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OMCI - Organismo di Mediazione

Omci - Organismo di Mediazione e Conciliazione Italia

13
Dicembre
2023

La mediazione non può ridursi a mero onere processuale che scandisce l’accesso alla tutela giurisdizionale: “tentare” la mediazione non equivale ad “attivar(n)e” il procedimento;

Tribunale di Nocera Inferiore, 23.11.23, sentenza n. 2338, giudice Jone Galasso.

SINTESI: In una opposizione a decreto ingiuntivo, la domanda viene dichiarata improcedibile e confermato il D.I opposto in quanto non  realizzata la condizione di procedibilità prevista dal legislatore all’art. 5 del D. Lgs. 28 del 2010.
Secondo il giudicante, il procedimento di mediazione obbligatoria trova la sua ratio nello scopo deflattivo del contenzioso perseguito dal legislatore e pertanto, l’esperimento del tentativo di mediazione non può che essere effettivo, in termini di risoluzione sostanziale della controversia che dà origine all’instaurando o instaurato giudizio. Nondimeno, la mediazione potrà registrare esito negativo ma non può ridursi a mero onere processuale che scandisce l’accesso alla tutela giurisdizionale.
In tale senso, deve essere letto l’art. 5 del D. Lgs. 28/2010, vale a dire che “tentare” la mediazione non equivale ad “attivar(n)e” il procedimento. Affinchè possa dirsi realizzata la condizione di cui all’art. 5 del D. Lgs. 28/2010 è necessario attivare il procedimento di mediazione e comparire al primo incontro dinanzi al mediatore, all’esito del quale le parti potranno liberamente dichiarare al mediatore la volontà di non proseguire la procedura di mediazione.
Non può ritenersi che la parte onerata ex lege alla mediazione – in quanto titolare dell’interesse sostanziale e processuale sotteso alla controversia oggetto del giudizio – benchè convenuta nel procedimento di mediazione, possa, con la sua assenza, rendere impossibile lo svolgimento della mediazione stessa, ritenendo, al contempo, che la domanda sia procedibile per il sol fatto che il tentativo di mediazione sia stato attivato.
La giudice fa riferimento a Tribunale di Chieti sentenza n. 50/2017 del 20.02.2017 secondo cui: “se infatti ai sensi dell’art. 5 del d.lgs n. 28 del 2010 “la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo”, è necessario che la parte onerata si presenti all’incontro, anche ove esso sia promosso dalla controparte. Ed infatti, ragionando a contrario, si avrebbe soltanto un mero intralcio al processo civile. La mancata partecipazione alla mediazione degli attori ha infatti reso, di fatto, impossibile esperire la mediazione alla quale essi stessi erano onerati”).Inoltre con la nuova Riforma, l avvocato difensore consulente, non deve più fare il difensore come in processo, ma deve limitarsi, a consigliare il cliente, mettere da parte Le sue intenzioni e collacorare con il Mediatore per cercare di cociliare già al primo incontro, tutto il resto va solo contro il suo cliente, il quale può se rileva questo, chiedere l'annullamente del contratto per negligenza o dolo, e chiedere tutti i danni, una volta trovato un nuovo consulente avvocato, il quale farà tutto lui.

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Ultimo aggiornamento Mercoledì, Dicembre 13 2023
  
13
Dicembre
2023

Valida la procura speciale sostanziale non autenticata da pubblico ufficiale conferita all’avvocato;

Valida la procura speciale sostanziale non autenticata da pubblico ufficiale conferita all’avvocato: in applicazione del principio generale di cui all’art. 1392 c.c e dell’art. 3 comma 3 del D. lgs. n. 28/2010 anche la procura che conferisce i poteri di partecipazione non è soggetta a formalità;

Tribunale di Milano, 06.10.2023, sentenza n. n. 7689, Presidente Relatore Carmela Gallina.

SINTESI: La società debitrice e tre fideiussori proponevano opposizione a un decreto ingiuntivo reso dal Tribunale di Milano a favore di una mandataria in merito ad un contratto di finanziamento concludendo per la revoca del decreto e, in ogni caso, per l’accertamento del reale debito depurato da interessi anatocistici e spese non concordate e per la declaratoria di nullità della fideiussione sottoscritta dagli opponenti.  Si costituiva in giudizio l’opposta contestando le censure ed insistendo per il rigetto dell'opposizione previa concessione della provvisoria esecuzione del decreto.
Il tribunale milanese ha ritenuto l’opposizione priva di fondamento.
Quanto all’eccezione preliminare sollevata dagli opponenti nella prima memoria ex art. 183 sesto comma c.p.c. n. 1 relativamente alla mancata verificazione della condizione di procedibilità di cui all’art. 5, comma 1 bis, D.Lgs. 28/2010 il Tribunale rileva che l’opposta ha partecipato al procedimento di mediazione per il tramite dell’avv. xxx conferendole una procura speciale sostanziale, diversa dalla procura alle liti rilasciata per la rappresentanza nel presente giudizio. A differenza di quanto sostenuto dagli opponenti, si ritiene che tale procura sia idonea a conferire i poteri di partecipazione al procedimento di mediazione in sostituzione della parte.
Chiarendo l’insegnamento della nota pronuncia della Corte di Cassazione nella sentenza n. 8473/2019, il Tribunale ha rilevato che il Supremo Collegio non ha stabilito che la procura speciale sostanziale debba essere autenticata da un pubblico ufficiale munito dei necessari poteri, ma ha soltanto escluso la legittimità della procura alle liti.
Pertanto, in applicazione del principio generale espresso dell’art. 1392 c.c. (il quale richiede per la procura la stessa forma del contratto o dell'atto giuridico da concludere) nonché dall’art. 3 comma 3 del D. lgs. n. 28/2010 relativo alla procedura di mediazione (il quale prevede che “gli atti del procedimento di mediazione non sono soggetti a formalità”) deve concludersi nel senso che anche la procura che conferisce i poteri di partecipazione non sia soggetta a formalità. Nel caso di specie la delega rilasciata dall’opposta all’avv. xxx conferisce al procuratore “ogni più ampia facoltà e potere ed autorizzandola espressamente ad avviare o aderire alla procedura, a partecipare agli incontri di mediazione anche in modalità telematica” ed è quindi idonea ai sensi dell’art. 8, comma 1, D. lgs. n. 28/2010.

PS: Si informa inoltre che tutte le Mediazioni in atto nel 2023, devono essere finite e Pagate Tutte entro e non oltre il 29/12/2023, in modo tale che cosi si possa passare poi alle nuove indennità come da Riforma della Giustizia Nordio/Cartabia.

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Ultimo aggiornamento Mercoledì, Dicembre 13 2023
  
05
Dicembre
2023

Il terzo intervenuto in giudizio che non partecipa all’accordo di mediazione demandata dal Giudice in corso di causa, non si vede riconosciute le spese di lite sostenute per la costituzione;

Tribunale di Busto Arsizio, 16/05/2023, Sentenza n. 726, Giudice Carlo Barile.

SINTESI: Al termine di una relazione sentimentale, due ex fidanzati si trovano coinvolti in una causa di scioglimento della comunione relativa all’immobile acquistato insieme con mutuo ipotecario.
L’attore chiede, in via principale, l’accertamento del suo diritto a vedersi riconoscere quanto versato per l’acquisto dell’immobile (oltre al risarcimento del danno) e, in subordine, l’accertamento e la dichiarazione dello scioglimento della comunione e il consequenziale ordine di vendita dell’immobile.

Il Giudice dispone d’ufficio l’integrazione del contraddittorio, chiamando in causa la banca creditrice ipotecaria sull’immobile e demanda le parti in mediazione.

La banca si costituisce in giudizio, ma non partecipa all’accordo di mediazione che nel frattempo la coppia invece raggiunge.
L’attore e la convenuta depositano il verbale di mediazione contenente l’accordo di conciliazione nel quale è stato risolto concordemente l’oggetto del contendere.
All’udienza di precisazione delle conclusioni e discussione orale il Giudice dichiara la cessazione della materia del contendere non essendo più tenuto a definire il giudizio vista la rinuncia alla pretesa sostanziale e il venire meno dell’interesse delle parti alla pronuncia di un provvedimento.
Se nell’accordo di mediazione le parti hanno stabilito la compensazione delle spese legali reciproche, la banca chiede al Giudice invece la condanna delle parti alle spese di lite dalla stessa sopportate per la fase di costituzione in giudizio.
Il tribunale sul punto statuisce però la compensazione delle spese anche nei confronti della banca visto che la partecipazione della stessa era stata disposta iussu iudicis e non su domanda di alcuna delle parti.
Il Giudice Barile non rinviene infatti l’ipotesi di soccombenza dell’attore così come della convenuta ai sensi per gli effetti dell’art. 91 c.p.c. esplicitando le seguenti re motivazioni:

  • L’intervento della banca è stato disposto dal giudice e non su istanza di parte;
  • La chiamata del terzo è meramente opportuna, in quanto la presenza dei creditor iscritti ante domanda divisoria avviene al fine di non pregiudicare i diritti degli stessi per il carattere retroattivo della divisione e solo nel caso in cui l’immobile venga in effetti venduto;
  • Nessuna domanda è stata fatta dalle pari originarie nei confronti della terza chiamata che si è solo limitata a chiedere, in caso di vendita dell’immobile, l’assegnazione delle somme a lei spettante, senza invece formulare, nell’atto di costituzione, esplicita domanda di condanna alle spese del giudizio.

La vicenda avrebbe potuto concludersi diversamente se la banca, nonostante la mancata domanda in giudizio della condanna alle spese, avesse partecipato all’accordo di mediazione, pretendendo l’inclusione, nello stesso, delle sue spese di lite a carico delle parti originarie.

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Ultimo aggiornamento Martedì, Dicembre 05 2023
  
26
Novembre
2023

Come va redatto il rendiconto condominiale? La risposta della Cassazione;

Per la Suprema Corte, il rendiconto condominiale non va redatto con forme rigorose, analoghe a quelle prescritte per i bilanci delle società.

Annullamento delibera approvazione rendiconto

SINTESI: Il rendiconto condominiale non va redatto con forme rigorose, analoghe a quelle prescritte per i bilanci delle società. E' quanto si ricava dall'ordinanza n. 28257/2023 della Cassazione. Nella vicenda, la Corte d'appello di Torino, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato l'impugnazione ex art. 1137 c.c. proposta da un condomino torinese che chiedeva l'annullamento della delibera che aveva approvato il rendiconto consuntivo 2013-2014. La Corte d'appello ha ritenuto che il rendiconto, redatto secondo il principio di competenza, fosse rispettoso dei criteri ex art. 1130-bis c.c.

Motivi del ricorso in Cassazione

Il condomino ricorre in cassazione denunciando la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1130-bis comma 1 c.c., ovvero del "criterio contabile della cassa". Secondo il ricorrente il criterio contabile della cassa, serve ad agevolare il controllo da parte dei condòmini.

Rendiconto condominiale art. 1130-bis c.c.

L'art. 1130 bis c.c stabilisce che il rendiconto condominiale:

  • deve contenere le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve, il tutto espresso in modo da consentire l'immediata verifica;
  • deve comporsi di un registro di contabilità, un riepilogo finanziario, nonché una nota sintetica esplicativa della gestione con l'indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti;
  • l'assemblea può, in qualsiasi momento o per più annualità specificamente identificate, nominare un revisore che verifichi la contabilità del condominio;
  • i condomini e i titolari di diritti reali o di godimento sulle unità immobiliari possono prendere visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo ed estrarne copia a proprie spese;
  • le scritture e i documenti giustificativi devono essere conservati per dieci dalla data della relativa registrazione.

Quanto al contenuto ed ai criteri di redazione, il rendiconto deve dunque specificare le voci di entrata e di uscita, la situazione patrimoniale del condominio, i fondi disponibili e le eventuali riserve, «in modo da consentire l'immediata verifica». Il riferimento alle «voci di entrata e di uscita», significa, dunque, che il rendiconto deve documentare gli incassi e i pagamenti eseguiti, in rapporto ai movimenti di numerario ed alle relative manifestazioni finanziarie, nonché «ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio», con indicazione nella nota sintetica esplicativa della gestione «anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti», avendo qui riguardo al risultato economico dell'esercizio annuale, che è determinato dalla differenza tra ricavi e costi maturati, e non, dunque, dal solo conto cassa.

Il principio di diritto

La Suprema Corte Civile Sez. 2 con l'ordinanza in argomento dichiara il ricorso non fondato ed enuncia il seguente principio: il rendiconto condominiale, a norma dell'art. 1130-bis c.c., deve specificare nel registro di contabilità le «voci di entrata e di uscita», documentando gli incassi e i pagamenti eseguiti, in rapporto ai movimenti di numerario ed alle relative manifestazioni finanziarie, nonché, nel riepilogo finanziario e nella nota sintetica esplicativa della gestione, «ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio», con indicazione «anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti», avendo riguardo al risultato economico delle operazioni riferibili all'esercizio annuale, che è determinato dalla differenza tra ricavi e costi maturati. Perché la deliberazione di approvazione del rendiconto, ovvero dei distinti documenti che lo compongono, possa dirsi contraria alla legge, agli effetti dell'art. 1137, comma 2, c.c., occorre accertare, alla stregua di valutazione di fatto che spetta al giudice di merito, che dalla violazione dei diversi criteri di redazione dettati dall'art. 1130-bis c.c. discenda una divaricazione tra il risultato effettivo dell'esercizio, o la rappresentazione della situazione patrimoniale del condominio, e quelli di cui il bilancio invece dà conto, ovvero che comunque dal registro di contabilità, dal riepilogo finanziario e dalla nota esplicativa della gestione non sia possibile realizzare l'interesse di ciascun condomino alla conoscenza concreta dei reali elementi contabili, nel senso che la rilevazione e la presentazione delle voci non siano state effettuate tenendo conto della sostanza dell'operazione.

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Ultimo aggiornamento Domenica, Novembre 26 2023
  
25
Novembre
2023

E’ improcedibile la domanda giudiziale preceduta dalla negoziazione assistita anziché dalla mediazione obbligatoria/delegata;

Tribunale di Patti, 08.11.2023, sentenza n. 1101, Giudice Artino.

SINTESI: Il caso in esame riguarda una vertenza in materia assicurativa.
Il Giudice disponeva l’esperimento del procedimento di mediazione, assegnando alle parti termine di 15 giorni per introdurlo.
Nonostante ciò, nessuna delle due parti avviava la mediazione.
In merito il Tribunale ha così statuito:

  • la materia dei contratti assicurativi è soggetta a mediazione obbligatoria, ex art. 5 D. Lgs. n. 28/2010;
  • nonostante ciò, le parti non hanno proceduto ad avviare il procedimento di mediazione ex art. 5, D.lgs n. 28/2010 nel termine assegnato dal giudice;
  • l'attore ha trasmesso alla parte convenuta l'invito alla partecipazione alla negoziazione assistita;
  • la negoziazione assistita è una procedura prevista per altre ipotesi di richiesta di risarcimento del danno, diverse rispetto a quelle per cui è causa e per la quale il procedimento previsto a condizione di procedibilità della domanda è solo quello di mediazione

Per tali motivi, l’Autorità Giudiziaria ha dichiarato improcedibile la domanda formulata dalla parte attrice, condannandola altresì alla refusione delle spese di lite in favore della convenuta e ponendo definitivamente a carico di quest’ultima le spese di ctu.

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Ultimo aggiornamento Sabato, Novembre 25 2023
  
21
Novembre
2023

Come Depositare una Mediazione e come Pagare:

Per Tutti: Visto che siamo ormai a fine anno, Abbiamo deciso in modo che tutti Vi possiate Abituare bene, per il momento a lasciare tutto come Prima. Mentre a Partire dal 1° Gennaio 2024, i Pagamenti dovranno essere inviati con la domanda di Mediazione e i Pagamenti come previsto dalle Tabelle Ministeriali. Ovvero al 1° incontro, si dovrà pagare quanto scritto sulla Tabella 1 (con adesione e indennità ridotti di 1/5 + IVA al 22%), se si concilia o si prosegue quanto previsto sulla tabella A (occero rid. di 1/5 e decurtanto, non la quota Apertira, ma l'indennità pagata sopra). . Se non  ancora inserita, richiedere a Noi le 2 Tabelle Ministeriali.

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Ultimo aggiornamento Martedì, Novembre 21 2023
  
20
Novembre
2023

Mediazioni in corso

Siete Pregati tutti, per chi ha mediazioni in corso di pagare il tutto non oltre il giorno successivo all ultimo incontro, per non incombere in sanzioni, come da D.Lgs.149/22 o D.M.150/23. Inoltre tutte le Mediazioni n corso devono essere finite e saldare non oltre il 23/12/2023, come da Nuova riforma che è già in Atto.

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Ultimo aggiornamento Lunedì, Novembre 20 2023
  
15
Novembre
2023

La comunicazione alle altre parti interessate della domanda di mediazione proposta dall’istante impedisce la decadenza dall’impugnazione della delibera condominiale;

Tribunale di Catania, 12.06.2023, sentenza n. 2548, giudice Maria Barbarba Giardinieri.

SINTESI:  Il caso in esame riguarda una vertenza in materia di impugnazione di una delibera condominiale, nella quale il Condominio convenuto eccepiva la decadenza della domanda per tardiva comunicazione dell’istanza di mediazione.
In merito il Tribunale ha rilevato quanto segue:

  • l'impugnazione della delibera condominiale è inammissibile se proposta oltre il termine decadenziale di cui all'art. 1137 2° comma c.c.;
  • l'inammissibilità dell'impugnazione attiene ai soli vizi afferenti l'annullabilità delle delibere;
  • il termine decadenziale di cui all'art. 1137 c.c. ha natura sostanziale;
  • di recente, la giurisprudenza di legittimità e di merito, ha statuito che al fine di impedire la decadenza per inosservanza del termine di cui all'art. 1137 2° comma c.c., è necessario fare riferimento al momento della comunicazione all'altra parte o alle altre parti della presentazione della domanda di mediazione, così come disposto dall'art. 5 comma 6° D. Lgs. 28/10:
  • nel caso di cui è procedimento, risulta la data di deposito dell'istanza di mediazione presso l'organismo, mentre non vi è prova della data di trasmissione della predetta istanza alla controparte;
  • se il legislatore avesse inteso assimilare gli effetti del deposito dell'istanza di mediazione presso l'organismo a quelli del deposito giurisdizionale, lo avrebbe espressamente previsto;
  • invece l'effetto interruttivo è stato puntualmente riconnesso dal legislatore solo alla comunicazione dell'istanza alla controparte;
  • pertanto, gli attori avevano l'onere non solo di depositare l'istanza di mediazione presso l'organismo scelto ma, altresì, di comunicare alla controparte la relativa domanda entro il termine di cui all'art. 1137 2° comma c.c.;
  • tale soluzione risulta condivisa dalla maggioranza delle pronunce di merito.


Atteso quanto sopra esposto, il Tribunale ha dichiarato la tardività dell'impugnazione e quindi l'improcedibilità del giudizio, condannando parte attrice al pagamento delle spese di lite.

 

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Ultimo aggiornamento Mercoledì, Novembre 15 2023
  
07
Novembre
2023

Mediazione Demandata dal Giudice;

Quando la mediazione è disposta dal giudice, la mancata ottemperanza a tale invito determina l’improcedibilità della domanda ab initio svolta e non dell’eventuale impugnazione, giacché incide definitivamente sull’azione originaria e non sulla fase processuale. Il provvedimento istruttorio del giudice d’appello di rinviare la parti in mediazione non può essere sindacato in sede di legittimità.

Corte di Cassazione, Sez. II, 27.07.2023, ordinanza n. 22805, relatore Mauro Mocci.

SINTESI: Quando la mediazione è disposta dal giudice, la mancata ottemperanza a tale invito determina l’improcedibilità della domanda ab initio svolta e non dell’eventuale impugnazione, giacché incide definitivamente sull’azione originaria e non sulla fase processuale. Il provvedimento istruttorio del giudice d’appello di rinviare la parti in mediazione non può essere sindacato in sede di legittimità.
In una controversia avente ad oggetto un contratto di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio, il giudice di Pace di Catanzaro aveva accolto la domanda di S. volta ad ottenere il pagamento di una somma di denaro nei confronti di B. s.p.a., in contraddittorio anche con A., già datore di lavoro dell’attrice. B. s.p.a. impugnava la sentenza di primo grado avanti al Tribunale di Catanzaro che accoglieva il gravame rilevando come l’intermediario finanziario avesse tempestivamente sollevato l’eccezione di improcedibilità della domanda per mancato esperimento del tentativo di mediazione obbligatorio ed avesse riproposto l’eccezione nell’atto di appello, non essendosi il giudice di prime cure pronunziato sul punto.
Una volta onerata la parte più diligente dell’avvio della procedura di mediazione, il relativo procedimento non era stato avviato da nessuna parte e pertanto la domanda proposta dalla S. in primo grado doveva essere dichiarata improcedibile. Contro la predetta sentenza S. ricorreva per cassazione S con due motivi.
il Tribunale dopo l’udienza di precisazione delle conclusioni e dopo aver trattenuto la causa in decisione, aveva rimesso la stessa sul ruolo disponendo la mediazione.
Con il primo motivo la ricorrente deduceva che la mediazione non avrebbe potuto essere avviata in fase di decisione, in quanto la fissazione dell’udienza di precisazione delle conclusioni esaurirebbe, una volta per tutte, il potere di avviare le parti in mediazione. Con il secondo motivo, la ricorrente deduceva che il Tribunale avrebbe erroneamente dichiarato l’improcedibilità della domanda fin dal primo grado del giudizio e non limitatamente a quella del grado di appello.
La Suprema Corte rigetta entrambi i motivi. Quanto al primo, afferma che il Tribunale – dopo la precisazione delle conclusioni, nelle quali (come si desume dalla lettura della parte narrativa della sentenza impugnata) l’appellante aveva dedotto la mancanza del previo tentativo di mediazione – ha rimesso il processo in istruttoria, per far appunto svolgere tale incombente. Il provvedimento con il quale il giudice di appello abbia impartito disposizioni funzionali alla prosecuzione del processo conserva il suo carattere ordinatorio sotto il profilo tanto formale quanto sostanziale. Conseguentemente, non può essere sindacato in sede di legittimità, al pari di tutti i provvedimenti istruttori assunti dal giudice ai sensi dell'art. 356 cod. proc. civ., salvo che le ragioni di tale mancato esercizio siano giustificate in modo palesemente incongruo o contraddittorio (Sez. 3, n. 1754 dell’8 febbraio 2012; Sez. 3, n. 9322 del 20 aprile 2010). La scelta di rimettere il processo alla fase istruttoria costituisce decisione di mera opportunità (Sez. 6-1, n. 11870 del 27 maggio 2014). La retrocessione a tale fase riporta il giudizio al momento antecedente la precisazione delle conclusioni, nel quale il giudice d’appello ben può esercitare il rilievo d’ufficio.
Quanto al secondo motivo, anch’esso ritenuto inammissibile, la Corte osserva che il giudice di appello – come gli consentiva la legge – si è sostituito al giudice di pace per colmare una lacuna presente già dal primo grado. La mancata esecuzione del procedimento ha cristallizzato definitivamente l’improcedibilità dell’azione e non dell’impugnazione.
E’ infatti l’opposta – nell’ipotesi de qua l’appellata – la parte che ab origine aveva intrapreso l’azione e dunque era onerata della dimostrazione della condizione di procedibilità. Può dunque essere enunciato il seguente principio di diritto:
Quando la mediazione è disposta dal giudice, ai sensi dell’art. 5 comma 1° e 1° bis D. Lgs. n.28/2010, la mancata ottemperanza a tale invito determina l’improcedibilità della domanda ab initio svolta e non dell’eventuale impugnazione, giacché incide definitivamente sull’azione originaria e non sulla fase processuale”.
Il ricorso viene rigettato e condannato la ricorrente al pagamento del doppio del contributo unificato.

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Ultimo aggiornamento Martedì, Novembre 07 2023
  
06
Novembre
2023

Importante per gli Avvocati Mediatori:

Sospeso per due mesi l’avvocato mediatore il cui studio professionale è contiguo ai locali dell’organismo di mediazione, da lui presieduto, presso il quale esercita la funzione di mediatore. Lo svolgimento imparziale dell’attività di mediazione è un dovere non solo del singolo mediatore nei confronti delle parti ma anche dell’Organismo di mediazione;

Corte di Cassazione SS.UU. civ., 29.8.2023, sentenza n. 25440.

SINTESI:  Il Consiglio di disciplina di Messina contestava all’avvocato X di essersi reso responsabile della violazione dell’art. 55 bis del precedente codice deontologico (art. 62 codice attuale), in particolare della disposizione prevista al IV comma. L’Avv. X impugnava la decisione avanti al CNF che confermava la sanzione con sentenza CNF n. 265/2022 sottolineando che "il disvalore ascritto alla coincidenza ovvero contiguità tra sede dell'organismo di mediazione e sede dello studio legale derivava dalla necessità di evitare anche la mera apparenza di una commistione di interessi, di per sé sufficiente a far dubitare dell'imparzialità dell'avvocato mediatore".
Nella fattispecie lo studio legale e l’organismo di mediazione condividevano l’ingresso, un pianerottolo, un vano ed un’anticamera, rendendo evidente una situazione di coincidenza.
L’avv. X ricorreva innanzi alla Corte di Cassazione avverso la predetta sentenza del CNF.
La Corte Suprema, nel confermare la pronuncia del Giudice Disciplinare, ha affermato alcuni principi.

  • L’indipendenza del procedimento disciplinare rispetto al procedimento ispettivo promosso dal Ministero della Giustizia in punto di regolarità dell’attività dell’organismo di mediazione. Ai fini dell’esclusione della configurabilità della violazione deontologica, non può essere attribuita alcuna valenza agli esiti positivi della verifica ispettiva di regolarità del funzionamento dell’organismo.
  • L’adozione del provvedimento disciplinare di sospensione dall’esercizio professionale dell’Avvocato mediatore non richiede il contraddittorio con l’Organismo di Mediazione e con il Ministero vigilante

Il procedimento disciplinare forense persegue il fine di tutelare l’immagine, la dignità ed il decoro della professione. La sospensione dall’esercizio professionale dell’Avvocato mediatore ha, quale effetto riflesso, la perdita del requisito di onorabilità, requisito previsto dall’art. 4 comma 3 del D.M. Giustizia n. 180/2010 allora vigente.
La mera contiguità spaziale tra i locali dello studio professionale e quelli sede dell’Organismo di Mediazione è idonea a far dubitare i terzi dell’imparzialità e dell’indipendenza dell’Avvocato Mediatore.
Richiamate la Circolare del CNF n. 24/2011 e la Circolare del Ministero della Giustizia del 27.11.2012, la Corte suprema ha affermato che lo svolgimento imparziale dell’attività di mediazione è un dovere non solo del singolo mediatore nei confronti delle parti ma anche dell’organismo di mediazione il quale è tenuto ad offrire garanzie di indipendenza ed imparzialità nello svolgimento del servizio offerto.
L’accertamento del fatto ad opera del CNF, l’apprezzamento della sua gravità e l’adeguatezza della sanzione non sono sottoposte al controllo di legittimità se la decisione è caratterizzata da ragionevolezza. La Corte dunque rigetta il ricorso, richiedendo all’avvocato soccombente il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato

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Ultimo aggiornamento Lunedì, Novembre 06 2023
  

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