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OMCI - Organismo di Mediazione

Omci - Organismo di Mediazione e Conciliazione Italia

18
Gennaio
2024

Le spese di mediazione sono equiparabili alle spese del processo e non concorrono a determinare il valore della lite;

Corte di Cassazione, Sez. II, 21.11.2023, ordinanza n. 32306, Consigliere Chiara Besso Marcheis.

SINTESI: Il caso in esame riguarda una vertenza relativa ad un contratto preliminare di compravendita di un immobile, nella quale, tra le varie, parte ricorrente ha eccepito anche la violazione dell’art. 7 c.p.c. per errata determinazione del valore della controversia calcolato sulla base della richiesta di condanna al pagamento di una somma di denaro, senza tenere conto anche della richiesta di condanna alla rifusione delle spese di mediazione.

In merito, la Suprema Corte ha così statuito:

  • la richiesta di rimborso delle spese di avvio della mediazione non si cumula con il valore dell’unica domanda principale e, quindi, non va considerata ai fini della individuazione del giudice competente per valore;
  • il procedimento di mediazione è condizione di procedibilità per un numero significativo di controversie e il suo mancato esperimento comporta l’improcedibilità della domanda proposta al giudice;
  • per tale ragione, le spese di mediazione vanno assimilate alle spese del processo (che comprendono anche le spese sostenute ai fini della sua instaurazione) e non sono cumulabili alla domanda ai fini della determinazione del valore di essa.

Per tali ragioni, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato.

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Ultimo aggiornamento Giovedì, Gennaio 18 2024
  
04
Gennaio
2024

Avvocato sanzionato se non accetta un equo compenso;

SINTESI: Il CNF ha approvato la proposta di introdurre una specifica disposizione in materia di rispetto della normativa sull'equo compenso, consultando i Consigli dell'ordine degli avvocati:

Modifica al Codice deontologico su equo compenso

Con comunicazione del 14 dicembre 2023 (sotto allegata), il Consiglio Nazionale Forense ha reso noto di aver approvato, nella seduta amministrativa del 24 novembre, la proposta di introdurre una specifica disposizione in materia di rispetto della normativa sull'equo compenso ed ha contestualmente deliberato di consultare per via telematica i Consigli dell'ordine degli avvocati consultato circa la suddetta proposta di modifica, tenuto conto di quanto di quanto previsto all'art 5, comma 5 della legge 21 aprile 2023, n. 49, che impone ai Consigli nazionali di adottare disposizioni volte ad assicurare il necessario adeguamento dei codici deontologici alle nuove norme in materia di equo compenso.

Tale consulto si rende necessario per assicurare l'effettività delle misure adottate anche in relazione agli interventi disciplinari delle condotte improprie.

Cosa prevede la proposta di modifica al Codice deontologico

La proposta di modifica da introdurre nella parte del Codice deontologico dedicata ai rapporti con la parte assistita sotto al titolo "Violazioni delle disposizioni in materia di equo compenso", prevede i seguenti interventi:

  • Divieto per l'avvocato di concordare o preventivare, in rapporto alla prestazione professionale richiesta, un compenso che non rispetti le vigenti disposizioni in tema di equo compenso e che non sia determinato in applicazione dei parametri forensi vigenti;
  • Obbligo a carico dell'avvocato, nel caso in cui l'accordo sia predisposto dal solo professionista, di avvisare il cliente che il compenso professionale deve rispettare, a pena di nullità, i criteri stabiliti dalle disposizioni vigenti in materia di equo compenso;
  • Applicazione della sanzione disciplinare della censura a carico dell'avvocato che violi il divieto di cui al primo punto;
  • Applicazione della sanzione disciplinare dell'avvertimento a carico dell'avvocato che violi l'obbligo di cui al secondo punto.

Equo compenso e illeciti deontologici

Il CNF, nella Relazione di accompagnamento al proprio comunicato ha affermato che "l'autonomia deontologica è stata declinata a rime praticamente obbligate. È infatti la nuova fonte statale in materia di equo compenso delle prestazioni professionali a disporre il necessario adeguamento dei vari codici deontologici al fine di assicurare l'effettività delle misure adottate anche grazie alla leva del rilievo disciplinare delle condotte improprie. Le norme deontologiche trovano dunque la loro base legale nella legge 21 aprile 2023, n. 49".

Il CNF spiega inoltre che, per gli illeciti deontologici descritti al paragrafo che precede "è stata proposta la sanzione minima dell'avvertimento in caso di violazione dell'obbligo di comunicazione (…), ed una sanzione più grave (la censura) nel caso in cui l'avvocato viola in modo sostanziale la normativa sull'equo compenso accettando compensi inferiori ai parametri forensi (…). La tenuità delle misure delle sanzioni tiene conto del dibattito emerso durante i lavori preparatori della legge n. 49, laddove è stato evidenziato che il professionista che accetta un compenso iniquo è già in qualche modo una vittima di un cliente "forte", e non andrebbe ulteriormente vessato da obblighi e/o sanzioni. Per altri versi - ed è questa la ragione per cui è prevalsa alla fine la previsione legale degli illeciti deontologici - non prevedere rilievo disciplinare per i contegni illeciti avrebbe rischiato di minare la effettiva percettività delle norme. Ed inoltre, l'argomento del rilievo disciplinare ben può essere utilizzato, dall'avvocato, nelle trattative con i clienti "forti", per sottrarsi alle pressioni più spinte, ed ottenere magari condizioni contrattuali più vantaggiose".

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Ultimo aggiornamento Giovedì, Gennaio 04 2024
  
30
Dicembre
2023

La mediazione condominiale può essere iniziata validamente anche da un solo comproprietario;

Cassazione, 12.12.2023, sez. II, sentenza n. 34717, consigliere relatore Remo Caponi.

SINTESI: In una controversia condominiale, alcuni condòmini avevano prima avviato una mediazione e poi citato in giudizio un condòmino che aveva installato una gigantografia su un muro, ritenendolo di sua proprietà esclusiva. 
Il condòmino convenuto avanti al Tribunale di Ivrea eccepiva l’improcedibilità della domanda in quanto il tentativo di conciliazione era stato promosso solo da uno degli odierni attori presso un Organismo territorialmente incompetente e il Tribunale assegnava ulteriori termini per lo svolgimento della mediazione, e poi accoglieva la domanda degli attori.
Il condòmino soccombente proponeva appello avanti alla Corte d’appello di Torino che riformava la decisione di prime cure, dichiarando improcedibile la domanda per la mancata partecipazione di tutti i comproprietari al procedimento di mediazione. I condòmini ricorrevano in Cassazione avverso tale sentenza. 
La Corte di Cassazione ha ritenuto errata la decisione della Corte d’appello in quanto se più soggetti sono disgiuntamente legittimati a far valere in giudizio la lesione di un diritto, come nel caso di più condomini, l’esperimento da parte di uno solo di essi della mediazione obbligatoria è sufficiente a rispettare la condizione di procedibilità ai fini della prosecuzione del processo.
Nel caso di specie non è necessaria la partecipazione di tutti gli attori alla procedura di mediazione, ma è condizione necessaria e sufficiente a far luogo alla valida prosecuzione del processo nel rispetto della condizione di procedibilità ex art. 5 d.lgs. 28/2010 il fatto che, prima dell’instaurazione del processo ovvero (in caso di assegnazione giudiziale del termine) entro l’udienza fissata per la prosecuzione del processo, sia stato regolarmente espletato il tentativo di conciliazione con la partecipazione di uno solo fra gli attori disgiuntamente legittimati.  
Il potere del partecipante alla procedura (conclusasi senza successo) di validamente instaurare o proseguire il processo non può essere intaccato dalla mancata partecipazione al tentativo di conciliazione da parte degli altri soggetti attivamente legittimati: in tal caso rimarrà improcedibile la domanda di costoro, che potranno peraltro giovarsi dell’eventuale accoglimento della domanda coltivata dall’attore che ha regolarmente esperito il tentativo di conciliazione (così come potranno aderire ad una raggiunta conciliazione).
La Corte accoglie un motivo di ricorso, cassa la sentenza e rinvia alla Corte d’appello di Torino in altra composizione anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

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Ultimo aggiornamento Sabato, Dicembre 30 2023
  
28
Dicembre
2023

Avvocati: anche la colpa è fonte di responsabilità disciplinare;

SINTESI: Il CNF chiarisce che ai fini dell'imputabilità dell'infrazione disciplinare non è necessaria la consapevolezza dell'illegittimità dell'azione ma è sufficiente la volontarietà con la quale è stato compiuto l'atto deontologicamente scorretto.

In tema di responsabilità disciplinare dell'avvocato, in base dell'art. 4 del nuovo codice deontologico forense, "la coscienza e volontà consistono nel dominio anche solo potenziale dell'azione o omissione, per cui vi è una presunzione di colpa per l'atto sconveniente o vietato a carico di chi lo abbia commesso, il quale deve dimostrare l'errore inevitabile, cioè non superabile con l'uso della normale diligenza, oppure la sussistenza di una causa esterna, mentre non è configurabile l'imperizia incolpevole, trattandosi di professionista legale tenuto a conoscere il sistema delle fonti". Così il Consiglio Nazionale Forense nella sentenza n. 190/2023, respingendo il ricorso di un legale avverso la decisione del Consiglio Distrettuale di Disciplina di Brescia che gli aveva comminato la sanzione della censura.

Per cui, aggiunge il CNF, ai fini dell'"imputabilità dell'infrazione disciplinare non è necessaria la consapevolezza dell'illegittimità dell'azione, dolo generico o specifico, ma è sufficiente la volontarietà con la quale è stato compiuto l'atto deontologicamente scorretto, a nulla rilevando la ritenuta sussistenza da parte del professionista di una causa di giustificazione o non punibilità".

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Ultimo aggiornamento Giovedì, Dicembre 28 2023
  
23
Dicembre
2023

La parte che non intende comparire personalmente all’incontro di mediazione deve conferire una procura speciale sostanziale, non risultando sufficiente la procura ad litem e rischiando, in difetto, che la domanda giudiziale venga dichiarata improcedibile;

Tribunale di Trieste, 26.09.2023, sentenza n. 507, del 22/07/2023,giudice Estensore Daniele.

SINTESI:  Il caso in esame riguarda una vertenza in materia di opposizione a decreto ingiuntivo.
Parte attrice opponente, tra le varie richieste e deduzioni, eccepiva l’assenza di poteri a promuovere la procedura di mediazione in capo ai legali di controparte e il conseguente difetto di procura a partecipare all’incontro di mediazione conferita dai medesimi ad un sostituto.
In merito, il Tribunale ha statuito quanto segue:

  1. Con sentenza n. 8473/2019 la Corte di Cassazione ha rilevato che la condizione di procedibilità si realizza con la presenza davanti al mediatore della parte e dell’avvocato od anche con la delega per la partecipazione al procedimento di mediazione conferita ad altra persona, tra cui anche lo stesso difensore; in caso di delega, la procura deve avere ad oggetto specifico la partecipazione alla mediazione e il conferimento del potere di disporre dei diritti sostanziali che ne sono oggetto e, pertanto, deve trattarsi di una procura speciale sostanziale.
  2. In altri termini, la parte può farsi sostituire dal difensore nel partecipare al procedimento di mediazione, ma non può conferire tale potere con la procura conferita al difensore e da questi autenticata, nonostante con essa venga conferito ogni più ampio potere processuale.
  3. Pertanto, la parte che intende farsi sostituire in mediazione dal proprio difensore non può utilizzare la procura speciale autenticata dal difensore.
  4. Nel caso in esame, per la parte ingiungente partecipò al primo incontro con il mediatore un avvocato sostituto che, però, risultava privo di potere rappresentativo sostanziale, poiché i legali erano privi del potere di rappresentanza sostanziale e, quinti, non potevano delegare ad altri tale potere; infatti, ai medesimi era stato conferito il potere di carattere meramente processuale di rappresentare la parte nel presente giudizio mediante procura ad litem che non attribuiva la rappresentanza sostanziale, né poteri specificamente riferiti al procedimento di mediazione.
  5. La procura notarile indicata dai legali di parte convenuta opposta non risulta allegata agli atti.
  6. Di conseguenza, la procedura di mediazione non è stata regolarmente svolta, poiché la convenuta opposta non risulta comparsa personalmente e neppure mediante rappresentante sostanziale validamene nominato.

Per tali ragioni, il Tribunale ha dichiarato l'improcedibilità della domanda monitoria, con conseguente revoca del decreto ingiuntivo opposto.

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Ultimo aggiornamento Sabato, Dicembre 23 2023
  
23
Dicembre
2023

La mediazione obbligatoria, con la presenza di un terzo imparziale quale il mediatore, offre maggiori garanzie rispetto alla negoziazione assistita. Lo spirito della Mediazione non è “uccidere in culla” i processi con pronunce di rito;

SINTESI:  Il Tribunale di Velletri, con sentenza pubblicata nel 2017, dichiarava l’improcedibilità della domanda in una controversia in merito al risarcimento dei danni causati ai propri locali da un allagamento dipeso dalla rete idrica pubblica del comune gestita dalla convenuta.
La decisione era motivata dal mancato esperimento, nel termine di 15 giorni fissato dal giudice alla prima udienza della procedura di negoziazione assistita. La società danneggiata proponeva appello chiedendo, in riforma della decisione, che la propria domanda fosse dichiarata procedibile e, nel merito, accolta.
Si costituiva controparte chiedendo il rigetto dell'impugnazione con riproposizione delle eccezioni di merito proposte nei confronti della domanda attorea e della domanda di garanzia nei confronti della compagnia assicuratrice. La compagnia si costituiva chiedendo il rigetto dell'appello e della domanda di garanzia, riproposte difese ed eccezioni sollevate ni primo grado.
Il primo e il secondo motivo d'impugnazione sono collegati e secondo la Corte meritano
accoglimento.
Nel caso di specie era stata esperita la diversa procedura di mediazione con esito negativo in quanto all'incontro dinanzi al mediatore era comparso solamente la società istante e il mediatore aveva dato atto della mancata comparizione della società chiamata e dichiarato fallito il tentativo di conciliazione per la mancata ingiustificata comparizione della parte chiamata. L'appellante lamenta in primo luogo l'erroneità della decisione in quanto sarebbe irrilevante ai fini della procedibilità della domanda giudiziale l'esperimento di una mediazione diversa da quella oggetto dell'invito del giudice.
L'argomento viene ritenuto meritevole d'accoglimento condividendo la Corte d’Appello di Roma il precedente di merito del tribunale di Roma n. 11431/22, secondo il quale la mediazione obbligatoria deve ritenersi utilmente effettuata anche nel caso in cui è previsto il diverso procedimento della negoziazione assistita in quanto la mediazione obbligatoria, comportando la presenza di un terzo imparziale quale il mediatore, offre maggiori garanzie rispetto alla negoziazione assistita.
Lo spirito delle norme che sanzionano con l'improcedibilità il mancato esperimento dei diversi procedimenti di ADR non è quello di eliminare i processi uccidendoli in culla con pronunce in rito ma quello di sanzionare con l'improcedibilità solo le azioni nelle quali non sia stato fatto tutto il possibile per evitare il ricorso alla via giudiziaria.
La Corte pertanto dichiara procedibile la domanda proposta dall'appellante e con separata ordinanza provvede per la prosecuzione del giudizio.

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Ultimo aggiornamento Sabato, Dicembre 23 2023
  
13
Dicembre
2023

La mediazione non può ridursi a mero onere processuale che scandisce l’accesso alla tutela giurisdizionale: “tentare” la mediazione non equivale ad “attivar(n)e” il procedimento;

Tribunale di Nocera Inferiore, 23.11.23, sentenza n. 2338, giudice Jone Galasso.

SINTESI: In una opposizione a decreto ingiuntivo, la domanda viene dichiarata improcedibile e confermato il D.I opposto in quanto non  realizzata la condizione di procedibilità prevista dal legislatore all’art. 5 del D. Lgs. 28 del 2010.
Secondo il giudicante, il procedimento di mediazione obbligatoria trova la sua ratio nello scopo deflattivo del contenzioso perseguito dal legislatore e pertanto, l’esperimento del tentativo di mediazione non può che essere effettivo, in termini di risoluzione sostanziale della controversia che dà origine all’instaurando o instaurato giudizio. Nondimeno, la mediazione potrà registrare esito negativo ma non può ridursi a mero onere processuale che scandisce l’accesso alla tutela giurisdizionale.
In tale senso, deve essere letto l’art. 5 del D. Lgs. 28/2010, vale a dire che “tentare” la mediazione non equivale ad “attivar(n)e” il procedimento. Affinchè possa dirsi realizzata la condizione di cui all’art. 5 del D. Lgs. 28/2010 è necessario attivare il procedimento di mediazione e comparire al primo incontro dinanzi al mediatore, all’esito del quale le parti potranno liberamente dichiarare al mediatore la volontà di non proseguire la procedura di mediazione.
Non può ritenersi che la parte onerata ex lege alla mediazione – in quanto titolare dell’interesse sostanziale e processuale sotteso alla controversia oggetto del giudizio – benchè convenuta nel procedimento di mediazione, possa, con la sua assenza, rendere impossibile lo svolgimento della mediazione stessa, ritenendo, al contempo, che la domanda sia procedibile per il sol fatto che il tentativo di mediazione sia stato attivato.
La giudice fa riferimento a Tribunale di Chieti sentenza n. 50/2017 del 20.02.2017 secondo cui: “se infatti ai sensi dell’art. 5 del d.lgs n. 28 del 2010 “la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo”, è necessario che la parte onerata si presenti all’incontro, anche ove esso sia promosso dalla controparte. Ed infatti, ragionando a contrario, si avrebbe soltanto un mero intralcio al processo civile. La mancata partecipazione alla mediazione degli attori ha infatti reso, di fatto, impossibile esperire la mediazione alla quale essi stessi erano onerati”).Inoltre con la nuova Riforma, l avvocato difensore consulente, non deve più fare il difensore come in processo, ma deve limitarsi, a consigliare il cliente, mettere da parte Le sue intenzioni e collacorare con il Mediatore per cercare di cociliare già al primo incontro, tutto il resto va solo contro il suo cliente, il quale può se rileva questo, chiedere l'annullamente del contratto per negligenza o dolo, e chiedere tutti i danni, una volta trovato un nuovo consulente avvocato, il quale farà tutto lui.

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Ultimo aggiornamento Mercoledì, Dicembre 13 2023
  
13
Dicembre
2023

Valida la procura speciale sostanziale non autenticata da pubblico ufficiale conferita all’avvocato;

Valida la procura speciale sostanziale non autenticata da pubblico ufficiale conferita all’avvocato: in applicazione del principio generale di cui all’art. 1392 c.c e dell’art. 3 comma 3 del D. lgs. n. 28/2010 anche la procura che conferisce i poteri di partecipazione non è soggetta a formalità;

Tribunale di Milano, 06.10.2023, sentenza n. n. 7689, Presidente Relatore Carmela Gallina.

SINTESI: La società debitrice e tre fideiussori proponevano opposizione a un decreto ingiuntivo reso dal Tribunale di Milano a favore di una mandataria in merito ad un contratto di finanziamento concludendo per la revoca del decreto e, in ogni caso, per l’accertamento del reale debito depurato da interessi anatocistici e spese non concordate e per la declaratoria di nullità della fideiussione sottoscritta dagli opponenti.  Si costituiva in giudizio l’opposta contestando le censure ed insistendo per il rigetto dell'opposizione previa concessione della provvisoria esecuzione del decreto.
Il tribunale milanese ha ritenuto l’opposizione priva di fondamento.
Quanto all’eccezione preliminare sollevata dagli opponenti nella prima memoria ex art. 183 sesto comma c.p.c. n. 1 relativamente alla mancata verificazione della condizione di procedibilità di cui all’art. 5, comma 1 bis, D.Lgs. 28/2010 il Tribunale rileva che l’opposta ha partecipato al procedimento di mediazione per il tramite dell’avv. xxx conferendole una procura speciale sostanziale, diversa dalla procura alle liti rilasciata per la rappresentanza nel presente giudizio. A differenza di quanto sostenuto dagli opponenti, si ritiene che tale procura sia idonea a conferire i poteri di partecipazione al procedimento di mediazione in sostituzione della parte.
Chiarendo l’insegnamento della nota pronuncia della Corte di Cassazione nella sentenza n. 8473/2019, il Tribunale ha rilevato che il Supremo Collegio non ha stabilito che la procura speciale sostanziale debba essere autenticata da un pubblico ufficiale munito dei necessari poteri, ma ha soltanto escluso la legittimità della procura alle liti.
Pertanto, in applicazione del principio generale espresso dell’art. 1392 c.c. (il quale richiede per la procura la stessa forma del contratto o dell'atto giuridico da concludere) nonché dall’art. 3 comma 3 del D. lgs. n. 28/2010 relativo alla procedura di mediazione (il quale prevede che “gli atti del procedimento di mediazione non sono soggetti a formalità”) deve concludersi nel senso che anche la procura che conferisce i poteri di partecipazione non sia soggetta a formalità. Nel caso di specie la delega rilasciata dall’opposta all’avv. xxx conferisce al procuratore “ogni più ampia facoltà e potere ed autorizzandola espressamente ad avviare o aderire alla procedura, a partecipare agli incontri di mediazione anche in modalità telematica” ed è quindi idonea ai sensi dell’art. 8, comma 1, D. lgs. n. 28/2010.

PS: Si informa inoltre che tutte le Mediazioni in atto nel 2023, devono essere finite e Pagate Tutte entro e non oltre il 29/12/2023, in modo tale che cosi si possa passare poi alle nuove indennità come da Riforma della Giustizia Nordio/Cartabia.

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Ultimo aggiornamento Mercoledì, Dicembre 13 2023
  
05
Dicembre
2023

Il terzo intervenuto in giudizio che non partecipa all’accordo di mediazione demandata dal Giudice in corso di causa, non si vede riconosciute le spese di lite sostenute per la costituzione;

Tribunale di Busto Arsizio, 16/05/2023, Sentenza n. 726, Giudice Carlo Barile.

SINTESI: Al termine di una relazione sentimentale, due ex fidanzati si trovano coinvolti in una causa di scioglimento della comunione relativa all’immobile acquistato insieme con mutuo ipotecario.
L’attore chiede, in via principale, l’accertamento del suo diritto a vedersi riconoscere quanto versato per l’acquisto dell’immobile (oltre al risarcimento del danno) e, in subordine, l’accertamento e la dichiarazione dello scioglimento della comunione e il consequenziale ordine di vendita dell’immobile.

Il Giudice dispone d’ufficio l’integrazione del contraddittorio, chiamando in causa la banca creditrice ipotecaria sull’immobile e demanda le parti in mediazione.

La banca si costituisce in giudizio, ma non partecipa all’accordo di mediazione che nel frattempo la coppia invece raggiunge.
L’attore e la convenuta depositano il verbale di mediazione contenente l’accordo di conciliazione nel quale è stato risolto concordemente l’oggetto del contendere.
All’udienza di precisazione delle conclusioni e discussione orale il Giudice dichiara la cessazione della materia del contendere non essendo più tenuto a definire il giudizio vista la rinuncia alla pretesa sostanziale e il venire meno dell’interesse delle parti alla pronuncia di un provvedimento.
Se nell’accordo di mediazione le parti hanno stabilito la compensazione delle spese legali reciproche, la banca chiede al Giudice invece la condanna delle parti alle spese di lite dalla stessa sopportate per la fase di costituzione in giudizio.
Il tribunale sul punto statuisce però la compensazione delle spese anche nei confronti della banca visto che la partecipazione della stessa era stata disposta iussu iudicis e non su domanda di alcuna delle parti.
Il Giudice Barile non rinviene infatti l’ipotesi di soccombenza dell’attore così come della convenuta ai sensi per gli effetti dell’art. 91 c.p.c. esplicitando le seguenti re motivazioni:

  • L’intervento della banca è stato disposto dal giudice e non su istanza di parte;
  • La chiamata del terzo è meramente opportuna, in quanto la presenza dei creditor iscritti ante domanda divisoria avviene al fine di non pregiudicare i diritti degli stessi per il carattere retroattivo della divisione e solo nel caso in cui l’immobile venga in effetti venduto;
  • Nessuna domanda è stata fatta dalle pari originarie nei confronti della terza chiamata che si è solo limitata a chiedere, in caso di vendita dell’immobile, l’assegnazione delle somme a lei spettante, senza invece formulare, nell’atto di costituzione, esplicita domanda di condanna alle spese del giudizio.

La vicenda avrebbe potuto concludersi diversamente se la banca, nonostante la mancata domanda in giudizio della condanna alle spese, avesse partecipato all’accordo di mediazione, pretendendo l’inclusione, nello stesso, delle sue spese di lite a carico delle parti originarie.

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Ultimo aggiornamento Martedì, Dicembre 05 2023
  
26
Novembre
2023

Come va redatto il rendiconto condominiale? La risposta della Cassazione;

Per la Suprema Corte, il rendiconto condominiale non va redatto con forme rigorose, analoghe a quelle prescritte per i bilanci delle società.

Annullamento delibera approvazione rendiconto

SINTESI: Il rendiconto condominiale non va redatto con forme rigorose, analoghe a quelle prescritte per i bilanci delle società. E' quanto si ricava dall'ordinanza n. 28257/2023 della Cassazione. Nella vicenda, la Corte d'appello di Torino, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato l'impugnazione ex art. 1137 c.c. proposta da un condomino torinese che chiedeva l'annullamento della delibera che aveva approvato il rendiconto consuntivo 2013-2014. La Corte d'appello ha ritenuto che il rendiconto, redatto secondo il principio di competenza, fosse rispettoso dei criteri ex art. 1130-bis c.c.

Motivi del ricorso in Cassazione

Il condomino ricorre in cassazione denunciando la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1130-bis comma 1 c.c., ovvero del "criterio contabile della cassa". Secondo il ricorrente il criterio contabile della cassa, serve ad agevolare il controllo da parte dei condòmini.

Rendiconto condominiale art. 1130-bis c.c.

L'art. 1130 bis c.c stabilisce che il rendiconto condominiale:

  • deve contenere le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve, il tutto espresso in modo da consentire l'immediata verifica;
  • deve comporsi di un registro di contabilità, un riepilogo finanziario, nonché una nota sintetica esplicativa della gestione con l'indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti;
  • l'assemblea può, in qualsiasi momento o per più annualità specificamente identificate, nominare un revisore che verifichi la contabilità del condominio;
  • i condomini e i titolari di diritti reali o di godimento sulle unità immobiliari possono prendere visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo ed estrarne copia a proprie spese;
  • le scritture e i documenti giustificativi devono essere conservati per dieci dalla data della relativa registrazione.

Quanto al contenuto ed ai criteri di redazione, il rendiconto deve dunque specificare le voci di entrata e di uscita, la situazione patrimoniale del condominio, i fondi disponibili e le eventuali riserve, «in modo da consentire l'immediata verifica». Il riferimento alle «voci di entrata e di uscita», significa, dunque, che il rendiconto deve documentare gli incassi e i pagamenti eseguiti, in rapporto ai movimenti di numerario ed alle relative manifestazioni finanziarie, nonché «ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio», con indicazione nella nota sintetica esplicativa della gestione «anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti», avendo qui riguardo al risultato economico dell'esercizio annuale, che è determinato dalla differenza tra ricavi e costi maturati, e non, dunque, dal solo conto cassa.

Il principio di diritto

La Suprema Corte Civile Sez. 2 con l'ordinanza in argomento dichiara il ricorso non fondato ed enuncia il seguente principio: il rendiconto condominiale, a norma dell'art. 1130-bis c.c., deve specificare nel registro di contabilità le «voci di entrata e di uscita», documentando gli incassi e i pagamenti eseguiti, in rapporto ai movimenti di numerario ed alle relative manifestazioni finanziarie, nonché, nel riepilogo finanziario e nella nota sintetica esplicativa della gestione, «ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio», con indicazione «anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti», avendo riguardo al risultato economico delle operazioni riferibili all'esercizio annuale, che è determinato dalla differenza tra ricavi e costi maturati. Perché la deliberazione di approvazione del rendiconto, ovvero dei distinti documenti che lo compongono, possa dirsi contraria alla legge, agli effetti dell'art. 1137, comma 2, c.c., occorre accertare, alla stregua di valutazione di fatto che spetta al giudice di merito, che dalla violazione dei diversi criteri di redazione dettati dall'art. 1130-bis c.c. discenda una divaricazione tra il risultato effettivo dell'esercizio, o la rappresentazione della situazione patrimoniale del condominio, e quelli di cui il bilancio invece dà conto, ovvero che comunque dal registro di contabilità, dal riepilogo finanziario e dalla nota esplicativa della gestione non sia possibile realizzare l'interesse di ciascun condomino alla conoscenza concreta dei reali elementi contabili, nel senso che la rilevazione e la presentazione delle voci non siano state effettuate tenendo conto della sostanza dell'operazione.

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Ultimo aggiornamento Domenica, Novembre 26 2023
  

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