luce della opposizione dell'intimato, non ha convalidato lo sfratto ma ha emesso ordinanza di rilascio immediato ex art. 665 c.p.c., ha mutato il rito ex artt. 426 e 667 c.p.c., fissando udienza di comparizione e discussione di fronte a sé per il giudizio a cognizione piena nelle forme del rito locatizio ed assegnando un termine perentorio all'attrice ed alla convenuta per l'integrazione dei rispettivi atti introduttivi ed un distinto termine di quindici giorni per l'esperimento del tentativo di mediazione, che ha avuto luogo, ma senza esito, a causa della mancata presenza della resistente all'incontro tenutosi dinanzi all'organismo di conciliazione.
La domanda di risoluzione viene ritenuta fondata dal Tribunale in quanto l'inadempimento in concreto accertato costituisce valida causa giustificativa per la risoluzione del rapporto. La domanda riconvenzionale proposta dal conduttore nella fase sommaria viene invece ritenuta inammissibile in punto di rito, per non avere instaurato il sub procedimento di mediazione di cui era stata espressamente onerata con l'ordinanza ex art. 665 c.p.c. Tale onere sussiste nei confronti di tutti i soggetti che propongono una autonoma domanda giudiziale (Cass. civ. sez. III, 20/12/1991, n. 13766).  In caso di contestuale proposizione di più domande, la sussistenza della condizione di procedibilità del tentativo di mediazione va accertata in relazione a ciascuna di esse (Cass. civ. sez. III, 12/12/2003, n. 19056).
Inoltre, poiché la convenuta non aveva partecipato al tentativo di mediazione, e che, a causa di tale mancata partecipazione senza giustificato motivo al relativo sub procedimento, il giudice ha potuto desumere argomenti di prova nel giudizio ai sensi dell'art. 116 comma 2 c.p.c., come previsto dall'art. 8 comma 4 bis D.Lgs. 4/3/2010 n. 28. La mancata comparizione della parte regolarmente convocata davanti al mediatore costituisce elemento integrativo (anche se non decisivo) a favore della parte chiamante, per l'accertamento e la prova di fatti a carico della parte chiamata non comparsa, e in questo senso concorre alla valutazione del materiale probatorio già acquisito. Nel caso di specie la convenuta non aveva allegato alcuna giustificazione, per cui la medesima viene condannata al versamento all'entrata del bilancio dello Stato della somma a cui ammonta il doppio del contributo unificato dovuto per il giudizio. La sanzione pecuniaria prescinde del tutto dall'esito del processo e non viene ritenuta subordinata alla soccombenza, nel senso che può essere pronunciata anche a carico della parte vincitrice (Tribunale Modena, 23/11/2012, n. 1789).

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Ultimo aggiornamento Giovedì, Febbraio 15 2024
  
11
Febbraio
2024

Nelle mediazioni obbligatorie, la condizione di procedibilità sussiste per il solo atto introduttivo del giudizio e non per le domande riconvenzionali;

Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 07.02.2024, sentenza n. 3452/2024, consigliere Loredana Nazzicone.

SINTESI: Grazie al rinvio pregiudiziale disposto dal Tribunale di Roma nel giugno 2023 ex art. 363-bis c.p.c., le Sezioni Unite della Cassazione si sono espresse sull’annosa questione che ha tormentato numerosi avvocati e altrettanti giudici: se fosse o meno necessario instaurare un nuovo procedimento di mediazione obbligatoria a seguito della proposizione di una domanda riconvenzionale, una volta già espletata -e terminata con esito negativo- la mediazione relativa alla domanda attorea.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione enunciano il seguente principio di diritto:
la mediazione obbligatoria non è condizione di procedibilità per le domande riconvenzionali, se è già stata espletata per la domanda principale, precisando però che è compito del mediatore quello di far emergere tutti gli interessi delle parti, come è compito del Giudice quello di tentare di conciliare le parti nel corso del giudizio ove ne ravvisi la possibilità.
Il consigliere Loredana Nazzicone, estensore della sentenza in commento, motiva la decisone in modo assolutamente esaustivo, analizzando i diversi tipi di domanda riconvenzionale per dare infine un trattamento unitario alla questione: la mediazione obbligatoria è condizione di procedibilità solo per la domanda introduttiva del giudizio, non invece per tutte le altre domande successive ed eventuali.
DIVERSI TIPI DI DOMANDA RICONVENZIONALE
In dottrina e in giurisprudenza le domande riconvenzionali si possono suddividere in due categorie:
DOMANDA RICONVENZIONALE COLLEGATA ALL’OGGETTO DI LITE

Trattasi di quella domanda riconvenzionale che ha comunanza oggettiva del titolo già dedotto in giudizio dall’attore -ove, quindi, via sia un collegamento oggettivo fra la domanda attorea e quella del convenuto- e che non importi uno spostamento della competenza per materia o per valore, permettendo e rendendo opportuno il simultaneus processus.
DOMANDA RICONVENZIONALE “ECCENTRICA”

È quella domanda che non è in alcun modo collegata obiettivamente all’oggetto di causa e che allarga dunque la materia trattata nel giudizio introdotto da parte attrice.

L’obiettività del collegamento o meno fra l’oggetto delle due domande è oggetto di valutazione discrezionale del giudice, il quale sarà tenuto a motivarne le ragioni.
Le Sezioni Unite chiariscono che in entrambi i casi viene esclusa la mediazione obbligatoria a seguito della proposizione della domanda riconvenzionale, ove si sia già conclusa negativamente la mediazione relativa alla domanda principale.
Viene esplicitato che la mediazione obbligatoria si ricollega infatti non alla domanda sic et simpliciter, ma al processo che oramai è pendente, essendo venuta meno la funzione deflattiva che ha legittimato l’introduzione nel nostro ordinamento della suddetta condizione di procedibilità, limitando il diritto di difesa.
RAGIONI DELL’ESCLUSIONE DELLA MEDIAZIONE OBBLIGATORIA PER LE DOMANDE RICONVENZIONALI
L’Estensore Nazzicone motiva l’esclusione ripercorrendo esaustivamente le motivazioni che hanno indotto il legislatore ad introdurre l’obbligatorietà della mediazione in alcune materie, individuando i principi costituzionali che avvalorano il principio di diritto enunciato ed evidenziando, a conferma, l’orientamento in tal senso anche della Corte Costituzionale.
Riassumendo per sommi capi le 23 pagine di sentenza in commento possiamo individuare:
La funzione deflattiva della mediazione nella ratio del suo inserimento nel nostro ordinamento come condizione di procedibilità: l’intento del legislatore è sempre stato quello di limitare il diritto di difesa, costituzionalmente garantito dall’art. 24 Cost., al solo scopo di preservare la giurisdizione sovraccaricata eccessivamente dalla sempre più crescente domanda di giustizia, anche in ragione del riconoscimento di nuovi diritti. Il fine dell’obbligatorietà della mediazione è l’auspicata non introduzione della causa se la questione viene risolta preventivamente in mediazione. Se però la mediazione è già stata esperita dall’attore, con esito negativo, la lite è ormai già pendente di fronte al giudice che ne resta investito; una nuova mediazione con oggetto la domanda riconvenzionale non realizzerebbe il fine di operare un filtro al processo, posto che il giudice dovrebbe oramai comunque trattare la materia oggetto della domanda principale.

  • Il principio della certezza del diritto viene in soccorso al dubbio se potrebbe, tuttavia, averse senso prevedere una nuova mediazione obbligatoria almeno in caso di domanda riconvenzionale “eccentrica”. In passato, numerose sentenze, anche di Cassazione, si erano espresse in tal senso, individuando alcuni casi di specie nei quali fosse opportuno un nuovo passaggio obbligato in mediazione, visto l’allargamento o la diversità della materia introdotta dalla riconvenzionale rispetto alla domanda principale. Molte altre sentenze invece erano, come spesso accade, contrarie. Il fatto che il giudice di merito o quello di legittimità possa arbitrariamente decidere in merito, caso per caso, viene ritenuto dalle Sezioni Unite lesivo del principio di certezza di diritto su un aspetto procedurale che, come già sottolineato, limita un diritto fondamentale dell’individuo come quello di difesa.

  • Il principio della ragionevole durata del processo aggiunge fondamento alla tesi sposata delle Sezioni Unite. Se si volesse ritenere obbligatorio l’ulteriore esperimento della mediazione a seguito di domanda riconvenzionale si cadrebbe in quel che la dottrina chiama “eccesso di mediazione”, una situazione scongiurata più volte dal legislatore per non determinare una gravosa duplicazione di costi per le parti e chiaramente un allungarsi dei tempi della giustizia. Ma c’è di più: se si ritenesse obbligatorio il secondo esperimento della mediazione obbligatoria in caso di riconvenzionale, si potrebbe fare lo stesso ragionamento anche per le ulteriori domande successiva alla principale come la reconventio reconventionis o la domanda proposta da un convenuto verso l’altro, piuttosto che da e contro terzi interventori (volontari o su chiamata), arrivando a legittimare una eccessiva durata del processo.


Per il legislatore, il tentativo di mediazione è stato ritenuto utile e necessario, ma solo se esperito in tempi definiti e non foriero invece di ulteriori ritardi. Ne sono riprova, ad esempio, i seguenti articoli del D.Lgs. n. 28/2010, così come recentemente riformato:
L’art. 5, 2° comma, ha circoscritto la condizione di procedibilità al rilievo d’ufficio o all’eccezione di parte entro un termine processuale assai ristretto: la prima udienza.

  • L’art. 6 ha invece indicato esplicitamente come il termine di tre mesi di durata della mediazione (prorogabile di ulteriori tre) non sia soggetto a sospensione feriale.


Il legislatore positivo ha dunque effettuato un bilanciamento di interessi, confermato più volte anche dalla Corte Costituzionale, la quale ha sottolineato il carattere eccezionale che devono necessariamente avere le ipotesi limitative del diritto di difesa che, sempre a parer del giudice delle leggi, non è violato dalla mediazione obbligatoria solo laddove risolti idoneo a produrre il risultato vantaggioso del c.d. effetto deflattivo, senza mai divenire tale da provocare un inutile prolungamento dei tempi del giudizio (c.d. “effetto boomerang”).

RUOLO DEL MEDIATORE E DEL GIUDICE

Nell’enunciare a chiare lettere il suddetto principio di diritto che vede l’obbligatorietà della mediazione come condizione di procedibilità per il solo atto introduttivo del giudizio e non per le successive domande, le Sezioni Unite precisano anche quali debbano essere i ruoli, nella composizione della lite, dei due professionisti chiamati a guidare le parti verso una soluzione del conflitto:

  • Al mediatore compete di valutare tutte le istanze e gli interessi delle parti nel corso del procedimento di mediazione e di esortarle dunque a esternare in quella sede le rispettive domande, pretese o necessità, in modo da prevenire l’”effetto sorpresa” della successiva domanda riconvenzionale introdotta in giudizio;

  • Al giudice resta il compito e la possibilità di esperire, per l’intero corso del giudizio, il tentativo di conciliazione ex art. 185 e 185-bis c.p.c., laddove ravvisi la possibilità che questo possa avere un esito positivo in quella sede.


CONCLUSIONI

L’importantissima senza in commento dà risposta a un interrogativo fondamentale nelle aule giudiziali, chiarendo come la mediazione obbligatoria sia condizione di procedibilità esclusivamente per la domanda introduttiva del processo, escludendola invece per quel che riguarda le domande successive, come quelle riconvenzionali.

Fornisce però un’ancor più preziosa indicazione alle parti in conflitto, laddove le invita a includere tutte le proprie pretese fin da subito in sede di mediazione, per non veder pregiudicata irrimediabilmente la possibilità di trattarle in una via stragiudiziale ove non si indagano responsabilità, ove non viene richiesto di provare alcun diritto, ma dove invece si ha la possibilità di addivenire senza queste formalità ad una soluzione tombale, più rapida ed economica, della controversia.

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Ultimo aggiornamento Domenica, Febbraio 11 2024
  
28
Gennaio
2024

Sul sito del ministero della giustizia lsg.giustizia.it è stata attivata la piattaforma per richiedere i nuovi incentivi fiscali per la mediazione civile e commerciale riconosciuti dalla riforma Cartabia (D.Lgs. 149/2022);

Entra nel vivo il beneficio fiscale del credito di imposta.

SINTESI: E’ stata messa in funzione la piattaforma in attuazione del decreto 1° agosto 2023 Incentivi fiscali nella forma del credito di imposta nei procedimenti di mediazione civile e commerciale e negoziazione assistita. (23A04557) (GU Serie Generale n.183 del 07-08-2023) . Ad essa si può accedere tramite: SPID, Carta nazionale dei servizi (CNS) e Carta d'identità elettronica (CIE). Dopo l'accesso, occorre scegliere la voce istanza credito di imposta e completare i moduli online per inserire le informazioni necessarie.
Una volta ricevute le domande, il ministero della Giustizia farà le verifiche necessarie e comunicherà ai richiedenti l'importo spettante entro il prossimo 30 aprile 2024 (DM 1° agosto 2023).

Le domande vanno presentate, per le procedure iniziate dopo il 30 giugno 2023, entro il 31 marzo 2024. https://www.giustizia.it/giustizia/page/it/come_fare_per_incentivi_fiscali_degiurisdizionalizzazione -  https://lsg.giustizia.it

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Ultimo aggiornamento Domenica, Gennaio 28 2024
  
20
Gennaio
2024

Le ragioni esposte nella domanda di mediazione devono essere simmetricamente riprodotte nell’atto giudiziario, a pena di improcedibilità della domanda giudiziale;

Tribunale di Nuoro, 28/08/2023, sentenza n. 473, giudice Salvatore Serra.

SINTESI: Il caso in esame riguarda una vertenza in materia di impugnazione di delibera assemblare.
Il Tribunale ha dichiarato improcedibile la domanda giudiziale per i seguenti motivi:

  • l’art. 4, comma 2, del Decreto Legislativo n. 28/2010, stabilisce che: “La domanda di mediazione deve indicare l'organismo, le parti, l'oggetto e le ragioni della pretesa”.
  • L’art. 125 c.p.c. prevede che “la citazione, il ricorso, la comparsa, il controricorso, il precetto debbono indicare l'ufficio giudiziario, le parti, l'oggetto, le ragioni della domanda e le conclusioni o l'istanza…..”;
  • la previsione dell’art. 4, comma 2, D. Lgs. 28/2010 è equivalente a quella dell'art. 125 c.p.c.;
  • deve esserci simmetria tra i fatti rappresentati in sede di mediazione e quanto esposto in sede processuale;
  • tale simmetria deve riguardare quantomeno le ragioni addotte dalla parte interessata;
  • in caso contrario, deve essere dichiarata l'improcedibilità della domanda giudiziale;
  • se, infatti, l'istanza di mediazione non ricalca la futura domanda di merito, la parte chiamata non viene posta nelle condizioni di conoscere la materia del contendere e di prendere adeguatamente posizione su di essa, con una sostanziale vanificazione della funzione deflattiva dell'istituto;
  • nel caso di specie, la domanda di mediazione indica solo "IMPUGNAZIONE DELIBERA ASSEMBLEARE DEL 9 AGOSTO 2021", mentre l’atto di citazione contiene copiose ed estese deduzioni sulla delibera impugnata; ciò costituisce una asimmetria che determina l’improcedibilità della domanda giudiziaria.
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Ultimo aggiornamento Sabato, Gennaio 20 2024
  
18
Gennaio
2024

Le spese di mediazione sono equiparabili alle spese del processo e non concorrono a determinare il valore della lite;

Corte di Cassazione, Sez. II, 21.11.2023, ordinanza n. 32306, Consigliere Chiara Besso Marcheis.

SINTESI: Il caso in esame riguarda una vertenza relativa ad un contratto preliminare di compravendita di un immobile, nella quale, tra le varie, parte ricorrente ha eccepito anche la violazione dell’art. 7 c.p.c. per errata determinazione del valore della controversia calcolato sulla base della richiesta di condanna al pagamento di una somma di denaro, senza tenere conto anche della richiesta di condanna alla rifusione delle spese di mediazione.

In merito, la Suprema Corte ha così statuito:

  • la richiesta di rimborso delle spese di avvio della mediazione non si cumula con il valore dell’unica domanda principale e, quindi, non va considerata ai fini della individuazione del giudice competente per valore;
  • il procedimento di mediazione è condizione di procedibilità per un numero significativo di controversie e il suo mancato esperimento comporta l’improcedibilità della domanda proposta al giudice;
  • per tale ragione, le spese di mediazione vanno assimilate alle spese del processo (che comprendono anche le spese sostenute ai fini della sua instaurazione) e non sono cumulabili alla domanda ai fini della determinazione del valore di essa.

Per tali ragioni, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato.

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Ultimo aggiornamento Giovedì, Gennaio 18 2024
  
04
Gennaio
2024

Avvocato sanzionato se non accetta un equo compenso;

SINTESI: Il CNF ha approvato la proposta di introdurre una specifica disposizione in materia di rispetto della normativa sull'equo compenso, consultando i Consigli dell'ordine degli avvocati:

Modifica al Codice deontologico su equo compenso

Con comunicazione del 14 dicembre 2023 (sotto allegata), il Consiglio Nazionale Forense ha reso noto di aver approvato, nella seduta amministrativa del 24 novembre, la proposta di introdurre una specifica disposizione in materia di rispetto della normativa sull'equo compenso ed ha contestualmente deliberato di consultare per via telematica i Consigli dell'ordine degli avvocati consultato circa la suddetta proposta di modifica, tenuto conto di quanto di quanto previsto all'art 5, comma 5 della legge 21 aprile 2023, n. 49, che impone ai Consigli nazionali di adottare disposizioni volte ad assicurare il necessario adeguamento dei codici deontologici alle nuove norme in materia di equo compenso.

Tale consulto si rende necessario per assicurare l'effettività delle misure adottate anche in relazione agli interventi disciplinari delle condotte improprie.

Cosa prevede la proposta di modifica al Codice deontologico

La proposta di modifica da introdurre nella parte del Codice deontologico dedicata ai rapporti con la parte assistita sotto al titolo "Violazioni delle disposizioni in materia di equo compenso", prevede i seguenti interventi:

  • Divieto per l'avvocato di concordare o preventivare, in rapporto alla prestazione professionale richiesta, un compenso che non rispetti le vigenti disposizioni in tema di equo compenso e che non sia determinato in applicazione dei parametri forensi vigenti;
  • Obbligo a carico dell'avvocato, nel caso in cui l'accordo sia predisposto dal solo professionista, di avvisare il cliente che il compenso professionale deve rispettare, a pena di nullità, i criteri stabiliti dalle disposizioni vigenti in materia di equo compenso;
  • Applicazione della sanzione disciplinare della censura a carico dell'avvocato che violi il divieto di cui al primo punto;
  • Applicazione della sanzione disciplinare dell'avvertimento a carico dell'avvocato che violi l'obbligo di cui al secondo punto.

Equo compenso e illeciti deontologici

Il CNF, nella Relazione di accompagnamento al proprio comunicato ha affermato che "l'autonomia deontologica è stata declinata a rime praticamente obbligate. È infatti la nuova fonte statale in materia di equo compenso delle prestazioni professionali a disporre il necessario adeguamento dei vari codici deontologici al fine di assicurare l'effettività delle misure adottate anche grazie alla leva del rilievo disciplinare delle condotte improprie. Le norme deontologiche trovano dunque la loro base legale nella legge 21 aprile 2023, n. 49".

Il CNF spiega inoltre che, per gli illeciti deontologici descritti al paragrafo che precede "è stata proposta la sanzione minima dell'avvertimento in caso di violazione dell'obbligo di comunicazione (…), ed una sanzione più grave (la censura) nel caso in cui l'avvocato viola in modo sostanziale la normativa sull'equo compenso accettando compensi inferiori ai parametri forensi (…). La tenuità delle misure delle sanzioni tiene conto del dibattito emerso durante i lavori preparatori della legge n. 49, laddove è stato evidenziato che il professionista che accetta un compenso iniquo è già in qualche modo una vittima di un cliente "forte", e non andrebbe ulteriormente vessato da obblighi e/o sanzioni. Per altri versi - ed è questa la ragione per cui è prevalsa alla fine la previsione legale degli illeciti deontologici - non prevedere rilievo disciplinare per i contegni illeciti avrebbe rischiato di minare la effettiva percettività delle norme. Ed inoltre, l'argomento del rilievo disciplinare ben può essere utilizzato, dall'avvocato, nelle trattative con i clienti "forti", per sottrarsi alle pressioni più spinte, ed ottenere magari condizioni contrattuali più vantaggiose".

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Ultimo aggiornamento Giovedì, Gennaio 04 2024
  
30
Dicembre
2023

La mediazione condominiale può essere iniziata validamente anche da un solo comproprietario;

Cassazione, 12.12.2023, sez. II, sentenza n. 34717, consigliere relatore Remo Caponi.

SINTESI: In una controversia condominiale, alcuni condòmini avevano prima avviato una mediazione e poi citato in giudizio un condòmino che aveva installato una gigantografia su un muro, ritenendolo di sua proprietà esclusiva. 
Il condòmino convenuto avanti al Tribunale di Ivrea eccepiva l’improcedibilità della domanda in quanto il tentativo di conciliazione era stato promosso solo da uno degli odierni attori presso un Organismo territorialmente incompetente e il Tribunale assegnava ulteriori termini per lo svolgimento della mediazione, e poi accoglieva la domanda degli attori.
Il condòmino soccombente proponeva appello avanti alla Corte d’appello di Torino che riformava la decisione di prime cure, dichiarando improcedibile la domanda per la mancata partecipazione di tutti i comproprietari al procedimento di mediazione. I condòmini ricorrevano in Cassazione avverso tale sentenza. 
La Corte di Cassazione ha ritenuto errata la decisione della Corte d’appello in quanto se più soggetti sono disgiuntamente legittimati a far valere in giudizio la lesione di un diritto, come nel caso di più condomini, l’esperimento da parte di uno solo di essi della mediazione obbligatoria è sufficiente a rispettare la condizione di procedibilità ai fini della prosecuzione del processo.
Nel caso di specie non è necessaria la partecipazione di tutti gli attori alla procedura di mediazione, ma è condizione necessaria e sufficiente a far luogo alla valida prosecuzione del processo nel rispetto della condizione di procedibilità ex art. 5 d.lgs. 28/2010 il fatto che, prima dell’instaurazione del processo ovvero (in caso di assegnazione giudiziale del termine) entro l’udienza fissata per la prosecuzione del processo, sia stato regolarmente espletato il tentativo di conciliazione con la partecipazione di uno solo fra gli attori disgiuntamente legittimati.  
Il potere del partecipante alla procedura (conclusasi senza successo) di validamente instaurare o proseguire il processo non può essere intaccato dalla mancata partecipazione al tentativo di conciliazione da parte degli altri soggetti attivamente legittimati: in tal caso rimarrà improcedibile la domanda di costoro, che potranno peraltro giovarsi dell’eventuale accoglimento della domanda coltivata dall’attore che ha regolarmente esperito il tentativo di conciliazione (così come potranno aderire ad una raggiunta conciliazione).
La Corte accoglie un motivo di ricorso, cassa la sentenza e rinvia alla Corte d’appello di Torino in altra composizione anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

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Ultimo aggiornamento Sabato, Dicembre 30 2023
  
28
Dicembre
2023

Avvocati: anche la colpa è fonte di responsabilità disciplinare;

SINTESI: Il CNF chiarisce che ai fini dell'imputabilità dell'infrazione disciplinare non è necessaria la consapevolezza dell'illegittimità dell'azione ma è sufficiente la volontarietà con la quale è stato compiuto l'atto deontologicamente scorretto.

In tema di responsabilità disciplinare dell'avvocato, in base dell'art. 4 del nuovo codice deontologico forense, "la coscienza e volontà consistono nel dominio anche solo potenziale dell'azione o omissione, per cui vi è una presunzione di colpa per l'atto sconveniente o vietato a carico di chi lo abbia commesso, il quale deve dimostrare l'errore inevitabile, cioè non superabile con l'uso della normale diligenza, oppure la sussistenza di una causa esterna, mentre non è configurabile l'imperizia incolpevole, trattandosi di professionista legale tenuto a conoscere il sistema delle fonti". Così il Consiglio Nazionale Forense nella sentenza n. 190/2023, respingendo il ricorso di un legale avverso la decisione del Consiglio Distrettuale di Disciplina di Brescia che gli aveva comminato la sanzione della censura.

Per cui, aggiunge il CNF, ai fini dell'"imputabilità dell'infrazione disciplinare non è necessaria la consapevolezza dell'illegittimità dell'azione, dolo generico o specifico, ma è sufficiente la volontarietà con la quale è stato compiuto l'atto deontologicamente scorretto, a nulla rilevando la ritenuta sussistenza da parte del professionista di una causa di giustificazione o non punibilità".

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Ultimo aggiornamento Giovedì, Dicembre 28 2023
  
23
Dicembre
2023

La parte che non intende comparire personalmente all’incontro di mediazione deve conferire una procura speciale sostanziale, non risultando sufficiente la procura ad litem e rischiando, in difetto, che la domanda giudiziale venga dichiarata improcedibile;

Tribunale di Trieste, 26.09.2023, sentenza n. 507, del 22/07/2023,giudice Estensore Daniele.

SINTESI:  Il caso in esame riguarda una vertenza in materia di opposizione a decreto ingiuntivo.
Parte attrice opponente, tra le varie richieste e deduzioni, eccepiva l’assenza di poteri a promuovere la procedura di mediazione in capo ai legali di controparte e il conseguente difetto di procura a partecipare all’incontro di mediazione conferita dai medesimi ad un sostituto.
In merito, il Tribunale ha statuito quanto segue:

  1. Con sentenza n. 8473/2019 la Corte di Cassazione ha rilevato che la condizione di procedibilità si realizza con la presenza davanti al mediatore della parte e dell’avvocato od anche con la delega per la partecipazione al procedimento di mediazione conferita ad altra persona, tra cui anche lo stesso difensore; in caso di delega, la procura deve avere ad oggetto specifico la partecipazione alla mediazione e il conferimento del potere di disporre dei diritti sostanziali che ne sono oggetto e, pertanto, deve trattarsi di una procura speciale sostanziale.
  2. In altri termini, la parte può farsi sostituire dal difensore nel partecipare al procedimento di mediazione, ma non può conferire tale potere con la procura conferita al difensore e da questi autenticata, nonostante con essa venga conferito ogni più ampio potere processuale.
  3. Pertanto, la parte che intende farsi sostituire in mediazione dal proprio difensore non può utilizzare la procura speciale autenticata dal difensore.
  4. Nel caso in esame, per la parte ingiungente partecipò al primo incontro con il mediatore un avvocato sostituto che, però, risultava privo di potere rappresentativo sostanziale, poiché i legali erano privi del potere di rappresentanza sostanziale e, quinti, non potevano delegare ad altri tale potere; infatti, ai medesimi era stato conferito il potere di carattere meramente processuale di rappresentare la parte nel presente giudizio mediante procura ad litem che non attribuiva la rappresentanza sostanziale, né poteri specificamente riferiti al procedimento di mediazione.
  5. La procura notarile indicata dai legali di parte convenuta opposta non risulta allegata agli atti.
  6. Di conseguenza, la procedura di mediazione non è stata regolarmente svolta, poiché la convenuta opposta non risulta comparsa personalmente e neppure mediante rappresentante sostanziale validamene nominato.

Per tali ragioni, il Tribunale ha dichiarato l'improcedibilità della domanda monitoria, con conseguente revoca del decreto ingiuntivo opposto.

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Ultimo aggiornamento Sabato, Dicembre 23 2023
  
23
Dicembre
2023

La mediazione obbligatoria, con la presenza di un terzo imparziale quale il mediatore, offre maggiori garanzie rispetto alla negoziazione assistita. Lo spirito della Mediazione non è “uccidere in culla” i processi con pronunce di rito;

SINTESI:  Il Tribunale di Velletri, con sentenza pubblicata nel 2017, dichiarava l’improcedibilità della domanda in una controversia in merito al risarcimento dei danni causati ai propri locali da un allagamento dipeso dalla rete idrica pubblica del comune gestita dalla convenuta.
La decisione era motivata dal mancato esperimento, nel termine di 15 giorni fissato dal giudice alla prima udienza della procedura di negoziazione assistita. La società danneggiata proponeva appello chiedendo, in riforma della decisione, che la propria domanda fosse dichiarata procedibile e, nel merito, accolta.
Si costituiva controparte chiedendo il rigetto dell'impugnazione con riproposizione delle eccezioni di merito proposte nei confronti della domanda attorea e della domanda di garanzia nei confronti della compagnia assicuratrice. La compagnia si costituiva chiedendo il rigetto dell'appello e della domanda di garanzia, riproposte difese ed eccezioni sollevate ni primo grado.
Il primo e il secondo motivo d'impugnazione sono collegati e secondo la Corte meritano
accoglimento.
Nel caso di specie era stata esperita la diversa procedura di mediazione con esito negativo in quanto all'incontro dinanzi al mediatore era comparso solamente la società istante e il mediatore aveva dato atto della mancata comparizione della società chiamata e dichiarato fallito il tentativo di conciliazione per la mancata ingiustificata comparizione della parte chiamata. L'appellante lamenta in primo luogo l'erroneità della decisione in quanto sarebbe irrilevante ai fini della procedibilità della domanda giudiziale l'esperimento di una mediazione diversa da quella oggetto dell'invito del giudice.
L'argomento viene ritenuto meritevole d'accoglimento condividendo la Corte d’Appello di Roma il precedente di merito del tribunale di Roma n. 11431/22, secondo il quale la mediazione obbligatoria deve ritenersi utilmente effettuata anche nel caso in cui è previsto il diverso procedimento della negoziazione assistita in quanto la mediazione obbligatoria, comportando la presenza di un terzo imparziale quale il mediatore, offre maggiori garanzie rispetto alla negoziazione assistita.
Lo spirito delle norme che sanzionano con l'improcedibilità il mancato esperimento dei diversi procedimenti di ADR non è quello di eliminare i processi uccidendoli in culla con pronunce in rito ma quello di sanzionare con l'improcedibilità solo le azioni nelle quali non sia stato fatto tutto il possibile per evitare il ricorso alla via giudiziaria.
La Corte pertanto dichiara procedibile la domanda proposta dall'appellante e con separata ordinanza provvede per la prosecuzione del giudizio.

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Ultimo aggiornamento Sabato, Dicembre 23 2023
  

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