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OMCI - Organismo di Mediazione

Omci - Organismo di Mediazione e Conciliazione Italia

28
Novembre
2024

OMCI Cerca nuovi Mediatori:

Con la Presente nformiamo che siamo alla ricerca di nuovi Mediatori: Requisiti, Laurea Trennale solo se in scienze Giuridiche, (Tranne per tutti coloro che sno già in Omci da Anni, e quindi hanno oltre ad un' esperieza decennale), una preparazine ormai altissima, e siccome abbiamo già tutte le figure richieste x eseguire mediazioni, Da ora, ricerchiamo solo + laureati quinquennali in quanto preparano ovviamente molto di più che è poi il requisito richiesto dal Ministero, ovvero tanta formazione e esperienza, o Avvocati iscritti all'albo. Per contatti Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. , Le persone ricercate devono avere Rispetto, base fondamentale, Motivazione e saper lavorare in modo collaborativo, nel rispetto di tutte le Leggi, Regolamenti e tutto ciò che il Responsabile dellorganismo in base all'att. 14 Comma 2 Lettera D, D.Lgs. 149/22 e D.M. 150/23, Vi chiederà. Ricordando che la Mediazione (oltre a essee finalmente Pagata da subito, cosa che non tutte le professioni danno), serve allo stato e ai cittadini Tutti, per sminuire i contenziosi Civili , portando via Litigi vari e ricordando sempre che il verbale fatto bene e firmato da tutti è esatamente una sentenza di 1° grando, impugabile solo in corte d appello.. Quindi un ottima occasione x tutti.Vi Informo inoltre che essendo al momento in assenzadella Firma digitale, sui documenti basta inserire la Firma olografa , con la scritta, Copia cnforme alll'originale ai sensi del DPR 445/2000 e questa fa a tutti gli effetti Prova Legale.

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Ultimo aggiornamento Sabato, Dicembre 07 2024
  
20
Novembre
2024

L’accordo di mediazione che approva le nuove tabelle millesimali non necessita della ratifica dell’assemblea all’unanimità, ma del voto favorevole dalla maggioranza stabilita dall’art.1136 comma 2 c.c;

Tribunale di Roma, 30.04.2024, sentenza n. 7405, Giudice Antonella Zanchetta.

SINTESI:  Il caso in esame riguarda una vertenza in materia di delibera condominiale, nella quale parte convenuta ha eccepito in via preliminare l’improcedibilità del giudizio per mancato esperimento del procedimento di mediazione.

Il Giudice ha disposto l’esperimento della mediazione, nella quale le parti hanno raggiunto un accordo ratificato dal Condominio.

Parte attrice ha però dedotto la violazione delle maggioranze deliberative per la ratifica dell’accordo di mediazione.

In merito, il Tribunale ha così statuito:

  • l’accordo di mediazione verte sull’approvazione delle nuove tabelle millesimali e non, come asserito dall’attrice, sulla delibera di modifica delle tabelle millesimali;
  • Pertanto, le maggioranze applicabili solo quelle stabilite dall’art. 1136 comma 2 c.c., mentre non è necessaria l’unanimità dei consensi dei condomini;
  • L’attuale art. 5-ter del D. Lgs 28/2010, come modificato dal D. Lgs. 149/2022 e della L. 149/2022, ha espressamente stabilito “Il verbale contenente l'accordo di conciliazione o la proposta conciliativa del mediatore sono sottoposti all'approvazione dell'assemblea condominiale, la quale delibera entro il termine fissato nell'accordo o nella proposta con le maggioranze previste dall'art. 1136 cc. In caso di mancata approvazione entro tale termine la conciliazione si intende non conclusa”;
  • Non essendo necessaria l’unanimità del consenso dei condomini, la delibera di approvazione dell’accordo di mediazione risulta legittima, avendo partecipato e deliberato favorevolmente tanti condomini che rappresentano la maggioranza degli intervenuti ed almeno la metà del valore dell’edificio.

Per tali ragioni, il Giudice ha respinto la domanda attorea, condannandola al pagamento delle spese di lite.

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Ultimo aggiornamento Mercoledì, Novembre 20 2024
  
17
Novembre
2024

PEC: la prova non si estende al contenuto del documento allegato;

Cassazione Civile, Sez. I, 15 aprile 2024, n. 10091 – Pres. Ferro, Rel. Fidanzia

La posta elettronica certificata (PEC) è idonea a dimostrare l’invio e la ricezione del messaggio, ma non a garantire il contenuto del documento ad essa allegato.

Questo il principio che la Corte di Cassazione ha ribadito con l’ordinanza n. 10091 del 15 aprile 2024

(Pres. Ferro, Rel. Fidanzia).

La posta elettronica certificata (PEC), infatti, certifica la provenienza della stessa, e la data dell’invio,

ma da questa non si può durre che anche il documento allegato sia riferibile al suo autore e che abbia

effettivamente quel contenuto.

Dunque, la posta elettronica certificata (PEC) è in grado di attestare in maniera certa l’avvenuta

trasmissione e ricezione del messaggio, le modalità di spedizione (data, ora e formato) ed anche il

suo contenuto, ma limitatamente alla PEC stessa, non al file allegato ad essa.

Se alla PEC è stato allegato un file con un determinato nome, estensione, formato e dimensioni, la

ricevuta lo attesterà, ma non farà prova del contenuto di quel file, occorrendo, a tal fine, che sul file

allegato sia apposta la firma digitale, che certificherà la provenienza del documento e la sua integrità.

La produzione della posta elettronica certificata in formato elettronico non è quindi idonea a fornire la

prova del contenuto del documento allegato (e della data certa).

Altresì, la certezza della data della PEC non si estende alla scrittura privata dalla prima richiamata.

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Ultimo aggiornamento Domenica, Novembre 17 2024
  
07
Novembre
2024

Il Mediatore Civile e Commerciale Come ben definito ormai da più Giudici;

Nel respingere l'accezione di improcedibilità della domanda per omessa mediazione, infatti, il Giudice ha chiarito che il mediatore è a tutti gli effetti un pubblico ufficiale del Ministero della Giustizia ai sensi dell'art. 357 C.P. e che il verbale di mediazione, in quanto atto del mediatore, è un atto pubblico, la cui efficacia probatoria è disposta dall'art. 2700 c.c.

Per noi effettivamente quanto scritto da numerosi Giudici, perché è vero che per eseguire rogiti ecc, necessità di un altro Pubblico ufficiale che è il  Notaio, ma questo non preclude il fatto che in tutte le altre materie come Locazioni, Comodati, ecc, non necessita alcuna firma da se non da parte parte delle Parti, degli Avvocati e del Mediatore che Firma per “certificare” l’impossibilità di firmare da parte di qualcuno presente in mediazione o, che forma il Verbale con le parti e loro Avvocati e Firma per garantire che le “Firme di tutti sono Valide e che le Parti e Gli Avvocati sono veramente Loro” (Questo è un Atto vero e proprio da pubblico Ufficiale), per questo in mediazione ci possono essere 2 o più pubblici ufficiali, il notaio, quando ci sono Mediazioni dove ci va il Notaio, Altri P.U. se si tratta di pubblica amministrazione, ed il solo Mediatore per tutte l altre Materie. Inoltre l’essere pubblico ufficiale conferisce anche al Mediatore un po’ di Autorevolezza, cosa più che necessarria in Mediazione come ben sanno tutti i mediatori. E quindi siccome nessuno ha mai smentito ciò che hanno detto alcuni Giudici, il Mediatore è Pubblico ufficiale del Ministero della Giustizia a tutti gli effetti ai sensi dell’art. 357 C.P. , certo, sarebbe importante che lo scrivesse anche il Ministro della Giustizia Nordio, in modo da Eliminare ogni dubbio. Si spera lo faccia presto, anche se fino a prova contraria quando non lo dice una Legge, lo fanno i Giudici, come in codesto caso.

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Ultimo aggiornamento Giovedì, Novembre 07 2024
  
03
Novembre
2024

La condizione di procedibilità è realizzata qualora una o entrambe le parti comunichino al termine del primo incontro davanti al mediatore la propria indisponibilità a procedere oltre;

Cassazione, 8.07.24, ordinanza n. 18485, consigliere relatore Stefano Giaime Guizzi.

SINTESI: La controversia, in materia di locazione, vede contrapposti un’associazione sportiva e una parrocchia.
Da una parte, la Parrocchia aveva chiesto la risoluzione del contratto per inadempimento della conduttrice con condanna al pagamento dei canoni pregressi e al rilascio dell’immobile (campo da calcio). Dall’altra, l’Associazione sportiva aveva chiesto, con domanda riconvenzionale, la condanna della locatrice al pagamento di una somma importante a titolo di indennità per miglioramenti della "res locata" (nella specie il campo insisteva su ente urbano, privo di propria entità catastale e urbanistica e, conseguentemente, di qualsivoglia regolarità in ordine alla messa in sicurezza, e privo di agibilità).
Si svolgono due giudizi. Avverso la seconda sentenza della Corte d’Appello di Salerno l’Associazione ha proposto ricorso per  cassazione sulla base di due motivi. Il primo lamenta il rigetto dell'eccezione di improcedibilità della domanda, per mancato esperimento della mediazione obbligatoria (La Corte di Salerno aveva rigettato tale eccezione) ritenendo che "il procedimento di mediazione - come già evidenziato dal Giudice di primo grado - è stato effettivamente espletato, senza il raggiungimento di un accordo", e ciò nonostante le parti avessero partecipato personalmente e fossero entrate nel merito della controversia, secondo quanto è possibile evincere dal verbale prodotto in giudizio. La ricorrente sosteneva invece che il procedimento non era mai stato effettivamente avviato dalle parti
Il ricorso viene rigettato in quanto il primo motivo ritenuto non fondato e il secondo inammissibile.
La Corte di Salerno aveva dato atto che al primo incontro le parti hanno illustrato le rispettive posizioni, in relazione alle loro concrete ragioni di doglianza ed alle rispettive pretese. La conduttrice aveva per di più manifestato la disponibilità a sanare la morosità e la locatrice aveva fatto presente di non avere intenzione di proseguire il rapporto di locazione e che la proposta di controparte non era confacente al suo interesse. Il mediatore, preso atto della volontà delle parti e dell'impossibilità di addivenire ad un accordo, ha dichiarato "chiuso" il procedimento di mediazione.
Secondo la Cassazione, tanto basta per considerare espletato il procedimento, e dunque rispettata la condizione di procedibilità di cui all'art. 5, comma, 1-bis, del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, che può ritenersi, realizzata "qualora una o entrambe le parti comunichino al termine del primo incontro davanti al mediatore la propria indisponibilità a procedere oltre" (Cass. Sez. 3, sent. 27 marzo 2019, n. 8473, Rv. 653270-01). Ciò, come evidenziato dal noto precedente citato, si basa sia su un argomento letterale che sistematico.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, condannando l'Associazione Sportiva Dilettantistica Scuola Calcio (...) a rifondere, alla Parrocchia di S, o meglio, per essa, all'Avvocato Ro.Ci., dichiaratosi antistatario, le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 5.127,00, più Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo diel doppio del contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, all'esito dell'adunanza camerale della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, svoltasi il 25 gennaio 2024.
Depositato in Cancelleria l'8 luglio 2024.

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Ultimo aggiornamento Giovedì, Novembre 07 2024
  
30
Ottobre
2024

Voli cancellati e ritardi: annullata la conciliazione obbligatoria;

Niente più tentativo di conciliazione obbligatorio per i passeggeri aerei che potranno direttamente andare in giudizio.

Niente più tentativo di conciliazione obbligatorio per i passeggeri aerei che potranno direttamente andare in giudizio per ottenere il risarcimento previsto per voli cancellati o ritardi prolungati. A stabilirlo è il Tar Piemonte che, con sentenza n. 1093/2024 depositata il 28.10.2024, mette la parola fine alla delibera dell'Autorità di regolazione dei trasporti dell'8 febbraio 2023 n. 21, nella parte in cui dichiarava possibile proporre ricorso in sede giurisdizionale solo ed esclusivamente dopo aver proposto un tentativo obbligatorio di conciliazione, con evidenti costi aggiuntivi per i consumatori. Il ricorso, presentato dallo Studio Legale Leone - Fell & C., riguarda il caso di un passeggero che era venuto a conoscenza della cancellazione del proprio volo pochi minuti prima del decollo, senza ricevere alcuna assistenza o opzioni alternative di viaggio da parte della compagnia aerea. Costretto a trovare una soluzione per conto proprio, è riuscito a raggiungere la destinazione solo in serata, mancando così agli impegni che avevano motivato il viaggio. Ha successivamente inviato un reclamo alla compagnia aerea richiedendo:

• un risarcimento di 250 euro, secondo il Regolamento CE 261/2004;

• il rimborso del costo del biglietto;

• un rimborso per le spese extra sostenute.

Non avendo ricevuto risposta, il ricorrente ha contestato la normativa vigente che richiede una procedura di conciliazione obbligatoria prima di poter avviare una causa legale contro una compagnia aerea. A suo parere, tale obbligo rappresenta un ostacolo inutile e ingiustificato, dal momento che il risarcimento previsto è già definito dal Regolamento CE 261/2004. In altre parole, il tentativo di conciliazione obbligatorio - istituito dalla delibera dell'Autorità di regolazione dei trasporti - costituisce nei fatti un ostacolo concreto all'esercizio, per i passeggeri, dei propri diritti previsti dalla normativa comunitaria, scoraggiando così il consumatore ad intraprendere la procedura di rimborso, poiché troppo costostosa. Scrivono i giudici: "Dall'analisi del Regolamento comunitario si evince che la "compensazione pecuniaria" debba garantire al passeggero la possibilità di conseguire con maggiore certezza e rapidità il ristoro del pregiudizio sofferto, senza la necessità di affrontare i tempi, i costi e le incertezze di un'eventuale azione giudiziaria, i quali costituiscono innegabilmente un disincentivo a far valere le proprie ragioni in giudizio, anche in considerazione della modesta entità degli importi di cui si discute".

Secondo il giudice del TAR, il provvedimento impugnato, che rende obbligatoria la procedura di conciliazione, limita il ricorrente nella possibilità di rivolgersi subito a un tribunale. Di fatto, se il reclamo fosse respinto, il ricorrente non avrebbe altra scelta se non quella di passare per un organismo di mediazione prima di poter agire in tribunale. Questo "doppio passaggio" impone ulteriori costi e allunga i tempi per ottenere il risarcimento.

Il giudice del Tar  ha quindi rilevato che questa procedura aggiuntiva non è prevista dal Regolamento dell'Unione Europea applicabile al caso e, anzi, rappresenta un ostacolo ingiustificato che rende più difficile esercitare il diritto alla compensazione pecuniaria sancito dalle normative europee.

"In definitiva - concludono i giudici del Tar - se per un verso il tentativo obbligatorio di conciliazione costituisce un mezzo idoneo ad alleggerire il cospicuo contenzioso in materia gravante sul giudice ordinario, soprattutto in ragione della plausibile rinuncia da parte di numerosi passeggeri a percorrere l'intero iter extragiudiziale e giudiziale al fine di conseguire l'eventuale pagamento di modesti importi a titolo di compensazione pecuniaria, per altro verso l'accesso alla tutela giurisdizionale da parte dei passeggeri è destinato a soggiacere, per quanto si è fin qui rilevato, a limitazioni che, oltre a porsi in contrasto con la ratio sottesa agli artt. 7 e 15 del Regolamento CE n. 261/2004, paiono sproporzionate".

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Ultimo aggiornamento Mercoledì, Ottobre 30 2024
  
28
Ottobre
2024

L’applicazione del regime fiscale agevolato è limitata agli atti del procedimento di mediazione. All’atto notarile di compravendita immobiliare separato e distinto dall’accordo di conciliazione non si applica il regime agevolativo ex art. 17 Dlgs 28/2010;

Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio Sez. 15, 13.06.2024, sentenza n. 4361

SINTESI:  Il sig. X ricorreva avverso un avviso di liquidazione, ai fini dell'imposta di registro, in relazione al trasferimento di una porzione immobiliare avvenuta in esecuzione di un accordo di mediazione di scioglimento di comunione ereditaria. La Corte di Giustizia Tributaria di Primo grado di Roma aveva accolto tale ricorso condannando l’ufficio alle spese, affermando che la spettanza dell'esenzione non può essere limitata all'accordo di mediazione ma si deve estendere ai necessari atti attuativi dell'accordo stesso, facendo riferimento sia al dettato dell’art. 17 del D.Lgs. n. 28/2010 che alla consulenza giuridica della stessa Agenzia delle Entrate n. 913-8/2014, della D.R. Lazio all'Associazione Italiana degli Organismi di Mediazione.
Avverso la predetta sentenza proponeva appello l’Ufficio lamentando che nel caso in esame, le parti dopo aver concluso l’accordo all’esito della procedura di mediazione, avevano scelto di stipulare un separato e distinto atto notarile di compravendita immobiliare, che è la vera fonte dell’effetto traslativo finale con cui le parti, successivamente alla mediazione, hanno disposto il trasferimento dell’immobile e, quindi, ad esso non poteva applicarsi il regime agevolato, sulla base della nota sentenza n. 11617/2020 della Corte di cassazione secondo cui l’agevolazione fiscale, avendo carattere eccezionale, è da ritenere di rigida interpretazione e non suscettibile di applicazione analogica. Secondo l’Ufficio, non andrebbe demandato a un successivo atto notarile, che recepisca, nella forma dell’atto pubblico, un accordo di mediazione già sottoscritto davanti al relativo organismo, pena la perdita del beneficio fiscale. L’esenzione ai sensi dell’art. 17 citato va riservata solo ed esclusivamente all’accordo di mediazione sottoscritto davanti al notaio rogante. La posizione del contribuente costituitosi in giudizio era di ritenere la cessione dell’immobile un mero adempimento dell’obbligo che già vincolava le parti sin dall’accordo di mediazione.
L’appello viene accolto. La Corte afferma che l’effetto traslativo non è stato ad esso [accordo conciliativo] affidato, ma rimesso a un successivo e distinto atto notarile. Pertanto, risulta chiaro che non si è in presenza di un accordo di conciliazione – raggiunto in sede di mediazione civile – avente immediati effetti traslativi, con la conseguenza che non è possibile considerare il successivo atto notarile come mera attuazione dell’accordo precedente, e, quindi, volto esclusivamente a consentire la pubblicità legale dell’avvenuto passaggio di proprietà, godendo, a sua volta, dell’esenzione dall’imposta di registro. Prosegue la corte: all’accordo in questione va attribuita mera efficacia obbligatoria, assimilabile a quella che si ha quando si stipula un contratto preliminare, mentre all’atto notarile oggetto dell’avviso di liquidazione deve essere attribuita la vera e propria efficacia traslativa. L’atto notarile successivo non può essere ritenuto meramente riproduttivo dell’accordo conciliativo precedente, ma ad esso va attribuito il concreto effetto traslativo dell’immobile. Pertanto, non è possibile estendere all’atto notarile i benefici fiscali.

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Ultimo aggiornamento Lunedì, Ottobre 28 2024
  
18
Ottobre
2024

Esposto all’Ordine contro avvocato accusato di essere scorretto, anche in Mediazione: non è diffamazione;

È legittimo esercizio del diritto di critica finalizzato a ottenere il controllo sul rispetto delle regole deontologiche da parte dell’organo a ciò deputato. (Inoltre l'avvocato in Mediazione, non deve difendere nessuno, ma il suo compito è quello di entrambi gli avvocati), è quello di mettere da Parte Rancori o altro e Aiutare il Mediatore a fare  Raggiungere l'accordo alle Parti, e far pagare le indennità dovute in tempo, altrimenti non avrebbe senso avere l'avv. in Mediazione), il Mediatore se un avvocato fa troppo il Furbo, lo può per legge anche fare uscire dal locale ove si svolge la Mediazione, scrivere tutto e se ha esagerato, segnalarlo, al Giudice al suo Ordine e al Ministero della Giustizia (Si Ricorda infatti che il Mediatore è designato direttamente Dal Presidente dell' organismo, che si assume tutte le responsabilità) . Vede D.Lgs 149/22 s.m.i. Anche perchè si ricorda che La Mediazione con il Verbale Firmato, ha lo stesso Valore di una sentenza di 1° Grado, impugnabile in corte d appello. Cosa sconsiata perchè i Giudici sono gia Oberati di Lavoro, e quindi si corre solo il rischio di Tornare in Mediazone o essere Condannati, come da Legge Nordio/Cartabia. Infatti è solo il Mediatore che Conduce la Mediazione con Le Parti solo Lui, può decidere come condurla, con chi, se in sessioni separate o congiunte e se all'avvovato non va bene, prima o poi gli accadrà come a questo sotto descritto e Molti Altri, (Ma prima poi lo capirete), per chi vorrà continuare a fare questo Mestiere. (Basta Leggere Ogni Sentenza, Ordinanza, e da li si capisce e vede tutto). La Stessa cosa Vale per i Medici, anzi per Loro Ancora di più: Se uno si sente trattato Male da un Medico ha tutto il Dovere di Dirlo e non solo, senza poi essere denunciato e se lo fa solo a quel punto, può essere contrdenunciato: Ovviamente tutte cose che non dovrebbero accadere, ma siccome tutto può accadere meglio sempre premunirsi, informando tutti ivi compreso l'ordine Nazionale dei Medici, come gli avvocati, come scritto sotto. Siccome siamo in Democrazia per fortunna fino prova contraria ognuno può Ritenersi insoddisfatto e farlo presente.  (poi basta Leggere l'articolo sotto e vdere cosa c'è scritto).

L’esposto all’Ordine che solleva dubbi sulla correttezza professionale di un legale costituisce esercizio del diritto di critica, finalizzato a ottenere il controllo sul rispetto delle regole deontologiche, da parte dell’organo deputato ad esso (Cassazione penale, sentenza n. 36586/2024. La sentenza muove dal ricorso dell’imputato, il quale era stato condannato per il reato di diffamazione perché, in una missiva inviata all’amministratore del condominio e al Consiglio dell’Ordine degli avvocati, aveva appellato la persona offesa come “tale”, lo aveva definito come soggetto “ospitato” nell’appartamento della moglie, aveva affermato che questi avesse minacciato velatamente strascichi legali, lo aveva accusato di essersi introdotto in luogo privato senza autorizzazione e di aver partecipato alle assemblee condominiali senza titolo, nonché di aver tenuto un comportamento di dubbia correttezza professionale redigendo su carta intestata del suo studio legale la lettera con cui aveva contestato la delibera assembleare e paventato azioni legali. Il ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza del Tribunale, che confermava la condanna emessa dal Giudice di pace, deduceva sostanzialmente la mancata integrazione del reato in ragione dell’esimente del diritto di critica, esercitando il quale l’imputato aveva inteso stigmatizzare, sia pure con tono sferzante, il comportamento, tenuto dalla persona offesa, di aspra critica della delibera condominiale in mancanza di qualsivoglia titolo, dal momento che non era un condomino (ma il coniuge di una dei condomini), e non aveva ricevuto alcun incarico professionale al riguardo.

Per tale ragione il ricorrente evidenziava di aver censurato l’uso improprio, da parte della persona offesa, della carta intestata del suo studio professionale, al fine di contestare all’amministratore la delibera assunta, in difetto di procura e la mancanza di autorizzazione a partecipare alle assemblee condominiali.

La parte civile deduceva l’inammissibilità del ricorso assumendo che il ricorrente avesse inteso sollecitare una rilettura dei fatti. La Corte di cassazione ha riconosciuto la fondatezza del ricorso, osservando come il contenuto delle espressioni utilizzate non travalicasse la forma civile di esposizione e non si risolvesse in una aggressione alla persona offesa, ma costituisse una critica, sia pure sferzante e sarcastica, alla condotta della persona offesa sia per la sua ritenuta impropria intromissione nelle questioni condominiali, sia per l’uso della carta intestata dello studio legale al di fuori dello svolgimento della sua attività professionale. Tanto, in armonia con l’interpretazione giurisprudenziale che, in tema di diffamazione, ha affermato la necessità di contestualizzare le espressioni incriminate, riportandole nell’alveo della liceità ove non trasmodino nella gratuita ed immotivata aggressione dell’altrui reputazione e abbiano anche significati di mero giudizio critico negativo, da valutarsi anche alla luce del complessivo contesto in cui il termine viene utilizzato.Nel caso in esame, quindi, secondo la Corte, l’indicazione della persona offesa come “tale” e come “ospitato” nell’appartamento della moglie era volta a sottolineare il fatto che la persona offesa, pur abitando nel condominio, non era un condomino, non essendo proprietario di alcuno degli appartamenti che ne facevano parte, e dunque non aveva titolo a contestare la deliberazione approvata dall’assemblea condominiale. L’ulteriore espressione incriminata, con la quale si affermava che la persona offesa si era introdotta “in un luogo privato senza alcuna autorizzazione”, non andava intesa come attribuzione di un reato, ma come modo enfatico e paradossale di sottolinearne l’estraneità della persona offesa rispetto all’assemblea dei condomini. Ancora, la frase con cui il ricorrente aveva censurato l’utilizzo da parte della persona offesa della carta intestata del suo studio legale nella missiva all’Amministratore, oltre a rappresentare un fatto vero, aveva inteso stigmatizzare l’uso improprio della qualifica professionale da parte della persona offesa. Infine, anche l’inoltro della missiva al Consiglio dell’Ordine degli avvocati, non era da considerarsi diffamatorio nella parte in cui prospettava dubbi e perplessità sulla correttezza professionale della persona offesa in quanto l’invio di un esposto all’autorità disciplinare, contenente espressioni offensive, costituisce esercizio del diritto di critica, costituzionalmente tutelato dall’art. 21 Cost., - da ritenersi prevalente rispetto al bene della dignità personale, pure tutelato dalla Costituzione agli artt. 2 e 3, considerato che senza la libertà di espressione e di critica la dialettica democratica non può realizzarsi - finalizzato a richiedere all’organo istituzionalmente a ciò deputato la valutazione della correttezza dell’operato del legale. “Alla luce di tali considerazioni la Corte ha pertanto disposto l’annullamento della sentenza impugnata”.

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Ultimo aggiornamento Venerdì, Ottobre 18 2024
  
16
Ottobre
2024

Neurotecnologie Psichiatria e neuroPsicodiritti: la sfida della privacy della mente;

L'obiettivo principale è garantire che il progresso non comprometta la dignità e la libertà individuale.

Le neurotecnologie e Psichiatria stanno rapidamente trasformando la nostra società, aprendo nuove prospettive nei settori della medicina, della comunicazione e del potenziamento cognitivo. Questi strumenti, capaci di interagire direttamente con il cervello umano, hanno già dimostrato il loro potenziale rivoluzionario nella cura delle malattie neurologiche e nel miglioramento delle capacità cognitive.Tuttavia, il progresso tecnologico porta con sé questioni etiche e legali di grande rilevanza, ponendo interrogativi sul rispetto della privacy e della libertà individuale in un contesto in cui la mente stessa può essere oggetto di manipolazione. In questo scenario, emerge la necessità di introdurre i cosiddetti neuro e psico diritti, una nuova categoria di diritti pensati per proteggere la mente umana. La sfida principale è garantire che il progresso delle neurotecnologie non comprometta la dignità e la libertà individuale, e che venga preservata la privacy mentale, una dimensione dell’essere umano finora non contemplata nelle leggi tradizionali. E’ severamente vietato scrivere su dati Regionali, i dati di un soggetto che ha problemi in codeste Materie. I neuro e Psichitico diritti rappresentano una frontiera emergente della tutela giuridica, volta a salvaguardare diritti fondamentali nell’era delle neurotecnologie. A differenza dei diritti che tradizionalmente proteggono la privacy fisica o i dati personali, i neurodiritti e Diritti Pschiatrici pongono l'accento sulla tutela della mente e delle capacità cognitive degli individui. Questi includono la privacy mentale, la libertà cognitiva, il controllo dell’identità personale e l’integrità psicologica. L'introduzione di tecnologie come le interfacce cervello-computer (Brain-Computer Interfaces, BCI) e gli impianti cerebrali, che permettono di leggere o influenzare l'attività neurale, apre nuovi interrogativi su chi possa accedere a questi dati e su come tali informazioni debbano essere protette. Sebbene tali strumenti siano stati finora utilizzati prevalentemente per trattamenti terapeutici, le loro applicazioni future potrebbero estendersi ben oltre, con il rischio di sfruttamenti commerciali o addirittura manipolazioni mentali! E siccome molti medici, alla prima Visita, senza nessun motivo, possono scrivere o definirti malato di mente, o Altro, Come Alcolista, perchè hai bevuto un paio di Volte, o Tossicodipente, allo stesso modo cosa ovviamente Falsa Finalmente la U.E. qualcosa inizia a fare.

Nonostante i potenziali benefici, soprattutto in ambito terapeutico, l'uso della sonogenetica e di altre neurotecnologie per migliorare le capacità cognitive solleva importanti questioni etiche.

Il mercato globale delle neurotecnologie, valutato circa 33 miliardi di dollari nel 2023, potrebbe avvicinarsi ai 50 miliardi entro il 2028, alimentando il dibattito su chi avrà accesso a queste tecnologie e come verranno regolamentate.

Esiste il rischio che l’accesso a tali strumenti crei nuove forme di disuguaglianza sociale, dove solo alcuni individui potranno migliorare le proprie capacità cognitive, lasciando dietro chi non può permetterselo. Questo scenario eviLa nuova normativa californiana si rivolge alla protezione dei dati neurali prodotti dall'attività del cervello e dai nervi che attraversano il corpo umano. Gli utenti ora avranno il diritto di richiedere la cancellazione, la correzione e di limitare i dati raccolti dalle aziende di neurotecnologia, oltre a poter scegliere di escludere la condivisione o la vendita di tali informazioni. La legge estende queste tutele anche alle informazioni biometriche, tra cui dettagli fisiologici, biologici e comportamentali. Tra questi, rientrano caratteristiche come immagini dell'iride, della retina, impronte digitali e registrazioni vocali, nonché modelli di andatura o ritmo di battitura dei tasti, e dati relativi al sonno e alla salute, documenti, Neurologici e o Psichiatrici. Le neurotecnologie offrono enormi opportunità per il miglioramento della vita umana, ma presentano anche rischi considerevoli per la privacy e la libertà individuale. I neurodiritti stanno emergendo come una risposta cruciale per garantire che le innovazioni tecnologiche non diventino strumenti di controllo o manipolazione.

Il rispetto della privacy mentale e la salvaguardia della libertà cognitiva devono essere al centro dell’agenda normativa globale, affinché le neurotecnologie restino un progresso al servizio dell'umanità e non un pericolo per la sua dignità.

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Ultimo aggiornamento Venerdì, Ottobre 18 2024
  
13
Ottobre
2024

La direttiva 2008/52 consente agli Stati membri di rendere obbligatorio il ricorso alla mediazione o di prevedere incentivi o sanzioni, purché le norme non impediscano alle parti di esercitare il loro diritto di accesso al sistema giudiziario;

Corte di Giustizia dell’Unione Europea (Sezione 7), 3.09.2024, ordinanza causa C-658/23 Investcapital Ltd c. TK.

La controversia riguarda un rinvio pregiudiziale del Tribunale di primo grado di Bucarest circa l’interpretazione della direttiva 2008/52 nell'ambito di una controversia tra Investcapital Ltd e TK in merito al recupero da parte di tale società di un credito derivante da un contratto stipulato tra TK e una società di telefonia mobile e ceduto da quest' ultima a Investcapital.

La legge rumena n. 192/2006 sulla mediazione e l’organizzazione della professione di mediatore (legea nr. 192/2006 privind medierea și organizarea profesiei de mediator), del 16 maggio 2006, prevede all’articolo 2:
“Salvo che la legge non disponga altrimenti, le parti, persone fisiche o giuridiche, possono risolvere le loro controversie di qualsiasi natura attraverso il procedimento di mediazione, anche dopo l’avvio di un procedimento giurisdizionale.
1bis. La prova della partecipazione alla riunione informativa sui vantaggi della mediazione è riportata da un attestato informativo rilasciato dal mediatore che ha fornito l’informazione. Se una delle parti rifiuta per iscritto di partecipare alla riunione informativa, non risponde all'invito di cui all'articolo 43, paragrafo 1, o non si presenta alla data fissata per la riunione informativa, viene redatto un verbale e inserito nel fascicolo dell'organo giurisdizionale.
1(ter). Il giudice respinge il ricorso introduttivo del giudizio in quanto irricevibile se la parte ricorrente non rispetta l’obbligo di partecipare alla riunione informativa sulla mediazione prima del deposito di tale ricorso, o dopo l’avvio del procedimento, entro il termine all'uopo fissato dal giudice, per le controversie nelle materie di cui all'articolo 60 bis, paragrafo 1, lettere da a) a f).
1quater. La procedura di informazione sui vantaggi della mediazione può essere svolta dal Mediatore, dal giudice, dal procuratore, dal consulente legale e o stragiudiziale, dall'avvocato. Viene redatto un documento che lo attesti.
1quinquies. I servizi forniti ai sensi dei paragrafi 1 e 1 bis sono gratuiti e non possono dar luogo al pagamento di onorari, tasse o qualsiasi altro importo, indipendentemente dal titolo al quale siano richiesti.
E all’art. 60bis:
“Nelle controversie che possono, ai sensi di legge, essere oggetto di mediazione o di altro metodo alternativo di risoluzione delle controversie, le parti e/o la parte interessata, a seconda dei casi, sono tenute a fornire la prova della loro partecipazione alla riunione informativa sui vantaggi della mediazione, nelle seguenti materie:
a)         in materia di tutela dei consumatori, quando il consumatore fa valere l’esistenza di un danno derivanti dall'acquisto di un prodotto o servizio difettoso, dalla violazione delle clausole contrattuali o delle garanzie concesse, dall'esistenza di clausole abusive contenute nei contratti conclusi tra i consumatori e i operatori economici o della violazione di altri diritti previsti dal diritto nazionale o dell'Unione in materia di tutela dei consumatori.
Nel caso di specie si trattava di una controversia di modesta entità in cui vige l’obbligo in Romania prima di depositare un ricorso di partecipare a una riunione informativa sulla mediazione.

2 sentenze delle Corte costituzionale rumena

Con la sentenza n. 266/2014 del 7 maggio 2014 la Curtea Constituțională (Corte costituzionale rumena) ha dichiarato che l’articolo 2, paragrafi 1 e 1 ter, della legge n. 192/2006 è contrario all'articolo 21 della Costituzione rumena che sancisce il libero accesso alla giustizia, in quanto l’obbligo di partecipare a tale riunione limiterebbe l’esercizio di tale libero accesso. La decisione della corte si basa sul preambolo e sugli articoli 3 e 5 della direttiva 2008/52 e ha ritenuto che “le disposizioni di tale direttiva riguardano unicamente la possibilità, e non l’obbligo, per le parti di seguire la procedura di mediazione. Tali disposizioni non contengono quindi alcun elemento obbligatorio legato alla mediazione e tanto meno alla previa procedura di informazione sui vantaggi della mediazione”.

Sul tema si è pronunciata anche la sentenza n. 560/2018, del 18 settembre 2018, con cui la Curtea Constituțională (Corte costituzionale rumena) ha dichiarato che, se il legislatore nazionale avesse reso conformi alla Costituzione rumena le disposizioni dichiarate incostituzionali con la precedente sentenza n. 266/2014, le disposizioni di legge adottate a seguito di quest' ultima sentenza pregiudicavano il libero accesso delle parti alla giustizia ed erano, pertanto, in contrasto con l’articolo 21 della Costituzione rumena, in quanto rendevano obbligatoria la mediazione.

La questione sottoposta a rinvio pregiudiziale della Corte UE è se l’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 2008/52, letto in combinato disposto con il principio del primato del diritto dell'Unione, debba essere interpretato nel senso che osta a che i giudici di uno Stato membro non possano disapplicare una decisione della corte costituzionale di tale Stato membro che invalidi una normativa nazionale in forza della quale la ricevibilità di taluni ricorsi, che possono rientrare nell'ambito di applicazione della presente direttiva, è subordinata al rispetto, da parte della parte ricorrente, dell'obbligo di partecipare ad una riunione informativa sui vantaggi della mediazione. In sintesi, il giudice rumeno, in applicazione del principio del primato del diritto dell'Unione, può disapplicare le decisioni pertinenti della Curtea Constituțională (Corte costituzionale)? La giurisprudenza costituzionale rumena viola l’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 2008/52?

La risposta della CGUE è che la direttiva 2008/52 non osta, in linea di principio, a una normativa nazionale che renda possibile il ricorso alla mediazione obbligatorio o sottoponendolo a incentivi o sanzioni. La CGUE si basa sul proprio precedente del 14 giugno 2017, Menini e Rampanelli (C‑75/16, EU:C:2017:457) che ha statuito che il fatto di subordinare la ricevibilità di un ricorso giurisdizionale a condizione che la controversia sia sottoposta a una procedura preliminare di mediazione non è contraria al diritto dell'Unione a condizione che tale condizione non impedisca alle parti di esercitare il loro diritto di accesso al sistema giurisdizionale. L’obbligo dei ricorrenti di partecipare a una riunione informativa sui vantaggi della mediazione, è in linea di principio compatibile con l’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 2008/52, purché tale normativa non impedisca alle parti di esercitare il loro diritto di accesso al sistema giudiziario. La direttiva 2008/52 non vieta, in quanto tale, agli Stati membri di rendere obbligatorio il ricorso alla mediazione.

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Ultimo aggiornamento Lunedì, Ottobre 14 2024
  

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