Il correttivo Cartabia, introdotto con il D. Lgs. 216/2024, pubblicato il 10 gennaio 2025 e in vigore dal 25 gennaio 2025, ha apportato modifiche sostanziali al sistema della mediazione civile e commerciale, con l’obiettivo di rendere più efficiente e moderno questo strumento di risoluzione alternativa delle controversie. Due aspetti chiave di questa riforma riguardano la disciplina della mediazione telematica e le nuove regole sui tempi di durata del procedimento. Entrambi offrono opportunità significative, ma pongono anche interrogativi e sfide operative che richiedono una riflessione approfondita.
La mediazione telematica: opportunità e criticità nella firma dei verbali
L’introduzione degli articoli 8-bis e 8-ter nel D.Lgs. 28/2010 rappresenta un passaggio fondamentale per la digitalizzazione della mediazione. La norma consente la partecipazione agli incontri mediante collegamenti audiovisivi, purché sia garantita la visibilità e udibilità reciproca tra i partecipanti. Tuttavia, il tema della firma dei verbali e degli accordi raggiunti durante la mediazione telematica è centrale per comprendere le potenzialità e i rischi di questa innovazione.
La formulazione normativa distingue due scenari principali:
L’adozione della firma digitale consente una gestione più rapida e sicura degli atti, riducendo i tempi e semplificando la conservazione e la trasmissione dei documenti. Inoltre, l’uso della tecnologia aumenta l’accessibilità alla mediazione, permettendo anche a parti distanti di partecipare senza vincoli geografici. La possibilità di derogare alla firma digitale, optando per quella analogica, rappresenta un compromesso utile per garantire la flessibilità del sistema.
Tuttavia, la coesistenza di firme digitali e analogiche nello stesso procedimento potrebbe generare confusione e incertezza giuridica. Ad esempio, la necessità di integrare firme analogiche in un verbale digitale aumenta il rischio di errori o contestazioni. Inoltre, l’adozione esclusiva della firma digitale potrebbe escludere alcune categorie di utenti, come anziani o persone con scarsa alfabetizzazione tecnologica, sollevando questioni di equità e inclusione.
La durata del procedimento di mediazione: chiarezza e flessibilità
Un altro pilastro della riforma riguarda la durata del procedimento di mediazione, regolata dal nuovo art. 6 del D.Lgs. 28/2010. La norma stabilisce che la mediazione debba concludersi entro sei mesi, con la possibilità di proroga. Tuttavia, la disciplina delle proroghe è articolata e dipende dalle circostanze del caso.
La proroga è consentita:
Sempre in termini di durate, viene espressamente prevista l’esclusione del termine di durata della mediazione dalla sospensione feriale. Questo significa che i sei mesi (o le eventuali proroghe) decorrono senza interruzioni durante il periodo estivo. La scelta del legislatore si pone in linea con l’obiettivo di accelerare i procedimenti, ma potrebbe rappresentare una criticità per le parti o i mediatori impossibilitati a lavorare durante il mese di agosto.
Concludendo l’analisi dei punti incidenti sulla durata della mediazione, la fissazione di un termine certo per la conclusione della mediazione risponde all’esigenza di evitare lungaggini e di garantire maggiore prevedibilità alle parti. L’eventuale proroga, consentita solo in circostanze specifiche, consente di affrontare con flessibilità le controversie più complesse, evitando però abusi del sistema. Questa chiarezza normativa aumenta la fiducia delle parti, che possono pianificare meglio i propri impegni.
D’altro canto, la possibilità di proroghe ripetute rischia di vanificare il vantaggio di una durata definita, prolungando eccessivamente il procedimento. Questo potrebbe rendere la mediazione meno attraente rispetto ad altri strumenti di risoluzione delle controversie. Inoltre, la gestione delle proroghe richiede una comunicazione efficace tra le parti e, nei casi di mediazione demandata, con il giudice, il che potrebbe generare ulteriori complessità burocratiche.
Delega per la partecipazione agli incontri
L’art. 8, come modificato, introduce la possibilità di conferire la delega per partecipare agli incontri di mediazione attraverso un atto sottoscritto con firma non autenticata, contenente gli estremi del documento di identità del soggetto che conferisce la delega. Questa disposizione mira a semplificare l’accesso alla mediazione, evitando che le parti siano obbligate a presenziare fisicamente quando non necessario.
Sebbene questa innovazione risponda a esigenze pratiche, pone anche questioni legate alla rappresentatività e alla trasparenza del procedimento.
La presenza personale delle parti rappresenta uno degli elementi fondamentali per il successo della mediazione. Questo strumento, a differenza del processo giudiziario, si fonda su un approccio relazionale e collaborativo, in cui il confronto diretto tra le parti è cruciale per individuare soluzioni condivise. In mediazione, infatti, non si tratta solo di risolvere una disputa giuridica, ma spesso di affrontare dinamiche personali, emotive o relazionali che richiedono un’interazione autentica. Il mediatore facilita questo processo, creando un ambiente sicuro dove le parti possano esprimere le proprie posizioni, comprendere le ragioni dell’altro e lavorare insieme verso un accordo.
Partecipare personalmente alla mediazione consente di instaurare un dialogo autentico, in cui non solo le parole, ma anche il linguaggio del corpo e le emozioni giocano un ruolo determinante. L’interazione diretta favorisce l’empatia e aiuta le parti a percepire la sincerità delle dichiarazioni reciproche, riducendo i malintesi e le incomprensioni. Questo è particolarmente importante nelle controversie in cui il conflitto è radicato in rapporti personali o professionali complessi. La presenza fisica permette anche di costruire un senso di responsabilità nel processo e di rafforzare il legame con l’accordo raggiunto, aumentando la probabilità che venga rispettato.
Tuttavia, la riforma Cartabia introduce la possibilità di partecipare agli incontri di mediazione tramite delega. Sebbene questa opzione possa essere utile in alcune circostanze, come nel caso di difficoltà logistiche o impedimenti personali, essa riduce il confronto diretto, limitando l’impatto emotivo delle dichiarazioni o delle scuse, che spesso sono decisive per superare le barriere del conflitto. Delegare la partecipazione a un rappresentante comporta anche il rischio di una minore capacità decisionale durante gli incontri, poiché il delegato potrebbe non essere pienamente consapevole delle priorità emotive o materiali della parte che rappresenta. Questo può rallentare il processo o addirittura impedirne il successo, specialmente nei casi in cui la fiducia e la collaborazione tra le parti sono precarie.
Nonostante i limiti della delega, vi sono situazioni in cui essa può essere adeguata, ad esempio quando il conflitto riguarda questioni puramente tecniche o economiche che non richiedono un’elaborazione emotiva. Tuttavia, anche in tali casi, è fondamentale che il rappresentante sia dotato di un chiaro mandato e del potere di negoziare. La norma, inoltre, prevede che, in alternativa alla presenza fisica, le parti possano partecipare agli incontri tramite strumenti audiovisivi. Questo compromesso tecnologico permette di mantenere un certo livello di interazione diretta, riducendo al minimo gli svantaggi della delega.
Il ruolo del mediatore diventa quindi cruciale per garantire che, anche in assenza fisica di una parte, tutte le posizioni siano rappresentate e rispettate. Il mediatore deve adottare un approccio proattivo per coinvolgere le parti, assicurandosi che nessuna venga esclusa dal processo decisionale. È altresì importante che il mediatore crei un clima di fiducia, in cui le parti si sentano sicure nel comunicare apertamente, anche attraverso un rappresentante o modalità telematiche.
La presenza personale rimane, tuttavia, insostituibile per il successo della mediazione, poiché consente di affrontare il conflitto in modo diretto e autentico. La possibilità di delegare, introdotta per semplificare l’accesso alla mediazione, deve essere utilizzata con cautela e solo in situazioni che non ne compromettano l’efficacia. Il valore del confronto diretto non dovrebbe mai essere sottovalutato, poiché rappresenta il cuore del processo di mediazione e uno degli elementi che ne determina l’effettiva riuscita.
Requisiti per la formazione dei mediatori
Il DM 150/2023 eleva gli standard di formazione e aggiornamento per i mediatori, richiedendo corsi più articolati e una maggiore attenzione alla formazione pratica. Questo cambiamento risponde all’esigenza di migliorare la qualità del servizio offerto, garantendo che i mediatori siano adeguatamente preparati a gestire situazioni complesse e a fornire un supporto efficace alle parti.
Tuttavia, il rafforzamento dei requisiti formativi potrebbe avere effetti collaterali indesiderati. I mediatori già operativi, ad esempio, potrebbero trovarsi in difficoltà nell’adeguarsi alle nuove regole senza un supporto specifico. Il Senato ha sottolineato l’importanza di prevedere un periodo transitorio e percorsi integrativi che consentano a questi professionisti di aggiornarsi senza dover ripetere l’intero percorso formativo.
Regolamentazione degli organismi di mediazione
Il correttivo introduce requisiti più stringenti per gli organismi di mediazione, come l’obbligo di disporre di un capitale minimo, di sistemi telematici per la gestione delle procedure e di un numero minimo di mediatori qualificati. Questi requisiti mirano a garantire che gli organismi siano in grado di offrire un servizio professionale e affidabile, evitando situazioni di inadeguatezza o di gestione poco trasparente.
Per contro, queste disposizioni rischiano di penalizzare gli organismi più piccoli, specialmente quelli attivi in aree periferiche o in contesti meno strutturati. La necessità di investimenti significativi per soddisfare i nuovi standard potrebbe portare a una concentrazione del mercato, riducendo la pluralità degli operatori e, di conseguenza, la scelta a disposizione delle parti.
Validità e certificazione degli atti: più tutele per le parti
Un’altra importante novità riguarda la certificazione e la validità degli atti prodotti in mediazione. Gli accordi raggiunti devono rispettare requisiti formali più stringenti, soprattutto quando le parti non sono assistite da avvocati. In questi casi, l’omologazione del tribunale garantisce che gli accordi siano conformi alle norme imperative e all’ordine pubblico.
Ai fini della messa in esecuzione del titolo portato dall’accordo di mediazione l’art. 12 conferisce all’avvocato di provvedere alla certificazione della conformità all’originale della copia trasmessa all’ufficiale giudiziario con modalità telematiche.
Conclusioni
Il correttivo Cartabia rappresenta un intervento ambizioso che punta a modernizzare e professionalizzare il sistema di mediazione civile e commerciale in Italia. Le innovazioni introdotte, pur rispondendo a esigenze reali di efficienza e trasparenza, sollevano anche questioni operative e sociali che richiedono attenzione.
Con particolare riferimento alle novità in materia di mediazione telematica e di disciplina temporale, rappresenta un passo importante verso un sistema di mediazione più moderno e accessibile. Tuttavia, le opportunità offerte da queste novità non sono esenti da rischi, che richiedono attenzione nella fase di implementazione. L’adozione di firme digitali, pur garantendo sicurezza e velocità, deve essere accompagnata da meccanismi di supporto per chi non ha accesso alla tecnologia. Allo stesso modo, la disciplina delle proroghe deve trovare un equilibrio tra flessibilità e necessità di evitare ritardi eccessivi, salvaguardando il ruolo della mediazione come strumento rapido ed efficace di risoluzione delle controversie.
Una fase di monitoraggio attento e di dialogo con gli operatori del settore sarà essenziale per mitigare i rischi e massimizzare i benefici delle nuove disposizioni, assicurando che la mediazione possa effettivamente contribuire a una giustizia più rapida, accessibile e sostenibile.