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OMCI - Organismo di Mediazione

Omci - Organismo di Mediazione e Conciliazione Italia

31
Maggio
2023

Come cambia, con la riforma Cartabia, il primo incontro di mediazione dal 30 giugno 2023: da incontro preliminare ed informativo a primo passo verso l’accordo;

Gli obiettivi della riforma Cartabia in materia di mediazione e le modalità di perseguimento.
La riforma Cartabia ha apportato modifiche anche al D. Lgs. 28/2010, con l’obiettivo di ampliare il campo di applicazione della procedura di mediazione, rendendola una concreta alternativa al procedimento giudiziario.
Tale obiettivo è perseguito con più modalità:

  • per un verso, il legislatore adopera un approccio coercitivo, ampliando il numero delle materie per le quali la mediazione è condizione necessaria di procedibilità ed inasprendo le conseguenze della mancata partecipazione, con l’introduzione di sanzioni;

  • per altro verso, con approccio inclusivo e collaborativo, porta alla luce la centralità delle parti nella mediazione e, soprattutto, nella buona mediazione, modificando le modalità di svolgimento della procedura, a partire dal primo incontro.

Le modifiche all’art. 8 del D. Lgs. 28/2010.
Sotto tale aspetto, rilevanti sono le novità che la riforma Cartabia ha introdotto apportando sostanziali modifiche all’art. 8 del D. Lgs. 28/2010.
1° Comma – Domanda di mediazione e primi adempimenti dell’organismo
Dal 30 giugno 2023 il termine per il primo incontro non sarà più di 30 giorni ma compreso tra i 20 ed i 40 giorni dal deposito della domandal’ampliamento della tempistica vuole favorire l’adeguata preparazione del primo incontro.
Sono stati inoltre meglio precisati gli oneri di comunicazione a carico dell’organismo successivi alla ricezione della domanda di mediazione, così da fornire immediatamente alle parti tutte le informazioni utili per il più efficace avvio della procedura.
2° Comma – Sostituisce art. 5 c. 6 – Effetti della domanda sulla prescrizione
Il contenuto dell’art. 5, comma 6, soppresso dalla riforma, viene riportato nel nuovo comma 2 dell’art. 8, dando così maggior completezza alla norma. Anche in tale ricollocazione, gli effetti sono invariati: la comunicazione della domanda di mediazione alla controparte continua a produrre sulla prescrizione gli stessi effetti della domanda giudiziale e impedisce, per una sola volta, la decadenza.
E’, però, stata introdotta la possibilità, per la parte che ne abbia interesse, di comunicare all’altra parte la domanda di mediazione già presentata, al fine di interrompere la prescrizione o impedire la decadenza, fermo restando l’obbligo dell’Organismo di procedere alla convocazione di cui al comma 1.
Questa è una delle nuove previsioni che pongono la parte al centro del procedimento di mediazione: l’istante non deve temere eventuali lentezze procedurali dell’Organismo ma può rendersi parte attiva per la tutela dei propri interessi, in un’ottica di incentivazione all’utilizzo della procedura.
3° Comma – Ripropone art. 8 c. 2 - Svolgimento del procedimento – Invariato
Nella nuova formulazione della norma, il comma 3 sostituisce il precedente comma 2 e prevede che il procedimento si svolga senza formalità presso la sede dell’Organismo o nei luoghi indicati dal regolamento.
La riforma Cartabia ha poi introdotto i successivi commi 4, 5 e 6, oltre all’art. 8 bis che dettagliano la previsione generale del comma 3.
4° e 5° Comma – Partecipazione personale – Delega alla conciliazione – Assistenza legale.
Il comma 4, ribadito il principio generale per cui le parti sono tenute a partecipare personalmente alla procedura di mediazione, introduce la possibilità, per giustificati motivi, di delegare un rappresentante, purché informato sui fatti e munito dei poteri per conciliare la lite.
Ancora una volta, il legislatore ha voluto ampliare gli strumenti partecipativi a disposizione delle parti. Con lo strumento della delega si avvicina alla mediazione chi, altrimenti, sarebbe impossibilitato a partecipare e, quindi, scoraggiato rispetto alla fruibilità del procedimento; inoltre, nel caso di impedimenti temporanei, concomitanti con gli incontri, la delega consente di procedere ugualmente, evitando così il rischio di far fallire la mediazione o di prolungarne eccessivamente la durata.
L’espressa previsione della possibilità di partecipare mediante un delegato ha reso necessario stabilire in modo chiaro che il mediatore deve verificare la sussistenza dei poteri rappresentativi delle persone comparse davanti a lui e darne atto a verbale.
Il comma 5, al fine di riordinare e razionalizzare le disposizioni in tema di procedimento di mediazione, ricolloca nell’art. 8 il principio secondo cui, nei casi di mediazione obbligatoria per legge, ossia nelle ipotesi di cui all’articolo 5, comma 1 e quando la mediazione sia demandata dal giudice, ciascuna parte deve essere assistita dal proprio avvocato.
6° Comma – Funzione di facilitare del mediatore e dovere di lealtà e cooperazione delle parti e degli avvocati.
Il comma 6 del D. Lgs. 28/2010 è un’unione tra vecchia e nuova formulazione della norma che ben evidenzia la ratiodella riforma.
Esso ripropone infatti il contenuto del passato comma 3, richiamando il dovere preliminare del mediatore di informare le parti sulle modalità di svolgimento della mediazione e la necessità che egli si adoperi affinché le parti raggiungano un accordo.
La nuova norma, a fianco dei doveri del mediatore, introduce altresì i doveri delle parti, sancendo che le stesse, e gli avvocati che le assistono cooperino in buona fede e lealmente affinché si realizzi un effettivo confrontosulle questioni oggetto di mediazione.
Resta l’obbligo, in capo al mediatore, di redigere verbale del primo incontro, facendolo sottoscrivere alle parti.
Il comma 6 pone l’accento sulla centralità della parte e sull’importanza del primo incontro, non più finalizzato a una mera informativa sulla procedura, ma alla concreta collaborazione di tutti i soggetti coinvolti - parti, avvocati e mediatore – per la ricerca di una composizione della lite; in tale ottica, sono altresì potenziati gli oneri di verifica delle condizioni da parte del mediatore e le conseguenze della mancata partecipazione.
7° Comma – Periti – Possibile accordo sulla producibilità della perizia
Nel nuovo comma 7 è stato riproposto il contenuto del precedente comma 4, che prescrive la possibilità, per il mediatore, di avvalersi di esperti, i cui compensi sono stabiliti nel regolamento di procedura dell’organismo.
E’ invece stata introdotta la nuova previsione per cui le parti, al momento della eventuale nomina dell’esperto, possono accordarsi per stabilire che la relazione da questi redatta potrà essere prodotta nell’eventuale processo davanti al giudice. 
L’accordo di produrre la relazione nell’eventuale giudizio deroga ai limiti di utilizzabilità del documento formato nella procedura di mediazione, derivanti dal dovere di riservatezza sancito dall’articolo 9. In caso di produzione, si è previsto che tale documento venga valutato ai sensi dell’articolo 116, primo comma, del codice di procedura civile.
Tale disposizione, in armonia con le generali finalità della delega in materia di mediazione, concorre ad incentivare le parti ad avvalersi di tale procedura, proprio in quanto consente, se non si raggiunge l’accordo di conciliazione, di avvalersi proprio delle attività tecniche espletate durante la procedura stragiudiziale.                                                                                                                                    Conclusioni
La riforma Cartabia si è posto l’obiettivo di aumentare l’utilizzo della procedura di mediazione. In alcune previsioni tale fine viene perseguito con modalità coercitive e punitive, ma l’art. 8, nella sua nuova formulazione, pone l’accento sulla centralità delle parti, responsabilizzandole: esse non sono più meri spettatori o soggetti passivi di una procedura diretta dal mediatore, bensì le reali fautrici del procedimento e, coadiuvate dal mediatore, possono essere artefici di un accordo.PS: Con la riforma cartabia inoltre le mediazione dovranno farle tutti, infatti la normativa dice chiaramente che il Responsabile dell'organismo, le deve far girare, (Tranne se vi è un solo Mediatore in quella zona), altrimenti devono essere date a tutti mediatori, Pena Ispezione assicurata dall'ispettorato del Ministero della Giustizia, che convocherà il Mediatore, per non aver rispettato quanto detto dal Responsabile dell'organismo. Infatti, come detto svariate volte, il Mediatore non è un  lIbero Professionista che fa ciò che vuole, ma è gerarchicamente sottoposto al Responsabile dell'organismo e ovviamente alle leggi. Inoltre se vi sono illeciti da Parte del Mediatore, sarà nostra cura Fare in modo di risolvere il tutto, se la colpa invece è delle Parti, bè, Ve la siete Cercata (anche xchè sono proprio le parti i soggetti diretti alla mediazione), se invece è il Vostro avvocato che vi ha consigliato male guardate che avete la possibilità di Recedere dal contratto e chiedere un vasto risarcimento danni, che farà il Vostro nuovo avvocato prescelto.

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Ultimo aggiornamento Venerdì, Giugno 02 2023
  
28
Maggio
2023

Riforma Cartabia: le nuove sanzioni previste per la mancata partecipazione;

La Riforma Cartabia prevede sanzioni più severe in caso di mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione. Di seguito conseguenze per chi non partecipa alla mediazione;

La Riforma Cartabia (d.lgs. 149/2022) ha introdotto molte novità nella disciplina della mediazione ed una di queste riguarda la previsione di sanzioni più severe nei confronti della parte che, senza giustificato motivo, non partecipi al primo incontro di mediazione. Le nuove norme riguardo a questo tema sono entrate in vigore il 28 febbraio 2023 e sono racchiuse nel nuovo art. 12-bis del d.lgs. 28/2010. La possibilità per il giudice di desumere argomenti di prova sfavorevoli; Il primo comma della citata disposizione prevede, sulla falsariga della precedente disciplina, che dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al primo incontro di mediazione il giudice possa desumere argomenti di prova nel successivo giudizio, ai sensi dell’art. 116 c.p.c., comma secondo. Per comprendere al meglio la portata di tale norma, è necessario ricordare che il procedimento di mediazione è uno strumento di risoluzione alternativa delle controversie, che si pone, nell’architettura del nostro ordinamento, come alternativa al giudizio civile. Tale sanzione, quindi, mette in risalto il valore praticamente equivalente della mediazione rispetto al giudizio civile, evidenziando che la scelta di non partecipare alla mediazione non può rimanere senza conseguenze nel merito del successivo giudizio davanti al giudice. Quest’ultimo, infatti, nel prendere una decisione sulla controversia, ha facoltà di considerare la mancata partecipazione alla mediazione come un elemento di prova, cioè un indizio, sfavorevole alla parte che ha tenuto tale condotta.

Riforma Cartabia e mediazione: raddoppiata la sanzione per chi non partecipa

Altra conseguenza sfavorevole derivante dalla mancata partecipazione al primo incontro di mediazione senza giustificato motivo è la condanna al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al doppio del contributo unificato per il giudizio. Si tratta di un inasprimento della sanzione rispetto alla precedente disciplina, che prevedeva il pagamento di un importo corrispondente al contributo unificato: la pena è quindi raddoppiata. Questa sanzione si applica soltanto nelle ipotesi di mediazione obbligatoria, cioè in quei casi in cui l’esperimento della mediazione è considerato come condizione di procedibilità per il giudizio: si tratta, in sostanza, dei casi tassativamente previsti dal d.lgs. 28/2010 e cioè dei giudizi in materia di: condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, associazione in partecipazione, consorzio, franchising, opera, rete, Società di Persone, e Subfornitura. Il legislatore ha ritenuto di rendere obbligatoria la mediazione in tali materie in un’ottica deflattiva del carico di lavoro dei Tribunali. È evidente che la mancata partecipazione al primo incontro senza giustificato motivo mortifica il tentativo di raggiungere tale obiettivo, ed è in ciò che trova ragione la previsione della sanzione appena descritta. È appena il caso di ricordare che il procedimento di mediazione è attivabile presso uno qualsiasi degli Organismi di mediazione autorizzati dal Ministero della Giustizia, come OMCI.

Mancata partecipazione alla mediazione: le sanzioni della riforma Cartabia

La Riforma Cartabia ha inoltre introdotto un’ulteriore sanzione a carico di chi non partecipa senza giustificato motivo alla mediazione obbligatoria.Infatti, con il provvedimento che definisce il giudizio, il giudice, se richiesto dall’avvocato della parte vittoriosa, può condannare la parte soccombente, che non abbia partecipato alla mediazione, al pagamento in favore della controparte di una somma equitativamente determinata, in una misura che non ecceda nel massimo le spese del giudizio maturate dopo la conclusione del procedimento di mediazione. Infine, il quarto comma del nuovo art. 12-bis del d.lgs. 28/2010 prevede una particolare sanzione a carico delle amministrazioni pubbliche che non abbiano preso parte, senza giustificato motivo, al primo incontro di mediazione. In tal caso, infatti, una copia del provvedimento con cui l’ente viene condannato al pagamento del doppio del contributo unificato viene trasmessa dal giudice al pubblico ministero presso la sezione giurisdizionale della Corte dei Conti. Se, inoltre, il destinatario del provvedimento è un ente sottoposto alla vigilanza da parte di un’Autorità di vigilanza del settore, una copia del suddetto provvedimento verrà inviata anche a quest’ultima.

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Ultimo aggiornamento Domenica, Maggio 28 2023
  
26
Maggio
2023

Estratti conto: la banca ha l'obbligo di consegnarli dall'inizio del rapporto;

SINTESI: Il tribunale di Napoli ha stabilito con sentenza del 26 Aprile 2023, che il limite decennale previsto dall'art. 119 IV comma TUB non può trovare applicazione per gli estratti conto e i riassunti scalari ma solo per la documentazione relativa a singole operazioni.

Diritto alla consegna dei documenti bancari

L'art. 119 TUB stabilisce che il cliente ha diritto a ricevere dalla banca alla scadenza del contratto e comunque almeno una volta all'anno una comunicazione chiara in merito allo svolgimento del rapporto, in forma scritta o mediante altro supporto durevole preventivamente accettato. Per i rapporti regolati in conto corrente tali comunicazioni si identificano con gli estratti conto e i riassunti scalari che la Banca invia con periodicità annuale o, a scelta del cliente, con periodicità semestrale, trimestrale o mensile. Il IV comma della disposizione in esame stabilisce che il cliente, colui che gli succede a qualunque titolo e colui che subentra nell'amministrazione dei suoi beni hanno diritto di ottenere, a proprie spese, entro un congruo termine e comunque non oltre novanta giorni, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni. Al cliente possono essere addebitati solo i costi di produzione di tale documentazione. Sulla banca incombe, altresì, l'obbligo di consegnare al cliente il contratto in base all'art. 117 TUB. Tale norma, dopo aver previsto a pena di nullità che i contratti siano redatti per iscritto, ne impone la consegna di un esemplare ai clienti, i quali hanno diritto a riceverne copia, sia al momento della sottoscrizione, che successivamente, laddove, come può accadere, abbiano smarrito il documento o non lo abbiano ricevuto e ne facciano richiesta di consegna. Come confermato dalla consolidata giurisprudenza di legittimità, l'obbligo di consegna dei contratti scaturisce anche dall'obbligo di buona fede, correttezza e solidarietà, che è accessorio di ogni prestazione dedotta in negozio e comporta esso stesso una prestazione cui ognuna delle parti è tenuta, in quanto imposta direttamente dalla legge (art. 1374 c.c.).

Ambito di applicazione del limite decennale

Nella sentenza in esame del 26 aprile 2023, il Tribunale di Napoli non ha condiviso l'orientamento espresso dalla Corte di cassazione (si veda Cass. 29.11.2022, n. 35039) e ha precisato che la Banca è obbligata a consegnare al cliente che ne fa richiesta, tutti gli estratti conto e i riassunti scalari dall'inizio del rapporto e non solo quelli relativi all'ultimo decennio. Secondo il Tribunale di Napoli, il limite decennale stabilito dall'art. 119 TUB non riguarda gli estratti conto e i riassunti scalari bensì solo la documentazione relativa a singole operazioni (cioè le copie dei bonifici, degli assegni e dei prelievi allo sportello o dei versamenti). Infatti, l'obbligo di rendicontazione periodica che è una specificazione dell'obbligo di trasparenza, è adempiuto attraverso la consegna degli estratti conto e dei riassunti scalari, ove è riportato il riepilogo delle voci che consentono di controllare l'andamento del rapporto. Ritenere che la banca sia tenuta a conservare e, quindi, a consegnare gli estratti conto e i riassunti scalari solo per gli ultimi dieci anni, significherebbe privare il cliente del diritto all'informazione e alla trasparenza.

Diritto agli estratti conto e sanzione alla banca per ogni giorno di ritardo

Pertanto, il correntista ha il diritto di chiedere e ottenere dalla Banca gli estratti conto e i riassunti scalari senza limiti di tempo, relativi all'intera durata del rapporto e può esercitare tale diritto inviando apposita istanza ai sensi dell'art. 119 IV comma TUB e, in mancanza di riscontro, proponendo ricorso per decreto ingiuntivo. La sentenza in esame, inoltre, applica la misura coercitiva indiretta prevista dall'art. 614 bis c.p.c. e, come richiesto dalla parte che ha ottenuto un'ordinanza ex art. 186 quater c.p.c., condanna la Banca che non l'ha eseguita, al pagamento di una somma di denaro per ogni giorno di ritardo.

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Ultimo aggiornamento Venerdì, Maggio 26 2023
  
24
Maggio
2023

Sospeso l’avvocato con la sede dell’organismo di mediazione nei locali del suo studio legale;

sede organismo mediazione e studio legale

“Costituisce illecito disciplinare il comportamento dell’avvocato che instauri procedure conciliative ex D.Lgs. n. 28/2010 dinanzi all’Organismo di mediazione di cui egli stesso faccia parte, tanto più nel caso in cui la sede dell’Organismo stesso coincida o sia contigua con quella del proprio studio professionale in violazione dell’art. 62 cdf, che è sufficiente a far dubitare dell’imparzialità ed indipendenza dell’avvocato-mediatore ed integra una indubbia situazione di potenziale accaparramento e/o sviamento di clientela”. Questo il principio sancito dal Consiglio Nazionale Forense, nella sentenza n. 265/2022, pubblicata sul sito del Codice deontologico il 18 maggio 2023.

La vicenda

Nella vicenda, l’avvocato aveva instaurato una procedura di mediazione innanzi all’organismo dallo stesso presieduto ed avente sede presso il medesimo indirizzo del proprio studio legale. La questione finiva innanzi al Consiglio distrettuale di disciplina il quale ritenuta provata la violazione dell’art. 55 bis del precedente codice deontologico (art. 62 codice attuale) irrogava all’avvocato incolpato la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale per due mesi. Il legale, a sua “discolpa”, respingeva ogni accusa e precisava che la sede dell’Organismo e quella dello studio legale si trovavano sì nel medesimo appartamento ma non nel medesimo studio, avendo i due uffici ingressi e locali diversi e condividendo meramente il portoncino d’ingresso. Per il CDD, tuttavia, tale separazione di ambienti all’interno del medesimo appartamento non valeva ad escludere l’integrazione della fattispecie sanzionata dal codice deontologico.

Il ricorso

L’avvocato adiva, quindi, il CNF insistendo sull’insussistenza dell’addebito contestato in quanto, a suo dire, “il condividere un locale d’ingresso di accesso a tre autonomi, separati minialloggi non costituiva fattore in grado di ipotizzare commistione di interessi o una situazione di ambiguità”; aggiungeva che “tali immobili erano dotati di autonomi servizi igienici, distinti apparati citofonici, distinte forniture di energia elettrica ed idrica, distinte cassette per la corrispondenza, diverso arredamento e diverse attrezzature ed apparecchiature e che il personale di segreteria era diverso e diversi i recapiti telefonici e di posta informatica”. Non solo. Tra le altre cose, lamentava una eccessività nella sanzione in considerazione della circostanza che i fatti contestati si riferivano al 2012, quindi sotto il dettato della vecchia legge, quando l’art. 55-bis era stato appena introdotto; per cui sarebbe risultata più appropriata la sanzione dell’avvertimento.

Imparzialità avvocato-mediatore: la decisione

Risultando pacifici i fatti e alquanto approfondito e motivato l’esame da parte del CDD, il CNF afferma preliminarmente che “il disvalore ascritto alla coincidenza ovvero contiguità tra sede dell’organismo di mediazione e sede dello studio legale deriva dalla necessità di evitare anche la mera apparenza di una commistione di interessi, di per sé sufficiente a far dubitare dell’imparzialità dell’avvocato-mediatore”. E sebbene la circostanza sia emersa, relativamente a un procedimento mediatorio, sottolinea il Consiglio come “il valore protetto dalla norma abbia rilievo generale e indipendente rispetto allo svolgimento di singoli procedimenti e debba dunque essere tutelato a prescindere dalla circostanza che la commistione di interessi emerga in relazione a un procedimento individuato”. In sostanza, prosegue il CNF, “anche soltanto la contiguità può costituire un fattore, agli occhi dei terzi, di una ipotetica commistione di interessi sufficiente a far dubitare dell’imparzialità ed indipendenza dell’avvocato-mediatore”. E il divieto di coincidenza/contiguità “non opera soltanto nei confronti dei soggetti in mediazione, ma anche e soprattutto a tutela dell’immagine dell’Avvocatura e dell’istituto della mediazione ed è posto proprio affinché i cittadini possano ad essa affidarsi in totale fiducia e trasparenza. La sovrapposizione tra studio legale e organismo di mediazione, come sostiene il CDD, finirebbe in effetti “per integrare una indubbia situazione di potenziale accaparramento e/o sviamento di clientela: l’avvocato ospitante od ospitato si troverebbe a godere di una rendita di posizione volta ad acquisire come potenziali clienti coloro che volessero sperimentare la mediazione o coloro che avessero frequentato l’organismo con esito negativo sul piano della conciliazione”. Per cui, la asserita separazione interna dei locali non vale, in conclusione, ad escludere l’illecito disciplinare, trattandosi di “tutelare una condizione astratta di indipendenza ed imparzialità – e – di garantire, anche visivamente una divisione tra l’attività di difesa e quella di mediazione”. Niente da fare neanche per quanto riguarda la lamentata eccessività della sanzione che il CNF, rigettando infine il ricorso, ritiene congrua al caso di specie.

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Ultimo aggiornamento Mercoledì, Maggio 24 2023
  
23
Maggio
2023

Usucapione innanzi al notaio non può essere trascritta: serve il mediatore;

Importante pronuncia del tribunale di Milano secondo cui l’usucapione fatto dinanzi al notaio anziché in mediazione non può essere trascritto;

Usucapione e mediazione

Non può essere trascritto il negozio di accertamento dell’usucapione fatto dinanzi al notaio anziché in mediazione senza l’intervento del mediatore. Questo quanto affermato dal tribunale di Milano, in un’importante ordinanza del 20.12.2022. Nella vicenda, le parti interessate e il notaio proponevano reclamo avverso il provvedimento di diniego del Conservatore dei Registri Immobiliari di trascrizione dell’atto portante “negozio di accertamento di avvenuto acquisto per usucapione ordinaria”, in quanto l’accertamento dell’usucapione doveva essere fatto con mediazione oppure con sentenza, assumendone l’illegittimità. Secondo i ricorrenti il legislatore aveva previsto la trascrivibilità del negozio di accertamento introducendo l’art. 2643 I comma c.c. n.12 bis recante “gli accordi di mediazione che accertano l’usucapione”, cosicché l’accordo conciliativo avrebbe avuto ad oggetto l’accertamento tra le parti dei presupposti su cui si fonda l’usucapione con effetti preclusivi rispetto ai fatti accertati, tra le stesse parti e i loro aventi causa.

Inoltre l’atto negoziale di accertamento avrebbe potuto essere trascritto anche al di fuori di procedura conciliativa, come ritenuto dalla giurisprudenza di merito.

A sostegno della trascrivibilità del negozio di accertamento, doveva tenersi conto altresì, a dire dei ricorrenti, della disciplina in materia di negoziazione assistita di cui all’art. 5 DL 132/14 comma 3 secondo cui se con l’accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti soggetti a trascrizione per procedere alla trascrizione dello stesso la sottoscrizione del processo verbale di accordo deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato.

La decisione

Il Collegio ritiene che il reclamo non sia fondato e vada respinto. “La disciplina di cui all’art. 2643 c.c. n.12 bis secondo cui sono soggetti a trascrizione gli accordi di mediazione che accertano l’usucapione con la sottoscrizione del processo verbale autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato – afferma preliminarmente il tribunale meneghino – costituisce eccezione al principio di cui all’art. 2651 c.c. secondo cui gli acquisti per usucapione possono essere trascritti solo se accertati giudizialmente”. Per cui, non è possibile “applicare estensivamente detta disciplina al di fuori della ipotesi per cui è stata introdotta e cioè gli accordi di mediazione trascritti giudizialmente, accordi il cui obiettivo è la deflazione del contenzioso”.  Come già osservato dai giudici di Milano, con riferimento a detta norma “l’atto ivi previsto quale soggetto a trascrizione non è parificabile ad un mero negozio di accertamento che intervenga tra le parti, trattandosi invece, di un atto che si perfeziona all’esito del processo di mediazione che, in materia di diritti reali, deve obbligatoriamente precedere ex art. D.Lgs 28/10 e successive modificazioni, la proposizione della domanda innanzi alla autorità giudiziaria”, inoltre “l’accordo del quale è prevista la trascrizione è dunque l’effetto non solo del mero incontro della volontà delle parti interessate, ma del procedimento svolto innanzi agli organismi di mediazione indicati dalla legge nel corso del quale le parti sono anche assistite dai propri consulenti legali”. Né, prosegue il tribunale, “è possibile trascrivere il negozio di accertamento dell’avvenuta usucapione, come chiedono i ricorrenti, posto che ai sensi dell’art. 2645 c.c. sono soggetti a trascrizione ‘ogni altro atto o provvedimento che produce in relazione a beni immobili o a diritti immobiliari taluno degli effetti dei contratti menzionati nell’art. 2643, salvo che dalla legge risulti che la trascrizione non è richiesta o è richiesta a effetti diversi’.

Il negozio di accertamento dell’acquisto della proprietà per usucapione, invero, “non produce alcuno degli effetti di cui all’art. 2643 c.c.” A nulla rileva, infine, osserva il tribunale, l’eventualità di un “accordo che accerti l’usucapione a favore di uno dei due coniugi nell’ambito della disciplina della negoziazione assistita, trattandosi di ipotesi che secondo la ricostruzione dei reclamanti è conseguenza dell’applicabilità dell’art. 2643 c.c. n.12 bis.”.

Il reclamo è quindi respinto.

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Ultimo aggiornamento Martedì, Maggio 23 2023
  
19
Maggio
2023

Nuovo codice degli appalti pubblici: esclusione automatica per le offerte anomale;

SINTESI:  l nuovo codice degli appalti pubblici individua i casi di applicabilità dell’esclusione automatica delle offerte anomale nell’aggiudicazione con il criterio del prezzo più basso dei contratti “sottosoglia”. In tali casi, le stazioni appaltanti indicano negli atti di gara il metodo per l’individuazione delle offerte anomale, scelto fra quelli descritti nell’ allegato II.2 (D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36).L’ articolo 54, del D.Lgs. n. 36/2023, cd. nuovo codice degli appalti pubblici, illustra le novità in materia di esclusione automatica delle offerte anomale. In particolare, il comma 1 consente l’esclusione automatica delle offerte anomale (in deroga alla disciplina di valutazione delle offerte recate dall’art. 110), nell’aggiudicazione con il criterio del prezzo più basso dei contratti “sottosoglia”, qualora ricorrano tutte le seguenti condizioni:

- l’esclusione è stata prevista negli atti di gara;

- i contratti riguardano l’appalto di lavori o servizi ma non di forniture;

- i contratti non presentano un interesse transfrontaliero certo;

- vi sono almeno cinque offerte ammesse.

Si tratta di una disposizione che riproduce, seppur con alcune rilevanti differenze, quella recata dall’ art. 97, comma 8, del precedente Codice degli appalti ( D.Lgs. n. 50/2016). La citata disposizione, infatti, a differenza di quanto previsto dalla nuova norma, si applica anche agli appalti di forniture e prevede che l'esclusione automatica non opera quando il numero delle offerte ammesse è inferiore a dieci. La relazione illustrativa ricorda che “la direttiva europea 2014/24/EU fornisce indicazioni chiare sulla gestione del rischio di anomalia delle offerte imponendo alle stazioni appaltanti di valutare questo rischio e fornendo agli operatori economici la possibilità di presentare i loro giustificativi. La direttiva, sulla base di pronunciamenti della Corte di Giustizia dell’Unione europea, vieta l’applicazione di qualsiasi forma di automatismo per l’automatica esclusione delle offerte che sulla base, ad esempio, di un algoritmo matematico, siano classificate come anomale.

Verifica facoltativa della congruità delle offerte

Si prevede che, in ogni caso, le stazioni appaltanti possono valutare la congruità di ogni altra offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa.

Riguardo a tale periodo, la relazione illustrativa che ha accompagnato l’approvazione del nuovo Codice degli appalti pubblici sottolinea che in esso “si recupera la norma contenuta nell’ art. 97, comma 6, del D.Lgs. n. 50/2016 in tema di ‘verifica facoltativa’ della congruità dell’offerta. Si ricorda, a questo proposito, che la giurisprudenza amministrativa ha riconosciuto che le stazioni appaltanti dispongono di una discrezionalità ampia con riguardo alla scelta di procedere, o no, alla verifica facoltativa, con la conseguenza che il ricorso all’istituto (come pure la mancata applicazione di esso) non necessita di una particolare motivazione né può essere sindacato se non nelle ipotesi, remote, di macroscopica irragionevolezza o di decisivo errore di fatto ( Cons. Stato, Sez. V, 29/1/2018, n. 604)”.

Metodo per individuare le offerte anomale

Il comma 2, dell’ articolo 54 del nuovo Codice degli appalti pubblici dispone che le stazioni appaltanti indicano negli atti di gara il metodo per l’individuazione delle offerte anomale, scelto fra quelli descritti nell’allegato II.2. La relazione illustrativa evidenzia che tale disposizione rappresenta “la parte più innovativa” dell’articolo in esame, finalizzata precipuamente a “ridurre in misura significativa i (…) rischi di manipolazione della soglia di anomalia”.

Sostituzione dell’allegato II.2

Il comma 3 dell’ art. 54 del nuovo Codice dei contratti pubblici prevede che l’ allegato II.2 è abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento ministeriale adottato (ai sensi dell’ art. 17, comma 3, L. n. 400/1988) con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previo parere dell’ANAC, che lo ostituisce integralmente anche in qualità di allegato al Codice.

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Ultimo aggiornamento Venerdì, Maggio 19 2023
  
17
Maggio
2023

Mediazione obbligatoria: soccombente paga anche le spese del tentativo;

La parte che vince in sede di giudizio ha diritto a essere rimborsata in relazione alle spese sostenute nella procedura di mediazione;

Spese di mediazione a carico della parte soccombente in giudizio

SINTESI: La parte che soccombe nel giudizio di merito può essere condannata a rimborsare alla parte che invece ha vinto la causa anche le spese che la stessa ha sostenuto per esperire la procedura di mediazione.   Le spese che il vincitore sostiene per la procedura di mediazione possono essere considerate infatti esborsi, in base a quanto previsto dall’art. 91 del codice di procedura civile. Lo ha chiarito, dando seguito alla giurisprudenza prevalente in materia, il Tribunale di Catanzaro nella sentenza n. 464 del 22.03.2023.

Esito negativo della mediazione in materia risarcitoria

Un privato conviene in giudizio una S.p.a. per chiedere la condanna al pagamento dei danni subiti a causa di un incendio che ha colpito l’immobile di sua proprietà. La S.p.a nel caso di specie è una compagnia si assicurazione con la quale il privato ha stipulato una polizza assicurativa sull’immobile e alla quale chiede quindi l’indennizzo, sulla base della stessa. Richiesta alla quale si sente rispondere negativamente, in quanto la compagnia rileva che, dalla documentazione contrattuale, non vi è coincidenza tra la via in cui l’immobile si trova e quella indicata nel contratto per un errore nella compilazione dei documenti contrattuali.  Contestazione a cui il privato risponde inviando le visure catastali da cui emerge il contrario, ossia che l’immobile danneggiato risulta correttamente assicurato. Avviata la procedura di mediazione la stessa si conclude negativamente. Il procedimento giudiziario quindi prosegue per concludersi con l’accoglimento della domanda risarcitoria e la condanna della compagnia al pagamento dei danni che vengono quantificati in € 73.107,55 e anche con la condanna al pagamento delle spese di mediazione documentate e sostenute dall’attore pari ad € 108,90.

Condanna al pagamento delle spese di mediazione

La condanna alle spese della procedura di mediazione sostenute dall’attore viene disposta in accoglimento della domanda attorea. Per opinione della prevalente giurisprudenza di merito, infatti, la liquidazione delle spese e dei costi del procedimento di mediazione deve avvenire, concluso il processo di merito, nel rispetto delle regole sancite dall’art. 91 e seguenti del codice di procedura civile. Nel prendere questa decisione il Tribunale richiama due sentenze di merito:

  • La prima, quella del Tribunale di Trieste datata 11.03.2021 ritiene che il collegamento tra processo civile e mediazione non sia solo di tipo cronologico e che l’attività del mediatore e del giudice debbano coordinarsi. Ne consegue che la parte soccombente in giudizio possa essere condannata anche a pagare le spese sostenute dal vincitore per la procedura di mediazione. La condotta del soccombente infatti non può non avere effetti anche sul giudizio successivo;
  • La seconda sentenza di merito emessa dal Tribunale di Verona il 15.101.2015 ha precisato invece ulteriormente che tra le spese da porre a carico della parte soccombente del giudizio di merito ci sono anche quelle sostenute per l’assistenza dell’avvocato in sede di mediazione obbligatoria, che si è svolta in pendenza del processo.

Cosa prevede l’art. 91 c.p.c.

La norma che viene richiamata nella sentenza e che viene posta dal Tribunale di Catanzaro a base della decisione è l’art. 91 del codice di procedura civile. La norma, dedicata alla condanna alle spese del giudizio, sancisce in sostanza che il giudice, quando emette la sentenza che chiude il giudizio, condanna la parte soccombente a rimborsare le spese alla controparte, liquidandone l’importo contestualmente agli onorari di difesa. In questo modo la norma afferma il principio per il quale il ricorso all’autorità giudiziaria non deve avere conseguenze negative per chi, proprio in sede di giudizio, ha ragione e risulta vincitore della controversia.

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Ultimo aggiornamento Mercoledì, Maggio 17 2023
  
14
Maggio
2023

Nella scelta tra negoziazione e mediazione prevale la seconda;

La mediazione prevale sulla negoziazione assistita quando le due procedure stragiudiziali sono condizioni di procedibilità;

SINTESI: Il Tribunale di Roma, richiamando normativa e giurisprudenza a supporto, nella sentenza n. 932 del 20 Marzo 2023 precisa che se una controversia è soggetta alla condizione di procedibilità della mediazione così come della negoziazione assistita, tra le due a prevalere è la mediazione.

Improcedibilità per mancato esperimento della negoziazione assistita:

In una controversia insorta per chiedere la convalida di uno sfratto per finita locazione di un immobile ad uso non abitativo, il convenuto, nell’opporsi, eccepisce anche l’improcedibilità del giudizio per il mancato esperimento della negoziazione assistita.

La mediazione prevale sulla negoziazione assistita

Eccezione che il Tribunale di Roma respinge ritenendola infondata. Nel motivare la sua decisione l’Autorità giudicante richiama la legge n. 162 del 2014, che si occupa proprio della negoziazione assistita come metodo alternativo di risoluzione delle controversie. Detta legge dispone in particolare che, quando la mediazione e la negoziazione assistita sono previste come condizioni di procedibilità della domanda in sede di giudizio, a prevalere tra le due è la mediazione.

Chi agisce in giudizio deve quindi attivarsi per esperire solo la mediazione civile e commerciale. Scelta che fa perdere alla negoziazione assistita il suo carattere di obbligatorietà.

La mediazione prevale per la presenza del mediatore

Il principio sancito dal Tribunale capitolino però non è voce unica, esso è stato sancito anche da altre autorità giudiziarie di merito come la Corte di Appello di Napoli nella pronuncia del 2 giugno 2018, il tribunale di Torre Annunziata il 23 marzo 2018 e prima di loro il Tribunale di Verona il 23 dicembre 2015.

Conclusioni a cui è giunto inoltre sempre il Tribunale di Roma nell’ordinanza del 12 aprile 2021, in relazione ad una vicenda avente ad oggetto il risarcimento del danno da circolazione stradale.

In questo caso il giudice, attraverso l’interpretazione del decreto legislativo n. 28/2010 sulla mediazione e del decreto legge n. 132/2014 (convertito dall legge n. 162/2014), che regolamenta la negoziazione assistita, giunge alla conclusione per cui la mediazione prevale sulla negoziazione. La ragione risiede nel ruolo ricoperto dal mediatore soggetto terzo e neutrale rispetto all’avvocato che assiste le parti nell’ambito della procedura di negoziazione assistita. Nella mediazione in effetti il mediatore svolge un ruolo di estrema importanza perché non assiste solo le parti, ma tenta, una volta individuati gli interessi in conflitto, di trovare un punto di incontro. Tale peculiarità della mediazione rispetto alla negoziazione è stata messa in evidenza, ricorda il tribunale, perfino dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 97/2019.

Questa pronuncia del Giudice delle leggi precisa infatti che: “nella mediazione il compito fondamentale al fine del suo esito positivo di assistenza alle parti nella individuazione degli interessi in conflitto e nella ricerca di un punto dincontro è svolto da un terzo indipendente e imparziale, nella negoziazione lanalogo ruolo è svolto dai loro stessi difensori: è conseguentemente palese come, pur versandosi in entrambi i casi in ipotesi di condizioni di procedibilità con finalità deflattive, gli istituti processuali in esame siano caratterizzati da una evidente disomogeneità (….) Il mediatore, infatti, ai sensi dellart. 14 del d.lgs. n. 28 del 2010, da un lato, non può -assumere diritti od obblighi connessi […] con gli affari trattati […]- né percepire compensi direttamente dalle parti (comma 1); dallaltro, è obbligato a sottoscrivere, per ciascuna controversia affidatagli, unapposita -dichiarazione di imparzialità- e a informare lorganismo di mediazione e le parti delle eventuali ragioni che possano minare la sua neutralità (comma 2, lettere a e b).

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Ultimo aggiornamento Domenica, Maggio 14 2023
  
12
Maggio
2023

30 giugno 2023: al via la riforma sulla mediazione;

La riforma civile cd. Cartabia, il cui nastro di partenza è il 30 giugno 2023, è intervenuta sugli istituti di ADR con la finalità di incentivarli, implementando i benefici fiscali, estendendo ai relativi istituti l’applicabilità del gratuito patrocinio, estendendo l’ambito delle controversie per le quali il previo tentativo di mediazione è condizione di procedibilità, potenziando la formazione e l’aggiornamento dei mediatori e la conoscenza di questi strumenti presso i giudici. Gli articoli da 7 a 10 del d.lgs. n. 149/2022 (riforma civile cd. Cartabia) hanno attuato la delega introducendo rilevanti modifiche in materia di mediazione, negoziazione assistita, ma anche arbitrato.

La riforma civile cd. Cartabia, il cui nastro di partenza è il 30 giugno 2023, è intervenuta sugli istituti di ADR con la finalità di incentivarli, implementando i benefici fiscali, estendendo ai relativi istituti l’applicabilità del gratuito patrocinio, estendendo l’ambito delle controversie per le quali il previo tentativo di mediazione è condizione di procedibilità, potenziando la formazione e l’aggiornamento dei mediatori e la conoscenza di questi strumenti presso i giudici. Gli articoli da 7 a 10 del d.lgs. n. 149/2022 (riforma civile cd. Cartabia) hanno attuato la delega introducendo rilevanti modifiche in materia di mediazione, negoziazione assistita, ma anche arbitrato.

Mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali
L’articolo 7 ha introdotto talune modifiche al d.lgs. n. 28/2010, tra cui:

  • l’estensione dell’obbligatorietà della mediazione preventiva per le controversie in materia di contratti di associazione in partecipazione, di consorzio, di franchising, di opera, di rete, di somministrazione, di società di persone e di subfornitura;
  • l’ampliamento dei casi in cui la mediazione può essere demandata dal giudice;
  • la previsione secondo cui pure la mediazione contenuta in apposita clausola contrattuale o statutaria costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale;
  • la disciplina dello svolgimento della mediazione in modalità telematica;
  • l’istituzione del patrocinio a spese dello Stato nelle ipotesi ove la mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale;
  • la fissazione dei requisiti di serietà e di efficienza che devono essere posseduti dagli organismi di mediazione e dagli enti di formazione;
  • il riordino del regime tributario e delle indennità dovute agli organismi di mediazione;
  • l’aumento del credito d’imposta riconosciuto a favore delle parti e degli organismi di mediazione e la concessione di ulteriori crediti d’imposta nelle ipotesi di assistenza legale e gratuito patrocinio.

L’articolo 8 prevede che i rappresentanti delle P.A. che concludono accordi conciliativi, sia nei procedimenti di mediazione che in sede giurisdizionale, sono sottoponibili a responsabilità contabile soltanto per il compimento di fatti o per omissioni commessi con dolo o colpa grave, specificando che quest’ultima consiste nella negligenza inescusabile derivante da grave violazione di legge o da travisamento dei fatti.

Entrata in vigore:
L’articolo 41 reca le disposizioni transitorie al regime della mediazione, e a quello della negoziazione assistita, stabilendo che le modifiche apportate (dagli artt. 7 e 9 del d.lgs. n. 149/2022) entrano in vigore il 30 giugno 2023.

Esame del Ministero della Giustizia: Trascorsi 5 anni dall’entrata in vigore dalla riforma, il Ministero della giustizia dovrà esaminare i dati statistici riguardanti il tentativo di mediazione obbligatoria, di cui all’art. 5, comma 1, d.lgs. n. 28/2010, per verificare l’opportunità del suo mantenimento come condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

Monitoraggio delle spese:
Si dispone (art. 43) che il Ministero della giustizia monitori, con cadenza annuale, il rispetto dei limiti di spesa fissati per il patrocinio a spese dello Stato nell’ambito della mediazione e della negoziazione assistita, per la copertura per l’esenzione: dall’imposta di bollo, dall’imposta di registro, dalle altre spese per atti, documenti e provvedimenti relativi ai procedimenti di mediazione e per il riconoscimento del credito d’imposta a favore delle parti e degli organismi di mediazione. In ipotesi di eventuale scostamento, il Ministero della giustizia provvederà alla compensazione tramite corrispondente aumento del contributo unificato.

Coordinamento normativo: Si prevede un coordinamento normativo disponendo (art. 44) che dal 30 giugno 2023 (data di entrata in vigore delle disposizioni del d.lgs. n. 149/2022 in tema di mediazione e negoziazione assistita), il riferimento al comma 1-bis dell’art. 5 del d.lgs. 28/2010, relativo ai casi di mediazione obbligatoria in via preventiva, sia sostituito in conseguenza alle modifiche recate al medesimo articolo 5 dall’art. 7 del d.lgs. n. 149/2022.

Formazione per giuristi: I magistrati, dovranno svolgere appositi corsi di Formazione  sulle A.D.R., anche coinvolgendo, Organismi, Università, enti pubblici, etc.  Per la formazione continua si potranno eseguire anche in modalità telematica, incontri per fare il punto sulle novità portate dalla Riforma Cartabia all’istituto della mediazione, evidenziando le differenze con la disciplina previgente e le ricadute pratiche delle modifiche sostanziali e procedurali previste per la composizione della controversia.

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Ultimo aggiornamento Venerdì, Maggio 12 2023
  
12
Maggio
2023

Sfratto per morosità: mediazione a carico del locatore;

Per il tribunale di Palermo, grava sul locatore l’onere di introdurre la mediazione obbligatoria a pena di improcedibilità della domanda di intimazione di sfratto;

SINTESI: Nel giudizio di opposizione al procedimento di sfratto per morosità grava sul locatore l’onere di introdurre la mediazione obbligatoria, a pena di improcedibilità delle domande. È quanto ha ritenuto il tribunale di Palermo nella sentenza n. 1020/2023 aderendo all’orientamento giurisprudenziale che pone l’onere a carico dell’”attore sostanziale” e ripercorrendo le posizioni controverse in materia.

La giurisprudenza della Cassazione

Innanzitutto, afferma il giudice siciliano, “la giurisprudenza del Supremo Collegio a Sezioni unificate insegna, che nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, l’onere di promuovere la procedura di mediazione non è a carico dell’opponente ma dell’opposto, in quanto attore sostanziale (cfr. Cass. civ. Sez. Unite n. 19596/2020)”. Analoga disciplina e principio di diritto “devono essere ritenuti applicabili laddove si verta in una causa in materia locatizia di rito sommario a seguito di intimazione di sfratto per morosità ai sensi dell’art. 658 c.p.c. e, a seguito della comparizione delle parti dinanzi al giudice, questo di fronte alla proposta opposizione alla domanda di convalida disponga il mutamento del rito da sommario a speciale locatizio, provvedendo al contempo alla concessione o meno ai sensi dell’art. 665 c.p.c. dell’ordinanza provvisoria di rilascio”. Tale circostanza può attivarsi, spiega il tribunale, “ove appunto parte attrice intimante chieda la concessione del rilascio provvisorio dell’immobile locato al conduttore-intimato ai sensi e per gli effetti del comma 4° dell’art. 5 del D1.vo n. 28/2010 e succ. modifiche e integrazioni. In tal caso, dovendosi ritenere che rimanga attore sostanziale l’attore prime cure intimante, e non dandosi adito ad alcuna inversione sia di posizioni processuali sia in rito a fini della prova, dovrà ritenersi obbligato alla presentazione della domanda di mediazione conciliativa di cui all’evocato decreto legislativo li medesimo attore intimante, cioè nella specie il locatore dell’immobile”. Nel caso di specie, tuttavia, né parte attrice nè l’intimato conduttore hanno presentato istanza di mediazione.

La normativa di riferimento

Orbene, la normativa di riferimento “non sembra destare differenti interpretazioni rispetto alla disciplina ed al testo dell’art. 5 del digs. 28/2010 che infatti prevede che ‘chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia in materia di locazione è tenuto preliminarmente ad esperire il procedimento di mediazione”. L’esperimento “è condizione di procedibilità della domanda giudiziale” e “l’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza”. Tuttavia questa disposizione, spiega il giudice palermitano, “afferisce ad ogni giudizio in materia di locazione promossa con qualsiasirito non sommario. Nell’ipotesi del rito sommario di cui agli art. 657 e 658 c.p.c. ove la mediazione sia stata già disposta mediante rimessione delle parti dinanzi ad un mediatore professionale, v’è da dire che alla prima udienza successiva alla scadenza del termine perentorio di tre mesi destinato alla mediazione, il giudice, dinanzi alla prova che la mediazione non è stata esperita né dall’attore né dal convenuto, non potrà rifissare un nuovo termine per celebrare ex novo il procedimento di mediazione perché questo è decaduto inesorabilmente”.

Gli orientamenti contrastanti della giurisprudenza di merito

Fatte queste premesse, il tribunale rileva che mentre la giurisprudenza di merito si è impegolata nell’interpretare tale circostanza e quale disciplina adottare, lo stesso, al pari di quello romano, “data per certa l’obbligatorietà del procedimento di mediazione, ha ritenuto indispensabile allo stesso tempo individuare la parte sulla quale grave l’onere di introdurre il tentativo di conciliazione”. E nonostante le posizioni contrastanti all’interno della giurisprudenza di merito (persino dello stesso tribunale), il tribunale ritiene che “gravi sul locatore, attore in intimazione di sfratto, l’onere di attivare il procedimento di mediazione”. Quindi, in conclusione, “in un procedimento di sfratto per morosità – come nella fattispecie – se il Giudice ha disposto il mutamento del rito conseguente all’opposizione presentata dal conduttore e invitato le parti ad attivare la procedura di mediazione obbligatoria ai sensi dell’art. 5, D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, spetta al locatore-intimante l’onere di introdurre la mediazione, a pena di improcedibilità delle domande avanzate in sede di intimazione di sfratto”. Per cui, nella causa in parola l’esito conclusivo è la declaratoria di improcedibilità della domanda.

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Ultimo aggiornamento Venerdì, Maggio 12 2023
  

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