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OMCI - Organismo di Mediazione

Omci - Organismo di Mediazione e Conciliazione Italia

19
Maggio
2023

Nuovo codice degli appalti pubblici: esclusione automatica per le offerte anomale;

SINTESI:  l nuovo codice degli appalti pubblici individua i casi di applicabilità dell’esclusione automatica delle offerte anomale nell’aggiudicazione con il criterio del prezzo più basso dei contratti “sottosoglia”. In tali casi, le stazioni appaltanti indicano negli atti di gara il metodo per l’individuazione delle offerte anomale, scelto fra quelli descritti nell’ allegato II.2 (D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36).L’ articolo 54, del D.Lgs. n. 36/2023, cd. nuovo codice degli appalti pubblici, illustra le novità in materia di esclusione automatica delle offerte anomale. In particolare, il comma 1 consente l’esclusione automatica delle offerte anomale (in deroga alla disciplina di valutazione delle offerte recate dall’art. 110), nell’aggiudicazione con il criterio del prezzo più basso dei contratti “sottosoglia”, qualora ricorrano tutte le seguenti condizioni:

- l’esclusione è stata prevista negli atti di gara;

- i contratti riguardano l’appalto di lavori o servizi ma non di forniture;

- i contratti non presentano un interesse transfrontaliero certo;

- vi sono almeno cinque offerte ammesse.

Si tratta di una disposizione che riproduce, seppur con alcune rilevanti differenze, quella recata dall’ art. 97, comma 8, del precedente Codice degli appalti ( D.Lgs. n. 50/2016). La citata disposizione, infatti, a differenza di quanto previsto dalla nuova norma, si applica anche agli appalti di forniture e prevede che l'esclusione automatica non opera quando il numero delle offerte ammesse è inferiore a dieci. La relazione illustrativa ricorda che “la direttiva europea 2014/24/EU fornisce indicazioni chiare sulla gestione del rischio di anomalia delle offerte imponendo alle stazioni appaltanti di valutare questo rischio e fornendo agli operatori economici la possibilità di presentare i loro giustificativi. La direttiva, sulla base di pronunciamenti della Corte di Giustizia dell’Unione europea, vieta l’applicazione di qualsiasi forma di automatismo per l’automatica esclusione delle offerte che sulla base, ad esempio, di un algoritmo matematico, siano classificate come anomale.

Verifica facoltativa della congruità delle offerte

Si prevede che, in ogni caso, le stazioni appaltanti possono valutare la congruità di ogni altra offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa.

Riguardo a tale periodo, la relazione illustrativa che ha accompagnato l’approvazione del nuovo Codice degli appalti pubblici sottolinea che in esso “si recupera la norma contenuta nell’ art. 97, comma 6, del D.Lgs. n. 50/2016 in tema di ‘verifica facoltativa’ della congruità dell’offerta. Si ricorda, a questo proposito, che la giurisprudenza amministrativa ha riconosciuto che le stazioni appaltanti dispongono di una discrezionalità ampia con riguardo alla scelta di procedere, o no, alla verifica facoltativa, con la conseguenza che il ricorso all’istituto (come pure la mancata applicazione di esso) non necessita di una particolare motivazione né può essere sindacato se non nelle ipotesi, remote, di macroscopica irragionevolezza o di decisivo errore di fatto ( Cons. Stato, Sez. V, 29/1/2018, n. 604)”.

Metodo per individuare le offerte anomale

Il comma 2, dell’ articolo 54 del nuovo Codice degli appalti pubblici dispone che le stazioni appaltanti indicano negli atti di gara il metodo per l’individuazione delle offerte anomale, scelto fra quelli descritti nell’allegato II.2. La relazione illustrativa evidenzia che tale disposizione rappresenta “la parte più innovativa” dell’articolo in esame, finalizzata precipuamente a “ridurre in misura significativa i (…) rischi di manipolazione della soglia di anomalia”.

Sostituzione dell’allegato II.2

Il comma 3 dell’ art. 54 del nuovo Codice dei contratti pubblici prevede che l’ allegato II.2 è abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento ministeriale adottato (ai sensi dell’ art. 17, comma 3, L. n. 400/1988) con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previo parere dell’ANAC, che lo ostituisce integralmente anche in qualità di allegato al Codice.

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Ultimo aggiornamento Venerdì, Maggio 19 2023
  
17
Maggio
2023

Mediazione obbligatoria: soccombente paga anche le spese del tentativo;

La parte che vince in sede di giudizio ha diritto a essere rimborsata in relazione alle spese sostenute nella procedura di mediazione;

Spese di mediazione a carico della parte soccombente in giudizio

SINTESI: La parte che soccombe nel giudizio di merito può essere condannata a rimborsare alla parte che invece ha vinto la causa anche le spese che la stessa ha sostenuto per esperire la procedura di mediazione.   Le spese che il vincitore sostiene per la procedura di mediazione possono essere considerate infatti esborsi, in base a quanto previsto dall’art. 91 del codice di procedura civile. Lo ha chiarito, dando seguito alla giurisprudenza prevalente in materia, il Tribunale di Catanzaro nella sentenza n. 464 del 22.03.2023.

Esito negativo della mediazione in materia risarcitoria

Un privato conviene in giudizio una S.p.a. per chiedere la condanna al pagamento dei danni subiti a causa di un incendio che ha colpito l’immobile di sua proprietà. La S.p.a nel caso di specie è una compagnia si assicurazione con la quale il privato ha stipulato una polizza assicurativa sull’immobile e alla quale chiede quindi l’indennizzo, sulla base della stessa. Richiesta alla quale si sente rispondere negativamente, in quanto la compagnia rileva che, dalla documentazione contrattuale, non vi è coincidenza tra la via in cui l’immobile si trova e quella indicata nel contratto per un errore nella compilazione dei documenti contrattuali.  Contestazione a cui il privato risponde inviando le visure catastali da cui emerge il contrario, ossia che l’immobile danneggiato risulta correttamente assicurato. Avviata la procedura di mediazione la stessa si conclude negativamente. Il procedimento giudiziario quindi prosegue per concludersi con l’accoglimento della domanda risarcitoria e la condanna della compagnia al pagamento dei danni che vengono quantificati in € 73.107,55 e anche con la condanna al pagamento delle spese di mediazione documentate e sostenute dall’attore pari ad € 108,90.

Condanna al pagamento delle spese di mediazione

La condanna alle spese della procedura di mediazione sostenute dall’attore viene disposta in accoglimento della domanda attorea. Per opinione della prevalente giurisprudenza di merito, infatti, la liquidazione delle spese e dei costi del procedimento di mediazione deve avvenire, concluso il processo di merito, nel rispetto delle regole sancite dall’art. 91 e seguenti del codice di procedura civile. Nel prendere questa decisione il Tribunale richiama due sentenze di merito:

  • La prima, quella del Tribunale di Trieste datata 11.03.2021 ritiene che il collegamento tra processo civile e mediazione non sia solo di tipo cronologico e che l’attività del mediatore e del giudice debbano coordinarsi. Ne consegue che la parte soccombente in giudizio possa essere condannata anche a pagare le spese sostenute dal vincitore per la procedura di mediazione. La condotta del soccombente infatti non può non avere effetti anche sul giudizio successivo;
  • La seconda sentenza di merito emessa dal Tribunale di Verona il 15.101.2015 ha precisato invece ulteriormente che tra le spese da porre a carico della parte soccombente del giudizio di merito ci sono anche quelle sostenute per l’assistenza dell’avvocato in sede di mediazione obbligatoria, che si è svolta in pendenza del processo.

Cosa prevede l’art. 91 c.p.c.

La norma che viene richiamata nella sentenza e che viene posta dal Tribunale di Catanzaro a base della decisione è l’art. 91 del codice di procedura civile. La norma, dedicata alla condanna alle spese del giudizio, sancisce in sostanza che il giudice, quando emette la sentenza che chiude il giudizio, condanna la parte soccombente a rimborsare le spese alla controparte, liquidandone l’importo contestualmente agli onorari di difesa. In questo modo la norma afferma il principio per il quale il ricorso all’autorità giudiziaria non deve avere conseguenze negative per chi, proprio in sede di giudizio, ha ragione e risulta vincitore della controversia.

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Ultimo aggiornamento Mercoledì, Maggio 17 2023
  
14
Maggio
2023

Nella scelta tra negoziazione e mediazione prevale la seconda;

La mediazione prevale sulla negoziazione assistita quando le due procedure stragiudiziali sono condizioni di procedibilità;

SINTESI: Il Tribunale di Roma, richiamando normativa e giurisprudenza a supporto, nella sentenza n. 932 del 20 Marzo 2023 precisa che se una controversia è soggetta alla condizione di procedibilità della mediazione così come della negoziazione assistita, tra le due a prevalere è la mediazione.

Improcedibilità per mancato esperimento della negoziazione assistita:

In una controversia insorta per chiedere la convalida di uno sfratto per finita locazione di un immobile ad uso non abitativo, il convenuto, nell’opporsi, eccepisce anche l’improcedibilità del giudizio per il mancato esperimento della negoziazione assistita.

La mediazione prevale sulla negoziazione assistita

Eccezione che il Tribunale di Roma respinge ritenendola infondata. Nel motivare la sua decisione l’Autorità giudicante richiama la legge n. 162 del 2014, che si occupa proprio della negoziazione assistita come metodo alternativo di risoluzione delle controversie. Detta legge dispone in particolare che, quando la mediazione e la negoziazione assistita sono previste come condizioni di procedibilità della domanda in sede di giudizio, a prevalere tra le due è la mediazione.

Chi agisce in giudizio deve quindi attivarsi per esperire solo la mediazione civile e commerciale. Scelta che fa perdere alla negoziazione assistita il suo carattere di obbligatorietà.

La mediazione prevale per la presenza del mediatore

Il principio sancito dal Tribunale capitolino però non è voce unica, esso è stato sancito anche da altre autorità giudiziarie di merito come la Corte di Appello di Napoli nella pronuncia del 2 giugno 2018, il tribunale di Torre Annunziata il 23 marzo 2018 e prima di loro il Tribunale di Verona il 23 dicembre 2015.

Conclusioni a cui è giunto inoltre sempre il Tribunale di Roma nell’ordinanza del 12 aprile 2021, in relazione ad una vicenda avente ad oggetto il risarcimento del danno da circolazione stradale.

In questo caso il giudice, attraverso l’interpretazione del decreto legislativo n. 28/2010 sulla mediazione e del decreto legge n. 132/2014 (convertito dall legge n. 162/2014), che regolamenta la negoziazione assistita, giunge alla conclusione per cui la mediazione prevale sulla negoziazione. La ragione risiede nel ruolo ricoperto dal mediatore soggetto terzo e neutrale rispetto all’avvocato che assiste le parti nell’ambito della procedura di negoziazione assistita. Nella mediazione in effetti il mediatore svolge un ruolo di estrema importanza perché non assiste solo le parti, ma tenta, una volta individuati gli interessi in conflitto, di trovare un punto di incontro. Tale peculiarità della mediazione rispetto alla negoziazione è stata messa in evidenza, ricorda il tribunale, perfino dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 97/2019.

Questa pronuncia del Giudice delle leggi precisa infatti che: “nella mediazione il compito fondamentale al fine del suo esito positivo di assistenza alle parti nella individuazione degli interessi in conflitto e nella ricerca di un punto dincontro è svolto da un terzo indipendente e imparziale, nella negoziazione lanalogo ruolo è svolto dai loro stessi difensori: è conseguentemente palese come, pur versandosi in entrambi i casi in ipotesi di condizioni di procedibilità con finalità deflattive, gli istituti processuali in esame siano caratterizzati da una evidente disomogeneità (….) Il mediatore, infatti, ai sensi dellart. 14 del d.lgs. n. 28 del 2010, da un lato, non può -assumere diritti od obblighi connessi […] con gli affari trattati […]- né percepire compensi direttamente dalle parti (comma 1); dallaltro, è obbligato a sottoscrivere, per ciascuna controversia affidatagli, unapposita -dichiarazione di imparzialità- e a informare lorganismo di mediazione e le parti delle eventuali ragioni che possano minare la sua neutralità (comma 2, lettere a e b).

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Ultimo aggiornamento Domenica, Maggio 14 2023
  
12
Maggio
2023

30 giugno 2023: al via la riforma sulla mediazione;

La riforma civile cd. Cartabia, il cui nastro di partenza è il 30 giugno 2023, è intervenuta sugli istituti di ADR con la finalità di incentivarli, implementando i benefici fiscali, estendendo ai relativi istituti l’applicabilità del gratuito patrocinio, estendendo l’ambito delle controversie per le quali il previo tentativo di mediazione è condizione di procedibilità, potenziando la formazione e l’aggiornamento dei mediatori e la conoscenza di questi strumenti presso i giudici. Gli articoli da 7 a 10 del d.lgs. n. 149/2022 (riforma civile cd. Cartabia) hanno attuato la delega introducendo rilevanti modifiche in materia di mediazione, negoziazione assistita, ma anche arbitrato.

La riforma civile cd. Cartabia, il cui nastro di partenza è il 30 giugno 2023, è intervenuta sugli istituti di ADR con la finalità di incentivarli, implementando i benefici fiscali, estendendo ai relativi istituti l’applicabilità del gratuito patrocinio, estendendo l’ambito delle controversie per le quali il previo tentativo di mediazione è condizione di procedibilità, potenziando la formazione e l’aggiornamento dei mediatori e la conoscenza di questi strumenti presso i giudici. Gli articoli da 7 a 10 del d.lgs. n. 149/2022 (riforma civile cd. Cartabia) hanno attuato la delega introducendo rilevanti modifiche in materia di mediazione, negoziazione assistita, ma anche arbitrato.

Mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali
L’articolo 7 ha introdotto talune modifiche al d.lgs. n. 28/2010, tra cui:

  • l’estensione dell’obbligatorietà della mediazione preventiva per le controversie in materia di contratti di associazione in partecipazione, di consorzio, di franchising, di opera, di rete, di somministrazione, di società di persone e di subfornitura;
  • l’ampliamento dei casi in cui la mediazione può essere demandata dal giudice;
  • la previsione secondo cui pure la mediazione contenuta in apposita clausola contrattuale o statutaria costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale;
  • la disciplina dello svolgimento della mediazione in modalità telematica;
  • l’istituzione del patrocinio a spese dello Stato nelle ipotesi ove la mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale;
  • la fissazione dei requisiti di serietà e di efficienza che devono essere posseduti dagli organismi di mediazione e dagli enti di formazione;
  • il riordino del regime tributario e delle indennità dovute agli organismi di mediazione;
  • l’aumento del credito d’imposta riconosciuto a favore delle parti e degli organismi di mediazione e la concessione di ulteriori crediti d’imposta nelle ipotesi di assistenza legale e gratuito patrocinio.

L’articolo 8 prevede che i rappresentanti delle P.A. che concludono accordi conciliativi, sia nei procedimenti di mediazione che in sede giurisdizionale, sono sottoponibili a responsabilità contabile soltanto per il compimento di fatti o per omissioni commessi con dolo o colpa grave, specificando che quest’ultima consiste nella negligenza inescusabile derivante da grave violazione di legge o da travisamento dei fatti.

Entrata in vigore:
L’articolo 41 reca le disposizioni transitorie al regime della mediazione, e a quello della negoziazione assistita, stabilendo che le modifiche apportate (dagli artt. 7 e 9 del d.lgs. n. 149/2022) entrano in vigore il 30 giugno 2023.

Esame del Ministero della Giustizia: Trascorsi 5 anni dall’entrata in vigore dalla riforma, il Ministero della giustizia dovrà esaminare i dati statistici riguardanti il tentativo di mediazione obbligatoria, di cui all’art. 5, comma 1, d.lgs. n. 28/2010, per verificare l’opportunità del suo mantenimento come condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

Monitoraggio delle spese:
Si dispone (art. 43) che il Ministero della giustizia monitori, con cadenza annuale, il rispetto dei limiti di spesa fissati per il patrocinio a spese dello Stato nell’ambito della mediazione e della negoziazione assistita, per la copertura per l’esenzione: dall’imposta di bollo, dall’imposta di registro, dalle altre spese per atti, documenti e provvedimenti relativi ai procedimenti di mediazione e per il riconoscimento del credito d’imposta a favore delle parti e degli organismi di mediazione. In ipotesi di eventuale scostamento, il Ministero della giustizia provvederà alla compensazione tramite corrispondente aumento del contributo unificato.

Coordinamento normativo: Si prevede un coordinamento normativo disponendo (art. 44) che dal 30 giugno 2023 (data di entrata in vigore delle disposizioni del d.lgs. n. 149/2022 in tema di mediazione e negoziazione assistita), il riferimento al comma 1-bis dell’art. 5 del d.lgs. 28/2010, relativo ai casi di mediazione obbligatoria in via preventiva, sia sostituito in conseguenza alle modifiche recate al medesimo articolo 5 dall’art. 7 del d.lgs. n. 149/2022.

Formazione per giuristi: I magistrati, dovranno svolgere appositi corsi di Formazione  sulle A.D.R., anche coinvolgendo, Organismi, Università, enti pubblici, etc.  Per la formazione continua si potranno eseguire anche in modalità telematica, incontri per fare il punto sulle novità portate dalla Riforma Cartabia all’istituto della mediazione, evidenziando le differenze con la disciplina previgente e le ricadute pratiche delle modifiche sostanziali e procedurali previste per la composizione della controversia.

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Ultimo aggiornamento Venerdì, Maggio 12 2023
  
12
Maggio
2023

Sfratto per morosità: mediazione a carico del locatore;

Per il tribunale di Palermo, grava sul locatore l’onere di introdurre la mediazione obbligatoria a pena di improcedibilità della domanda di intimazione di sfratto;

SINTESI: Nel giudizio di opposizione al procedimento di sfratto per morosità grava sul locatore l’onere di introdurre la mediazione obbligatoria, a pena di improcedibilità delle domande. È quanto ha ritenuto il tribunale di Palermo nella sentenza n. 1020/2023 aderendo all’orientamento giurisprudenziale che pone l’onere a carico dell’”attore sostanziale” e ripercorrendo le posizioni controverse in materia.

La giurisprudenza della Cassazione

Innanzitutto, afferma il giudice siciliano, “la giurisprudenza del Supremo Collegio a Sezioni unificate insegna, che nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, l’onere di promuovere la procedura di mediazione non è a carico dell’opponente ma dell’opposto, in quanto attore sostanziale (cfr. Cass. civ. Sez. Unite n. 19596/2020)”. Analoga disciplina e principio di diritto “devono essere ritenuti applicabili laddove si verta in una causa in materia locatizia di rito sommario a seguito di intimazione di sfratto per morosità ai sensi dell’art. 658 c.p.c. e, a seguito della comparizione delle parti dinanzi al giudice, questo di fronte alla proposta opposizione alla domanda di convalida disponga il mutamento del rito da sommario a speciale locatizio, provvedendo al contempo alla concessione o meno ai sensi dell’art. 665 c.p.c. dell’ordinanza provvisoria di rilascio”. Tale circostanza può attivarsi, spiega il tribunale, “ove appunto parte attrice intimante chieda la concessione del rilascio provvisorio dell’immobile locato al conduttore-intimato ai sensi e per gli effetti del comma 4° dell’art. 5 del D1.vo n. 28/2010 e succ. modifiche e integrazioni. In tal caso, dovendosi ritenere che rimanga attore sostanziale l’attore prime cure intimante, e non dandosi adito ad alcuna inversione sia di posizioni processuali sia in rito a fini della prova, dovrà ritenersi obbligato alla presentazione della domanda di mediazione conciliativa di cui all’evocato decreto legislativo li medesimo attore intimante, cioè nella specie il locatore dell’immobile”. Nel caso di specie, tuttavia, né parte attrice nè l’intimato conduttore hanno presentato istanza di mediazione.

La normativa di riferimento

Orbene, la normativa di riferimento “non sembra destare differenti interpretazioni rispetto alla disciplina ed al testo dell’art. 5 del digs. 28/2010 che infatti prevede che ‘chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia in materia di locazione è tenuto preliminarmente ad esperire il procedimento di mediazione”. L’esperimento “è condizione di procedibilità della domanda giudiziale” e “l’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza”. Tuttavia questa disposizione, spiega il giudice palermitano, “afferisce ad ogni giudizio in materia di locazione promossa con qualsiasirito non sommario. Nell’ipotesi del rito sommario di cui agli art. 657 e 658 c.p.c. ove la mediazione sia stata già disposta mediante rimessione delle parti dinanzi ad un mediatore professionale, v’è da dire che alla prima udienza successiva alla scadenza del termine perentorio di tre mesi destinato alla mediazione, il giudice, dinanzi alla prova che la mediazione non è stata esperita né dall’attore né dal convenuto, non potrà rifissare un nuovo termine per celebrare ex novo il procedimento di mediazione perché questo è decaduto inesorabilmente”.

Gli orientamenti contrastanti della giurisprudenza di merito

Fatte queste premesse, il tribunale rileva che mentre la giurisprudenza di merito si è impegolata nell’interpretare tale circostanza e quale disciplina adottare, lo stesso, al pari di quello romano, “data per certa l’obbligatorietà del procedimento di mediazione, ha ritenuto indispensabile allo stesso tempo individuare la parte sulla quale grave l’onere di introdurre il tentativo di conciliazione”. E nonostante le posizioni contrastanti all’interno della giurisprudenza di merito (persino dello stesso tribunale), il tribunale ritiene che “gravi sul locatore, attore in intimazione di sfratto, l’onere di attivare il procedimento di mediazione”. Quindi, in conclusione, “in un procedimento di sfratto per morosità – come nella fattispecie – se il Giudice ha disposto il mutamento del rito conseguente all’opposizione presentata dal conduttore e invitato le parti ad attivare la procedura di mediazione obbligatoria ai sensi dell’art. 5, D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, spetta al locatore-intimante l’onere di introdurre la mediazione, a pena di improcedibilità delle domande avanzate in sede di intimazione di sfratto”. Per cui, nella causa in parola l’esito conclusivo è la declaratoria di improcedibilità della domanda.

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Ultimo aggiornamento Venerdì, Maggio 12 2023
  
07
Maggio
2023

Mediazione: c'è il dolo per chi non si presenta senza motivo;

Per il tribunale di Termini Imerese, rifiutarsi di presentarsi in mediazione senza giustificato motivo fa presumere il dolo e porta a ritenere fondata la tesi avversaria;

SINTESI: La mancata partecipazione alla mediazione, senza giustificato motivo, può valere come elemento di prova per far presumere al giudice sia il dolo della parte sia il fondamento della tesi avversaria. Così il tribunale di Termini Imerese nella sentenza n. 412/2023.

Nella vicenda, era stato depositato un verbale negativo della mediazione promossa da un locatore contro il conduttore moroso. Quest'ultimo non si era presentato alla mediazione senza giustificato motivo nonostante la rituale convocazione.

Il giudice ha riconosciuto che tale comportamento può essere considerato "doloso in quanto idoneo a determinare l'introduzione di una procedura giudiziale". Condotta ritenuta censurabile, posto che accresce il contenzioso in un contesto quale quello italiano saturo nei numeri e dilatato nella durata dei giudizi.

Non solo, tale comportamento concorre a ritenere raggiunta la piena prova della infondatezza della tesi del soggetto che non ha partecipato e legittimare l'interesse dell'attore ad ottenere quanto richiesto nei suoi confronti, oltre a meritare la condanna al versamento di una somma pari al doppio del contributo unificato dovuto per il giudizio.

In conseguenza dell'applicazione di tali principi, il tribunale ha rigettato l'opposizione a decreto ingiuntivo, condannando la parte non comparsa in mediazione al versamento di una somma di importo corrispondente al doppio del contributo unificato in favore dello Stato a causa della ingiustificata mancata partecipazione al procedimento di mediazione.

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Ultimo aggiornamento Giovedì, Maggio 11 2023
  
03
Maggio
2023

Un tribunale di merito si pronuncia sul primo incontro di mediazione alla luce della Riforma Cartabia;

Tribunale di Forlì, sez. civ., 25.01.2023, sentenza n. 59, giudice Emanuele Picci

SINTESI: In una controversia bancaria, la parte attrice (convenuta in senso sostanziale) chiedeva in rito la revoca del decreto ingiuntivo opposto per mancato idoneo assolvimento dell'onere della mediazione da parte del convenuto opposto (società di cartolarizzazione cessionaria del credito) nonché la carenza delle titolarità del credito e l’indeterminatezza della somma ingiunta pari a circa Euro 700.000.
Nel costituirsi in giudizio, la parte convenuta opposta ha insistito per la sussistenza dell'an e del quantum della pretesa monitoria, sottolineando la titolarità del credito, sulla base del contratto di cessione versato in atti.
All'incontro dinanzi al mediatore, le parti manifestavano il loro rifiuto ad intraprendere il tentativo di mediazione dichiarando la volontà di non voler proseguire in mediazione in quanto non sussistenti i presupposti per la definizione bonaria della vertenza.  
Il tribunale adito ha ritenuto tale rifiuto ostativo all'avveramento della condizione di procedibilità del giudizio in corso secondo cui la manifestazione iniziale di una volontà oppositiva rispetto alla definizione bonaria della causa, senza che si tentasse neppure un tentativo, svilisce la funzione del l'istituto.
Il cd incontro filtro, secondo la dottrina, serve a verificare la carenza o la mancata produzione della delibera che autorizzi l'amministratore a rappresentare il condominio, la carenza della procura o dell'autorizzazione del giudice tutelare, nei casi previsti dalla legge. Una volta verificati tali adempimenti, la corretta instaurazione del procedimento è una condizione necessaria ma non ancora sufficiente per ritenere assolto l'onere di attivazione della procedura, e conseguentemente avverata la condizione di procedibilità.
Il tribunale fa un’ampia rassegna di giurisprudenza a cui si rinvia e aderisce alla cd “giurisprudenza fiorentina” (cfr. Trib. Firenze 19 marzo 2014), secondo cui non solo occorre che le parti siano presenti al momento cd "filtro", ma è necessario anche superare tale fase preparatoria, in cui il mediatore dà le informazioni. Le parti devono tenere un comportamento compatibile con la finalità dell’istituto della mediazione. Solo all'esito del momento "filtro" avente funzione meramente informativa, inizia la procedura di mediazione vera e propria, sicché soltanto da questo momento in poi le parti possono legittimamente abbandonare le trattative, non prima. Il tribunale aderisce alla cd “tesi sostanzialistica” volta a spronare le parti ad impegnarsi per sfruttare le potenzialità dell’istituto in tal senso supportato dalla recente riforma che all’art. 8 sesto comma Dlgs 28/2010 come modificato dal Dlgs 149/22 stabilisce che le parti cooperino in buona fede e lealmente al fine di realizzare un effettivo confronto sulle questioni controverse. Da tale formulazione, secondo il tribunale, si evince che il primo incontro non può limitarsi a dare solo informazioni preliminari ma deve anche superare il momento cd “filtro”.

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Ultimo aggiornamento Mercoledì, Maggio 03 2023
  
01
Maggio
2023

Nell’opposizione a decreto ingiuntivo, è onere del creditore opposto avviare la procedura di mediazione, la cui inerzia comporta l'improcedibilità della domanda del creditore e la revoca del decreto ingiuntivo opposto;

Corte di Appello di Bari, 13.01.2023, sentenza n. 31, estensore Alberto Binetti

SINTESI: Il caso in esame riguarda l’impugnazione di una sentenza relativa a un’opposizione a decreto ingiuntivo, nella quale l’appellante ha, tra le varie, contestato la sentenza anche nella parte in cui ha posto a carico della parte debitrice opponente l’avvio della procedura di mediazione.
In merito, il Giudice di secondo grado ha ritenuto fondato tale motivo di appello sulla base delle seguenti considerazioni:

  • con sentenza n. 19596 del 8.09.2020 a Sezioni Unite, la Corte di Cassazione ha posto a carico del creditore opposto l'onere di attivare il procedimento di mediazione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo;
  • l'art. 4, comma 2 del D. Lgs.  28/2010, stabilisce che l'istanza di mediazione debba indicare l'organismo, le parti, l'oggetto e le ragioni della pretesa;
  • l'attore, ovvero colui che assume l'iniziativa processuale, deve chiarire l'oggetto e le ragioni della pretesa, poiché non sarebbe logico che l'opponente fosse onerato di precisare l'oggetto e le ragioni di una pretesa che non è sua;
  • l'art. 5, comma 1-bis del predetto D. Lgs. rileva, inoltre, che deve promuovere la mediazione colui che intende esercitare in giudizio un’azione ovvero il cd. "attore sostanziale" nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo;
  • ai sensi dell’art. 5, comma 6, del menzionato D. Lgs., la domanda di mediazione, dal momento della comunicazione alle altre parti, produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale e ha un effetto impeditivo della decadenza per una sola volta; non avrebbe senso che l'effetto di interruzione della prescrizione sia conseguenza dell'iniziativa assunta dalla parte contraria a farla valere ovvero dal debitore opponente e non dal creditore;
  • se l'onere di attivare la mediazione fosse a carico del debitore opponente e questi non si attivasse, l'opposizione verrebbe dichiarata improcedibile e il decreto diventerebbe irrevocabile, con effetto di compromettere definitivamente il suo diritto; al contrario, se l'onere fosse posto a carico dell'opposto, l'inerzia di quest'ultimo causerebbe l'improcedibilità e la revoca del decreto ingiuntivo, ma non gli impedirebbe di riproporre la domanda e, quindi, si verificherebbe un effetto solo provvisorio, senza alcuna preclusione.
  • l'appello va, pertanto accolto poiché è stata erroneamente pronunciata l'improcedibilità dell'opposizione e la definitività del decreto ingiuntivo opposto, ponendosi l'onere dell'avvio della procedura di mediazione a carico di parte opponente, mentre si sarebbe dovuto optare per l'improcedibilità della domanda del creditore, con revoca del decreto ingiuntivo opposto, dovendosi porre l'onere dell'avvio della procedura di mediazione a carico del creditore opposto.

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Ultimo aggiornamento Lunedì, Maggio 01 2023
  
28
Aprile
2023

LA MEDIAZIONE CIVILE è il MIGLIOR METODO UTILIZZATO ANCHE PER IL RECUPERO CREDITI;

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Ultimo aggiornamento Martedì, Maggio 02 2023
  
21
Aprile
2023

Cassazione: responsabilità medica anche quando si omettono ulteriori controlli;

Per la S.C., va riconosciuto l'errore medico anche quando il sanitario omette di eseguire o disporre ulteriori controlli;

Riconosciuto l'errore medico anche quando si omette di eseguire o disporre ulteriori controlli. Così la Cassazione nella sentenza n. 15786/2023.

La vicenda

Nella vicenda, due medici venivano condannati per il reato ex art. 589 c.p. per aver cagionato, per imprudenza, negligenza e imperizia, la morte di un paziente per non essersi attenuti nello svolgimento della propria attività alle linee guida e alle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica e aver omesso di effettuare una corretta diagnosi e una corretta valutazione del quadro clinico.

La Corte di appello, in riforma della sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste, affermata la responsabilità civile dei predetti, li ha condannati, in solido tra loro, al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile. Nell'editto accusatorio veniva altresì evidenziato che "le condotte omissive, laddove adeguatamente tenute, avrebbero determinato una corretta diagnosi ed evitato l'evento morte, così come verificatosi, ovvero determinato un evento morte diverso o comunque differito nel tempo". Per il giudice appello, in sostanza era evidente l'errore diagnostico compiuto e aveva errato il primo giudice nell'affermare la correttezza della condotta dei sanitari. La Corte di ricordava, quindi, il principio di diritto enunciato dalla nota sentenza "Franzese" in tema di nesso causale nei reati omissivi impropri, secondo cui il nesso di causalità deve ritenersi accertato e sussistente, appunto, oltre ogni ragionevole dubbio, "tutte quelle volte in cui con alto grado di credibilità razionale o probabilità logica, dalla diagnosi omessa o dall'intervento terapeutico non effettuato o male effettuato, sarebbe potuta derivare non solo la salvezza della vita del paziente, ma anche una attenuazione del danno prodotto dalla patologia con conseguente ritardo dell'evento morte. Affermava di conseguenza che nella fattispecie a giudizio, proprio sulla base delle conclusioni dei periti del Gip, adeguatamente supportate anche dal perito della parte civile Antico, era ragionevole inferire che l'evento morte avrebbe avuto diverse modalità di verifica e differenti e più estesi tempi di sopravvivenza, qualora i due odierni imputati avessero praticato una corretta diagnosi come pacificamente emerso dall'intera istruzione dibattimentale svolta".

Il ricorso

Avverso la sentenza di appello ricorrono gli imputati, denunciando tra l'altro, carenza e manifesta e logicità della motivazione con riguardo alla ipotizzata cooperazione colposa di cui all'art 113 c.p., presupponendo, in conseguenza, l'esistenza di un legame psicologico tra le condotte dei due. Così facendo, non avrebbe tenuto conto delle distinte posizioni. Inoltre, deducevano insussistenza del nesso causale tra la loro condotta e la morte del paziente, sostenendo che le patologie da cui lo stesso era affetto avrebbero comportato comunque l'inevitabilità del decesso.

La decisione

Per gli Ermellini, i ricorsi sono inammissibili. Nel caso di specie, la Corte territoriale è pervenuta all'affermazione della responsabilità degli imputati ai fini civili senza rivalutare nel merito il compendio istruttorio, bensì correggendo l'errore di diritto in cui era incorso il giudice di primo grado laddove aveva escluso il nesso di causalità tra la condotta omissiva dei medici, odierni imputati, e il decesso del paziente.

Circa la contestazione del ragionamento sviluppato nella sentenza impugnata riguardo la condotta gravemente colposa attribuita ai sanitari che presero in cura il paziente, omettendo entrambi, nelle rispettive qualità contestate nell'editto accusatorio, di approfondire la situazione clinica del paziente e di formulare la corretta diagnosi, ciò basta per "ritenere la cooperazione colposa, ciascun medico essendo consapevole della condotta dell'altro". Per il resto le doglianze dei ricorrenti si risolvono in deduzioni di mero fatto, non proponibili in sede di legittimità, a fronte peraltro di una esposizione, da parte della Corte di merito, assai chiara e dettagliata dell'intera vicenda con particolare attenzione al parere scientifico formulato dagli esperti. Indiscutibile, ricorda la S.C., "l'errore diagnostico e le conseguenti errate condotte omissive". Sul punto, la Corte territoriale ha correttamente applicato i principi della sentenza "Franzese", cui nel tempo si sono uniformate le sezioni semplici della S.C. Va, del resto, riaffermato, concludono i giudici dichiarando inammissibili i ricorsi, che "in tema di colpa professionale medica, l'errore diagnostico si configura non solo quando, in presenza di uno o più sintomi di una malattia, non si riesca ad inquadrare il caso clinico in una patologia nota alla scienza o si addivenga ad un inquadramento erroneo, ma anche quando si ometta di eseguire o disporre controlli ed accertamenti doverosi ai fini di una corretta formulazione della diagnosi (cfr. Cass. n. 23252/2019); e che risponde di omicidio colposo per imperizia, nell'accertamento della malattia, e per negligenza, per l'omissione delle indagini necessarie, il medico che, in presenza di sintomatologia idonea a porre una diagnosi differenziale, rimanga arroccato su diagnosi inesatta, benché posta in forte dubbio dalla sintomatologia, dalla anamnesi e dalle altre notizie comunque pervenutegli, omettendo così di porre in essere la terapia più profittevole per la salute del paziente (cfr. Cass. n. 26906/2019)".

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Ultimo aggiornamento Venerdì, Aprile 21 2023
  

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