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OMCI - Organismo di Mediazione

Omci - Organismo di Mediazione e Conciliazione Italia

12
Settembre
2023

L’autentica della procura speciale sostanziale non rientra fra i poteri dell’avvocato;

Tribunale di Roma, Sez. V, 28.06.2023, sentenza n. 10276, giudice Luigi Cavallo;

SINTESI: In una vicenda condominiale relativa alla sostituzione dell’amministratore, l’amministratore sostituito impugnava la delibera dell’assemblea straordinaria ex art. 66 disp. att. c.c., con cui veniva nominato il nuovo amministratore e chiedeva il risarcimento dei danni subiti. L’attore contestava la decisione assunta, per l’illegittimità della convocazione autonoma da parte dei condomini, l’apposizione di firme apocrife sul verbale impugnato, la nullità di quanto deliberato per mancata indicazione del compenso del nuovo amministratore, oltre che la mancanza di ogni riferimento alla prima convocazione. Contestava altresì l’illegittimità della delibera per il mancato raggiungimento del quorum deliberativo in assenza delle deleghe dei comproprietari e per le modalità di svolgimento dell'assemblea.
Il Condominio si costituiva eccependo l’improcedibilità della domanda di mediazione sia per mancata presenza personale dell’attore, sia per difformità tra oggetto, ragioni e parti dell’istanza di mediazione e della domanda in giudizio.
Il tribunale, richiamando il noto arresto Cass. n. 8473/19, ha rilevato che per la parte attrice era presente all’incontro di mediazione il solo legale munito di procura speciale autenticata dal difensore stesso, pertanto ha dichiarato l’improcedibilità della domanda con conseguente condanna alle spese.
La Suprema Corte infatti ha stabilito che se l’attore sceglie di farsi sostituire dal difensore, la procura speciale rilasciata allo scopo non può essere autenticata dal difensore, perché il conferimento del potere di partecipare in sua sostituzione alla mediazione non fa parte dei possibili contenuti della procura alle liti autenticabili direttamente dal difensore.

PS: Si ricorda anche che con la nuova riforma chi non paga il dovuto, oltre a essere sottoposto a decreto ingiuntivo, si assumerà tutte le Responsabilità davanti al Giudice.

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Ultimo aggiornamento Mercoledì, Settembre 13 2023
  
30
Agosto
2023

CREDITI D'IMPOSTA

Operativi i crediti di imposta per mediazione e negoziazione assistita.

Sono stati pubblicati in Gazzetta Ufficiale i decreti che definiscono le modalità di riconoscimento degli incentivi fiscali.

Link all'articolo

PS: Si ricorda anche che con la nuova riforma chi non paga il dovuto, oltre a essere sottoposto a decreto ingiuntivo, si assumerà tutte le Responsabilità davanti al Giudice.

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Ultimo aggiornamento Giovedì, Settembre 14 2023
  
27
Agosto
2023

Mediazione: quando il chiamato all'eredità può promuoverla?

Il tribunale di Forlì con sentenza del 03/04/2023 n° 282, si sofferma su legittimazione ed interesse ad agire, mediazione obbligatoria e giudizio successivo;

SINTESI: In sede di mediazione obbligatoria agiscono, in qualità di chiamati all'eredità della madre, i figli di una condomina defunta ai quali sarebbero state imputate spese, che, secondo gli stessi, dovrebbero essere oggetto di ripartizione fra tutti i condomini. La mediazione, che in questo caso rientra nell'obbligo preventivo all'esperimento del processo ex art. 5 del D. Lgs. 28/2010, viene quindi azionata prima della accettazione vera e propria dell'eredità e dell'acquisto della qualifica di eredi. In sede di primo incontro, il Condominio, a seguito di relativa delibera, non aderisce al procedimento; pertanto la mediazione si conclude con esito negativo, aprendo la strada al giudizio da parte dei figli della condomina defunta. In sede processuale, il Condominio convenuto contesta la legittimazione e l'interesse ad agire degli attori, divenuti eredi e quindi aventi diritto all'impugnazione delle delibere assembleari esclusivamente in seguito alla denuncia della successione e alla voltura catastale della proprietà immobiliare ereditata.

Condizioni dell'azione: quando devono sussistere

Anche se la legittimazione e l'interesse ad agire sono strettamente collegati all'accettazione dell'eredità, se dette condizioni dell'azione sopravvengono in seguito all'inizio di mediazione, il giudizio successivo può essere comunque avviato: le stesse devono tuttavia essere necessariamente presenti al momento della decisione.

Le condizioni per l'azione giudiziale devono, pertanto, esistere nel momento della decisione, non essendo presupposto indefettibile che le stesse siano presenti nel momento di proposizione della domanda in sede processuale.

Quanto sopra è stato acclarato dal Tribunale di Forlì - sentenza n. 282 del 3 aprile 2023 (sotto allegata) - al termine di una controversia in materia condominiale, intrapresa in sede giudiziale dagli eredi, figli di una condomina defunta, in seguito all'esito negativo del procedimento di mediazione che gli stessi avevano avviato quando ancora rivestivano la qualità di meri "chiamati all'eredità".

Le contestazioni sollevate dal condominio vengono rigettate

Il Tribunale rigetta le contestazioni sollevate dal Condominio nei confronti degli attori, facendo esplicito riferimento alla sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 170 del 30 gennaio 1963. Le condizioni per l'azione giudiziale devono, pertanto, necessariamente esistere solo nel momento della decisione.

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Ultimo aggiornamento Domenica, Agosto 27 2023
  
21
Agosto
2023

Che cosa si intende per condomino?

Il condominio è una particolare forma di comunione caratterizzata dalla compresenza, in un unico contesto, di beni comuni e di beni privati. Si ha comunione quando la proprietà (o un altro diritto reale, come ad esempio l’usufrutto o la servitù di passaggio) spetta in comune a più persone, i quali sono quindi chiamati “comunisti”. La comunione, dunque, rientra nella più ampia categoria della contitolarità dei diritti, che sussiste ogni volta che un medesimo diritto fa capo a più persone.

Quanti tipi di comunione esistono?

Nell’ambito della comunione è possibile distinguere tre tipologie diverse:

  • comunione volontaria, che si ha quando la fonte della contitolarità sta nella libera volontà delle parti. È il caso di due amici che decidono di acquistare insieme la stessa auto;
  • comunione incidentale, che si costituisce indipendentemente dalla volontà delle parti ma può sciogliersi se queste lo vogliono. Esempio tipico è quello dell’eredità: quando il genitore muore i figli diventano coeredi per legge, titolari quindi della comunione ereditaria, che però può essere sciolta su richiesta anche di un solo erede;
  • comunione forzosa, che si verifica ogni volta che è la legge a imporla, senza che i contitolari possano scioglierla. È proprio il caso del condominio, con riferimento alla comunione sulla parti comuni.

Quali sono le caratteristiche del condominio?

Il condominio è una particolare forma di comunione forzosa e indivisibile, caratterizzata dal fatto che i singoli proprietari non possono chiedere lo scioglimento della contitolarità sulle parti comuni (a meno che non siano tutti d’accordo) . Il condominio è quindi caratterizzato dalla presenza di più proprietari esclusivi (almeno due) di parti distinte di un medesimo fabbricato (piani o porzioni di piani), i quali per necessità pratiche restano in comune proprietari pro indiviso di talune altre parti dell’edificio, cioè di quelle cosiddette comuni.

Cosa si intende per condomino?

In senso giuridico, il condomino è il proprietario di almeno un’unità immobiliare sita in un edificio condominiale. Il condomino, quindi, non è né l’inquilino che vive in affitto né l’usufruttuario, ma solo e soltanto il proprietario. Da tanto derivano alcune importanti conseguenze. Vediamo quali.

Condominio: chi può partecipare all’assemblea?

La qualità di condomino è fondamentale per la partecipazione all’assemblea. I condòmini, infatti, sono praticamente sempre legittimati a prendere parte all’adunanza. Di conseguenza, l’amministratore dovrà convocare ogni proprietario, anche se di fatto non vive nell’edificio. Mentre per il condomino la partecipazione all’assemblea è la regola, esistono altri soggetti che solo eccezionalmente possono prendere parte, con diritto di voto, all’interno del consesso; si tratta:

  • degli inquilini, relativamente alle decisioni di servizi di riscaldamento e di condizionamento dell’aria . Il conduttore ha inoltre il diritto di intervenire, senza diritto di voto, sulle assemblee relative alla modificazione degli altri servizi;
  • l’usufruttuario, negli affari che attengono all’ordinaria amministrazione e al semplice godimento delle cose e dei servizi comuni .

Condominio: chi deve pagare le spese?

La qualità di condomino è fondamentale anche per ciò che concerne il pagamento delle spese. Secondo la legge, spetta all’inquilino il pagamento del condominio relativo alle spese ordinarie (ovvero le riparazioni, la pulizia, riscaldamento, la manutenzione dell’ascensore e il portiere). Le spese straordinarie restano a carico del padrone di casa, ne fanno parte, ad esempio la riparazione del tetto o guasti non prevedibili. Tra le spese che spettano al condomino (e non all’inquilino) c’è anche il compenso dovuto all’amministratore.

Condominio: chi deve rispettare il regolamento?

Il conduttore è obbligato al rispetto del regolamento di condominio, in particolare per quanto riguarda l’uso delle parti comuni e la ripartizione delle spese. Tale obbligazione discende però non dalla qualifica di condomino (che, come detto, resta in capo al locatore) ma dalla stipula del contratto di locazione, nel quale il condomino/locatore deve (a propria tutela) prevedere l’obbligo del conduttore di conformarsi alle norme del regolamento. Per ulteriori approfondimenti su questo specifico tema, si legga l’articolo dal titolo Regolamento condominiale per inquilini.

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Ultimo aggiornamento Lunedì, Agosto 21 2023
  
17
Agosto
2023

Delibera condominiale: la parte istante non può dolersi del ritardo con cui l'organismo ha inviato la comunicazione alla parte convocata se la stessa ha omesso di predisporre la comunicazione così come indicato dall’art. 8, comma 1, D.lgs 28/2010;

Corte d’appello di Palermo, Sez. II, 7.06.2023, sentenza n. 1109, giudice relatore ausiliario Maruzza Pino;

SINTESI: In un giudizio di impugnazione di delibere condominiali, il Tribunale di Palermo nel 2018 aveva rigettato la domanda di due condòmini volta all’annullamento e/o declaratoria di nullità delle delibere, con condanna alle spese. Gli stessi proponevano appello avverso tale sentenza e il Condominio si costituiva. Col primo motivo di appello i condomini lamentavano che il Tribunale avesse ritenuto tardiva l'impugnazione e la Corte lo ha ritenuto infondato.
Il Tribunale ha respinto l'impugnazione per essere gli asseriti vizi attinenti a profili di annullabilità e dunque, ai sensi dell'art. 1137 c.c., non più deducibili oltre il termine di trenta giorni dalla ricezione del verbale assembleare. Sulla questione relativa al tipo di invalidità che inficia le delibere di assemblea condominiale, la Corte richiama sia la pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione n. 4806 del 2005 che ha tracciato il criterio distintivo tra delibere nulle e annullabili, le prime affette da "vizi di sostanza", le seconde da "vizi di forma" sia il recente arresto della Corte di cassazione a Sezioni Unite, sentenza n. 9839/2021.
Gli appellanti deducono di aver agito tempestivamente, avendo proposto istanza di mediazione nel rispetto del termine di trenta giorni e che il ritardo nella comunicazione dell'avvio del procedimento alla controparte, a cura del mediatore, non può riverberarsi in loro danno. Invece, secondo la corte territoriale, la parte istante non può dolersi del ritardo con cui l'organismo ha inviato la comunicazione alla parte convocata se la stessa ha omesso di predisporre la comunicazione così come indicato dall’art. 8, comma 1, D.lgs 28/2010 in quanto tale comunicazione della domanda di mediazione alla controparte può avvenire ex articolo 8, comma 1, del D.lgs. n. 28 del 2010, “anche a cura della parte istante”. La stessa potrà e dovrà, secondo un criterio di diligenza minima, avvalersi di tale facoltà proprio al fine di prevenire gli effetti pregiudizievoli delle eventuali lungaggini della procedura conciliativa.
La corte di Palermo ha pertanto rigettato il motivo d’appello e condannato gli appellanti alla rifusione delle spese.

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Ultimo aggiornamento Giovedì, Agosto 17 2023
  
08
Agosto
2023

All’organismo di mediazione spetta il compenso se si accetta il regolamento;

La sottoscrizione del Regolamento dell’Organismo di mediazione e l’impegno a pagare i costi della procedura e le indennità fa sorgere il diritto al compenso;

Compenso per l’organismo se le parti accettano e sottoscrivono il regolamento

L’organismo di mediazione ha diritto al compenso per l’attività svolta se le parti hanno letto e sottoscritto il Regolamento in sede di redazione dell’istanza di mediazione, la cui accettazione è stata poi richiamata nel verbale del primo incontro e nel successivo, che ha attestato l’esito negativo della mediazione. Lo ha chiarito il Tribunale di Siracusa nella sentenza n. 1486/2023 del 31/07/2023, in veste di giudice di appello.

Decreto ingiuntivo per l’organismo di mediazione a cui non viene pagato il compenso

Un organismo di mediazione ottiene un decreto ingiuntivo per ottenere il pagamento del compenso relativo all’attività di mediazione prestata, procedura che può essere avviata anche presentando Domanda di Mediazione presso una delle sedi di OMCI. Parte avversa si oppone al decreto con cui si chiede di pagare l’organismo perché si è tenuto solo il primo incontro di mediazione. All’organismo spettano solo le spese per avviare la procedura, tanto più che la procedura si è conclusa con esito negativo. Parte opponente rileva la nullità del contratto che l’organismo sostiene di avergli fatto sottoscrivere in quanto non gli è stato esibito né fatto leggere il Regolamento dell’organismo. Non è stato quindi possibile comprendere quando e in che modo sarebbe sorto il diritto al compenso dell’organismo.L’organismo contesta le eccezioni sollevate e fa presente che il Regolamento è stato visionato dalle parti prima della firma e che il compenso richiesto è stato calcolato nel rispetto delle regole. Il giudice di pace in primo grado accoglie l’opposizione, ma l’organismo di mediazione appella la decisione di fronte al Tribunale.

Accettazione e firma del regolamento fanno sorgere il diritto al compenso dell’Organismo

In sede di appello parte opponente contesta la versione dei fatti fornita dall’organismo di mediazione ritenendola infondata in fatto e in diritto.Il Tribunale però ribalta la decisione del giudice di pace, poiché l’appello è fondato.

Dall’istruttoria è emerso che le parti si sono rivolte all’organismo di mediazione, hanno depositato la Domanda per avviare la procedura e dopo averla letta e sottoscritta hanno chiesto la convocazione delle controparti. Uno degli opponenti ha firmato espressamente la clausola del contratto che prevedeva l’accettazione del Regolamento e l’impegno di pagare i costi del primo incontro e, in caso di prosecuzione, le indennità per la procedura specificate sul sito dell’organismo.

Quando si è tenuto il primo incontro il mediatore ha specificato nel verbale che le parti e gli avvocati erano concordi nell’intraprendere la procedura di mediazione, che hanno accettato il Regolamento e che si sono impegnati a versare le indennità previste dall’articolo 17 del decreto legislativo n. 28/2010 per avviare la mediazione, svolgere il primo incontro e quelli successivi ed eventuali. Detto verbale è stato quindi letto e firmato dalla parte opponente e dai difensori.

Nell’incontro successivo al primo, dopo la rinuncia a proseguire la procedura comunicata a mezzo mail dal difensore della parte opponente, è stato specificato a verbale il mancato raggiungimento dell’accordo.

Anche a questo incontro, a cui hanno partecipato la parte opponente e il proprio difensore è stato ribadito che la stessa aveva firmato il regolamento e si era impegnata a versare le indennità previste dall’articolo 17 del decreto legislativo n. 28/2010. Per il Tribunale, la sottoscrizione del Regolamento dell’Organismo di mediazione e dei due verbali di incontro, che hanno fatto espresso richiamo all’accettazione del Regolamento ha determinato l’insorgenza del diritto al compenso spettante all’organismo. La società di mediazione quindi è creditrice nei confronti della controparte dell’importo come risultante dalla fattura prodotta in giudizio.

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Ultimo aggiornamento Martedì, Agosto 08 2023
  
04
Agosto
2023

Riforma: mediazione obbligatoria in materia di franchising;

La riforma Cartabia prevede per il contratto di franchising la mediazione obbligatoria. La novità è in vigore dal 30 giugno 2023;

Franchising: mediazione obbligatoria

La riforma Cartabia ha ampliato il numero delle materie in cui la mediazione civile e commerciale è obbligatoria. Una delle materie che il legislatore ha introdotto ex novo nel primo comma dell’articolo 5 del decreto legislativo n. 28/2010 è il franchising. Chi vuole quindi agire in giudizio per esercitare un’azione relativa a una controversia in materia di franchising deve prima andare in mediazione, presentando la domanda presso una delle sedi di OMCI.

La procedura di mediazione infatti, in materia di franchising, è condizione di procedibilità della domanda. Il mancato rispetto di questa fase stragiudiziale può quindi essere eccepita dalla controparte o rilevata d’ufficio da parte del giudice. Questa nuova regola è in vigore dal 30 giugno 2023.

Il contratto di franchising o affiliazione commerciale

La disciplina del franchising è contenuta nei pochi articoli che compongono la legge n. 129 del 2004. Il primo articolo di questa legge definisce il franchising come il contratto in cui una parte (affiliante) concede ad un’altra (affiliato) in cambio di una somma di denaro, un insieme di diritti di proprietà industriale e intellettuale relativi a marchi, brevetti, diritto d’autore e know how. L’affiliato inoltre riceve assistenza e consulenza da parte dell’affiliante, il quale lo inserisce in un sistema formato da altri affiliati presenti sul territorio nazionale per commercializzare determinati beni e servizi. Con questo contratto l’affiliante o franchisor ampia la propria presenza nel mercato e riceve in cambio un diritto di ingresso e una percentuale che varia in base al giro di affari che l’affilante riesce a realizzare. L’affiliato o franchisee ha invece la possibilità di avviare un’attività con meno rischi grazie al modello di vendita già sperimentato dall’affiliante.

Obblighi del franchisor e del franchisee

Come tutti i contratti, anche quello di franchising prevede diritti, ma anche obblighi a carico delle parti. Il primo obbligo che grava sul franchisor è quello di informare il franchisee sulla crescita potenziale dell’attività e consegnarli diversi documenti da allegare al contratto. Il mancato rispetto di quest’obbligo da parte del franchisor legittima il franchisee a chiedere la risoluzione del contratto.  Da parte sua il franchisee deve rispettare il divieto di trasferimento della sede in assenza del consenso del franchisor e l’obbligo di riservatezza sul contenuto dell’attività, che non viene meno neanche in caso di cessazione del rapporto. Come previsto poi in generale per tutti i contratti, le parti devono rispettare i doveri di lealtà, buona fede e correttezza sia prima che durante la stipula del contratto e poi per tutta la durata del rapporto.

Possibili controversie da risolvere in mediazione

Il contratto di affiliazione in effetti può essere motivo di contrasto tra le parti coinvolte. I litigi possono scaturire a causa del mancato rispetto delle regole contrattuali. Il franchisee potrebbe violare, ad esempio, il segreto industriale o gli accordi sulla concorrenza territoriale. Il franchisor invece potrebbe non fornire all’affiliato le informazioni, il supporto e la consulenza necessarie per far decollare l’attività. La mediazione in genere ha successo nella risoluzione delle controversie che si riferiscono a rapporti di durata. Il franchising beneficerà quindi sicuramente di tale innovazione legislativa.

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Ultimo aggiornamento Venerdì, Agosto 04 2023
  
02
Agosto
2023

Nel corso della mediazione obbligatoria, sospese le attività processuali;

La Cassazione dichiara illegittima la fissazione di un termine per il deposito delle memorie difensive contemporaneamente a quello concesso per la mediazione obbligatoria;

Nei casi in cui la mediazione è obbligatoria il suo corretto svolgimento costituisce condizione di procedibilità dell’azione e finchè questa non è avverata è preclusa qualsiasi attività processuale, ad eccezione dei provvedimenti cautelari e urgenti. Questo quanto emerge dalla ordinanza della Cassazione n. 22038/2023 del 24/07/2023.

La vicenda

Nella vicenda portata all’attenzione della Suprema Corte, riguardante una servitù, la conduttrice di un fondo rustico attraversato da un canale per lo scolo delle acque subiva danni a causa dell’omessa ripulitura dello stesso, per cui trascinava in giudizio i responsabili chiedendo i danni. Nel giudizio di merito, le sue ragioni venivano disconosciute e la donna impugnava la sentenza di prime cure lamentando il diniego della richiesta di rimessione in termini per il deposito delle memorie ex art. 183, comma sesto, c.p.c., sostenendo che il termine era stato erroneamente concesso contestualmente a quello per il tentativo di mediazione obbligatoria, in pendenza del quale, invece, ogni attività processuale doveva essere sospesa. In appello, il giudice perseverava nell’errore respingendo il gravame della donna e la stessa adiva il Palazzaccio.

Mediazione obbligatoria e prosecuzione del giudizio

Per gli Ermellini, il ricorso è fondato. “Rientrando tra gli istituti deflattivi del contenzioso – ora potenziato dalla riforma Cartabia (d.lgs. n. 149/2022) – e introdotta con l’intento di promuovere il ricorso a procedure stragiudiziali per ridurre l’elevato livello delle pendenze del processo civile, la mediazione disciplinata dal d.lgs. n. 28/2010, modificato dal d.lgs. n. 69/2013, costituisce, per espressa volontà legislativa, una condizione di procedibilità della domanda giudiziale” affermano preliminarmente da piazza Cavour. Condizione che, proseguono, “deve essere assolta prima dell’esercizio dell’azione giudiziale (cfr. art. 5 comma 1). Laddove la domanda giudiziale sia stata proposta in assenza del previo esperimento del procedimento di mediazione, il giudice deve rinviare l’udienza, assegnare alle parti un termine per consentire l’avvio del procedimento e fissare una nuova udienza per verificare l’avverarsi della condizione di procedibilità richiesta”. Nel caso di specie, il giudice di prime cure ha dato inizio al processo, assegnando in udienza contestualmente alle parti i termini per il deposito delle memorie ai sensi dell’art. 183 c.p.c. e il termine di 15 gg. per l’esperimento del tentativo di conciliazione, autorizzando così il deposito delle memorie istruttorie prima del verificarsi della condizione di procedibilità accertata come omessa dallo stesso giudicante, su eccezione tempestivamente proposta della parte. La disciplina della condizione di procedibilità in esame, aggiungono quindi dalla S.C., “si intreccia con il processo civile sia in ordine al compimento o meno delle attività successive all’assegnazione del termine, sia in ordine alle attività che, dopo tale assegnazione, possono essere compiute in sede giudiziaria. Soccorre a quest’ultimo riguardo l’art. 5 comma 3 del d.lgs. n. 28/2010, che specifica quali sono le uniche attività che il giudice può compiere nelle more dello svolgimento della mediazione, ossia la concessione dei provvedimenti urgenti e cautelari (a ciò si aggiunge per la parte la possibilità di trascrivere comunque, nei giudizi che lo prevedano, la domanda giudiziale). Restano pertanto esclusi tutti i provvedimenti che sono privi di tale carattere e che, per loro natura, attengono alla prosecuzione del procedimento giudiziale”. La norma in questione, quindi, “non può che essere di stretta interpretazione, posto che essa introduce una parziale attenuazione del regime di improcedibilità, giustificata da esigenze di celerità processuale”.

Il principio di diritto

Come affermato del resto in altre occasioni dalla giurisprudenza di legittimità, “il procedimento di mediazione obbligatoria si pone per dir così ‘a monte’ dell’inizio del processo, tanto che, ove la stessa non sia esperita nei casi previsti obbligatoriamente dalla legge, il processo neppure può avere inizio e la domanda giudiziale non è procedibile” (cfr. Cass. n. 34814/2022).

La Corte d’Appello ha dunque errato nel caso in esame, poiché “era assolutamente preclusa al giudice la possibilità di concedere, contestualmente al termine per l’avvio della procedura di mediazione obbligatoria, anche i termini per il deposito delle memorie istruttorie e dunque di proseguire oltre nella trattazione della causa in assenza del previo accertamento della verifica della condizione di procedibilità dell’azione”. Né può parlarsi, concludono dalla Corte, “di rinuncia implicita ad una eccezione (quella del mancato spletamento della mediazione obbligatoria) che, una volta proposta e accolta dal giudice, vincola questi al rispetto delle prescrizioni poste dal d.lgs. n. 28/2010 ed appare quindi sottratta alla disponibilità sostanziale e processuale della parte”. Da qui l’accoglimento del ricorso e la cassazione della decisione impugnata con l’affermazione del seguente principio di diritto: “L’art. 5 comma 3 del d.lgs. n. 28/2010, secondo il quale lo svolgimento della mediazione non preclude in ogni caso la concessione dei provvedimenti cautelari e urgenti, vieta al giudice il prosieguo del giudizio in pendenza dei termini concessi per l’espletamento della procedura di mediazione, fino all’udienza di verifica dell’avveramento della condizione di procedibilità”.

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Ultimo aggiornamento Mercoledì, Agosto 02 2023
  
31
Luglio
2023

Improcedibile la domanda se la comunicazione della domanda di mediazione viene inviata al legale costituito in giudizio e non alla parte personalmente;

Tribunale di Torre Annunziata, sez. I, 21.02.2023, sentenza n. 529, giudice relatore Cristina Longo;

SINTESI: In una causa avente ad oggetto l’impugnazione di testamenti e l’azione di riduzione per lesione di legittima, il giudice  ordinava di esperire il previo tentativo di mediazione della controversia, fissando per il prosieguo, in caso di fallimento della mediazione, nuova udienza di trattazione ex art. 183 c.p.c.. Veniva esperito il tentativo di mediazione, dal quale si evinceva che, alla presenza degli istanti, il mediatore accertava la regolarità delle comunicazioni trasmesse alle parti invitate, che non comparivano. La mediazione si concludeva con esito negativo per l'assenza delle parti invitate.
l'Avv. per parte convenuta, riportandosi ai propri scritti difensivi, eccepiva in via preliminare l’improcedibilità del giudizio per nullità del procedimento di mediazione delegata, precisando che "il d.lgs. n.28/2010 ci riferisce, inesorabilmente, della necessità di comunicare direttamente alla parte l'invito alla mediazione e giammai al procuratore costituito in giudizio, senza distinzione tra mediazione ante causam o in corso di causa. Il richiamato decreto, infatti, non prevede in alcun suo punto la possibilità di notificare la domanda al procuratore costituito, essendo necessario che l'atto sia portato a conoscenza della parte (ex multis, ed in ultimo, sentenza Trib. Siena, 5 maggio 2020, n.744; sentenza Trib. Palermo 5 settembre 2019, n.3903; sentenza Trib. Rimini 28 febbraio 2017). Nel caso di specie, in effetti, l’Avv. non era più difensore del convenuto e si era per di più cancellato dall’albo.
Il Tribunale, richiamando Tribunale Velletri sez. II, 12/12/2019, n. 2302, rilevava che la natura della mediazione di per sé richiede che all'incontro con il mediatore siano presenti le parti di persona; difatti, l'istituto mira a riattivare la comunicazione tra i litiganti al fine di renderli in grado di verificare la possibilità di una soluzione concordata del conflitto; questo implica necessariamente che sia possibile una interazione immediata tra le parti di fronte al mediatore. La mediazione è un "procedimento deformalizzato" che si svolge davanti al mediatore, in cui la miglior garanzia di riuscita è costituita innanzitutto dalla stessa professionalizzazione della figura del mediatore, e dall'offerta alle parti di un momento di incontro, perché possano liberamente discutere prima che le rispettive posizioni risultino irrigidite dalle posizioni processuali assunte e dalle linee difensive adottate. Il successo dell'attività di mediazione è riposto nel contatto diretto tra le parti e il mediatore professionale il quale può, grazie all' interlocuzione diretta ed informale con esse, aiutarle a ricostruire i loro rapporti pregressi, ed aiutarle a trovare una soluzione che, al di là delle soluzioni in diritto della eventuale controversia, consenta loro di evitare l'acuirsi della conflittualità e definire amichevolmente una vicenda potenzialmente oppositiva con reciproca soddisfazione, favorendo al contempo la prosecuzione dei rapporti commerciali. Il legislatore ha previsto e voluto la comparizione personale delle parti dinanzi al mediatore, perché solo nel dialogo informale e diretto tra parti e mediatore, conta che si possa trovare quella composizione degli opposti interessi satisfattiva al punto da evitare la controversia ed essere più vantaggiosa per entrambe le parti" (Cass. n. 8473 del 7.3.2019). L'art. 8 D.Lgs. 28/2010, in relazione alle modalità secondo le quali l'altra parte, ossia la parte "chiamata" od "invitata", deve essere convocata in mediazione, prevede testualmente, al comma 1, che "La domanda e la data del primo incontro sono comunicate all'altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante". Pertanto, in base alla richiamata previsione ciò che rileva ai fini della regolare convocazione della parte alla procedura di mediazione è la effettiva conoscenza che la stessa abbia avuto del procedimento.
Nonostante sia prassi in molti organismi di mediazione, sia per esigenze di celerità che di economia, inviare l'istanza solo all'indirizzo di posta elettronica certificata del difensore, la giurisprudenza ha avuto modo di pronunciarsi sul tema della comunicazione dell'istanza di mediazione quando è delegata o è pendente un giudizio, evidenziando che la notifica al procuratore costituito non è circostanza prevista dal D.Lgs. 28/2010. L'istanza di avvio della mediazione deve essere portata a conoscenza della controparte personalmente, a cura dell'istante o della segreteria dell'organismo di mediazione. Non è invece possibile inviare la stessa al solo procuratore costituito in giudizio, come avviene, al contrario, per la notifica degli atti processuali. In un caso del genere, quindi, la procedura di mediazione non può considerarsi utilmente avviata e il giudizio deve essere dichiarato improcedibile. In tal senso Tribunale di Palermo, sentenza n. 3903 del 5 settembre 2019 e Tribunale di Cremona con sentenza del 1.7.2021.
Considerata la novità della questione che ha determinato l'esito del giudizio, il tribunale ha ritenuto sussistenti i presupposti, di cui all'art. 92 comma 2 c.p.c., per l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.

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Ultimo aggiornamento Lunedì, Luglio 31 2023
  
28
Luglio
2023

Domanda mediazione: diligenza minima della parte istante;

Per la Corte d’Appello di Palermo, la parte istante, secondo un criterio di diligenza minima, deve avvalersi della facoltà di invio della comunicazione della domanda di mediazione per evitare le lungaggini della procedura;

Comunicazione domanda mediazione

Atteso che la comunicazione della domanda di mediazione obbligatoria alla controparte può avvenire “anche a cura della parte istante”, quest’ultima “potrà e dovrà”, secondo un criterio di diligenza minima, avvalersi di questa facoltà al fine di prevenire gli effetti pregiudizievoli delle lungaggini connesse alla procedura. Così la Corte d’Appello di Palermo nella sentenza n. 1109/2023 del 07/06/2023.

La vicenda

La vicenda ha ad oggetto una lite tra alcuni condomini e il proprio condominio per ottenere l’annullamento o la declaratoria di nullità delle deliberazioni con cui l’assemblea condominiale aveva approvato il rendiconto per due anni e, in particolare la ripartizione delle spese ordinarie dell’impianto idrico secondo la tabella del regolamento condominiale che tuttavia limitava la ripartizione secondo i millesimi alle sole spese di manutenzione straordinaria dell’autoclave.

Sulla questione relativa al tipo di invalidità che inficia le delibere di assemblea condominiale, il giudice del gravame, nel decidere, si riporta a quanto affermato in materia dalla Cassazione.

Nella fattispecie in esame, scrive infatti la Corte d’Appello, “stando al tenore letterale delle deliberazioni, l’assemblea dei condomini non avrebbe inteso modificare per il futuro il criterio di ripartizione previsto dal regolamento condominiale, ma non si sarebbe attenuta a quel criterio. Alla luce dell’insegnamento della Suprema Corte (cfr. Cass. SS.UU. n. 4806/2005 e Cass. n. 9839/2021), le delibere in questione non potevano considerarsi inficiate da nullità e avrebbero dovuto essere impugnate entro il termine di decadenza di trenta giorni previsto dall’art. 1137 c.c.”.

Gli appellanti deducono, quindi, di aver agito tempestivamente, avendo proposto istanza di mediazione nel rispetto del termine di 30 giorni e si dolgono del fatto che “il ritardo nella comunicazione dell’avvio del procedimento alla controparte, a cura del mediatore, non può riverberarsi in loro danno”. Sostengono che una siffatta conclusione, “ove, in ipotesi, aderente alla legge, renderebbe quest’ultima non conforme alla Costituzione”.

Diligenza minima in mediazione

La corte d’appello richiama a questo punto l’art. 5, comma 6, del D.Lgs. n. 28/2010 il quale prevede che “dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale” e che “dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta”.

Il tenore letterale della disposizione, per il giudicante, “è inequivoco e vale di per sé a confutare la tesi interpretativa degli appellanti”. Né la disciplina normativa” può dirsi irrazionale e perciò contraria ai principi della Costituzione”.

“Ai sensi dell’art. 5, co. 6, del D.Lgs 28/2010, vigente ratione temporis (vds. oggi l’art. 8), infatti – prosegue la Corte – la comunicazione della domanda di mediazione alla controparte può avvenire ‘anche a cura della parte istante’, che potrà (e dovrà, secondo un criterio di diligenza minima) avvalersi di tale facoltà proprio al fine di prevenire gli effetti pregiudizievoli delle eventuali lungaggini della procedura di mediazione”.

Da qui il rigetto dell’appello.

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Ultimo aggiornamento Venerdì, Luglio 28 2023
  

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