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OMCI - Organismo di Mediazione

Omci - Organismo di Mediazione e Conciliazione Italia

07
Maggio
2023

Mediazione: c'è il dolo per chi non si presenta senza motivo;

Per il tribunale di Termini Imerese, rifiutarsi di presentarsi in mediazione senza giustificato motivo fa presumere il dolo e porta a ritenere fondata la tesi avversaria;

SINTESI: La mancata partecipazione alla mediazione, senza giustificato motivo, può valere come elemento di prova per far presumere al giudice sia il dolo della parte sia il fondamento della tesi avversaria. Così il tribunale di Termini Imerese nella sentenza n. 412/2023.

Nella vicenda, era stato depositato un verbale negativo della mediazione promossa da un locatore contro il conduttore moroso. Quest'ultimo non si era presentato alla mediazione senza giustificato motivo nonostante la rituale convocazione.

Il giudice ha riconosciuto che tale comportamento può essere considerato "doloso in quanto idoneo a determinare l'introduzione di una procedura giudiziale". Condotta ritenuta censurabile, posto che accresce il contenzioso in un contesto quale quello italiano saturo nei numeri e dilatato nella durata dei giudizi.

Non solo, tale comportamento concorre a ritenere raggiunta la piena prova della infondatezza della tesi del soggetto che non ha partecipato e legittimare l'interesse dell'attore ad ottenere quanto richiesto nei suoi confronti, oltre a meritare la condanna al versamento di una somma pari al doppio del contributo unificato dovuto per il giudizio.

In conseguenza dell'applicazione di tali principi, il tribunale ha rigettato l'opposizione a decreto ingiuntivo, condannando la parte non comparsa in mediazione al versamento di una somma di importo corrispondente al doppio del contributo unificato in favore dello Stato a causa della ingiustificata mancata partecipazione al procedimento di mediazione.

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Ultimo aggiornamento Giovedì, Maggio 11 2023
  
03
Maggio
2023

Un tribunale di merito si pronuncia sul primo incontro di mediazione alla luce della Riforma Cartabia;

Tribunale di Forlì, sez. civ., 25.01.2023, sentenza n. 59, giudice Emanuele Picci

SINTESI: In una controversia bancaria, la parte attrice (convenuta in senso sostanziale) chiedeva in rito la revoca del decreto ingiuntivo opposto per mancato idoneo assolvimento dell'onere della mediazione da parte del convenuto opposto (società di cartolarizzazione cessionaria del credito) nonché la carenza delle titolarità del credito e l’indeterminatezza della somma ingiunta pari a circa Euro 700.000.
Nel costituirsi in giudizio, la parte convenuta opposta ha insistito per la sussistenza dell'an e del quantum della pretesa monitoria, sottolineando la titolarità del credito, sulla base del contratto di cessione versato in atti.
All'incontro dinanzi al mediatore, le parti manifestavano il loro rifiuto ad intraprendere il tentativo di mediazione dichiarando la volontà di non voler proseguire in mediazione in quanto non sussistenti i presupposti per la definizione bonaria della vertenza.  
Il tribunale adito ha ritenuto tale rifiuto ostativo all'avveramento della condizione di procedibilità del giudizio in corso secondo cui la manifestazione iniziale di una volontà oppositiva rispetto alla definizione bonaria della causa, senza che si tentasse neppure un tentativo, svilisce la funzione del l'istituto.
Il cd incontro filtro, secondo la dottrina, serve a verificare la carenza o la mancata produzione della delibera che autorizzi l'amministratore a rappresentare il condominio, la carenza della procura o dell'autorizzazione del giudice tutelare, nei casi previsti dalla legge. Una volta verificati tali adempimenti, la corretta instaurazione del procedimento è una condizione necessaria ma non ancora sufficiente per ritenere assolto l'onere di attivazione della procedura, e conseguentemente avverata la condizione di procedibilità.
Il tribunale fa un’ampia rassegna di giurisprudenza a cui si rinvia e aderisce alla cd “giurisprudenza fiorentina” (cfr. Trib. Firenze 19 marzo 2014), secondo cui non solo occorre che le parti siano presenti al momento cd "filtro", ma è necessario anche superare tale fase preparatoria, in cui il mediatore dà le informazioni. Le parti devono tenere un comportamento compatibile con la finalità dell’istituto della mediazione. Solo all'esito del momento "filtro" avente funzione meramente informativa, inizia la procedura di mediazione vera e propria, sicché soltanto da questo momento in poi le parti possono legittimamente abbandonare le trattative, non prima. Il tribunale aderisce alla cd “tesi sostanzialistica” volta a spronare le parti ad impegnarsi per sfruttare le potenzialità dell’istituto in tal senso supportato dalla recente riforma che all’art. 8 sesto comma Dlgs 28/2010 come modificato dal Dlgs 149/22 stabilisce che le parti cooperino in buona fede e lealmente al fine di realizzare un effettivo confronto sulle questioni controverse. Da tale formulazione, secondo il tribunale, si evince che il primo incontro non può limitarsi a dare solo informazioni preliminari ma deve anche superare il momento cd “filtro”.

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Ultimo aggiornamento Mercoledì, Maggio 03 2023
  
01
Maggio
2023

Nell’opposizione a decreto ingiuntivo, è onere del creditore opposto avviare la procedura di mediazione, la cui inerzia comporta l'improcedibilità della domanda del creditore e la revoca del decreto ingiuntivo opposto;

Corte di Appello di Bari, 13.01.2023, sentenza n. 31, estensore Alberto Binetti

SINTESI: Il caso in esame riguarda l’impugnazione di una sentenza relativa a un’opposizione a decreto ingiuntivo, nella quale l’appellante ha, tra le varie, contestato la sentenza anche nella parte in cui ha posto a carico della parte debitrice opponente l’avvio della procedura di mediazione.
In merito, il Giudice di secondo grado ha ritenuto fondato tale motivo di appello sulla base delle seguenti considerazioni:

  • con sentenza n. 19596 del 8.09.2020 a Sezioni Unite, la Corte di Cassazione ha posto a carico del creditore opposto l'onere di attivare il procedimento di mediazione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo;
  • l'art. 4, comma 2 del D. Lgs.  28/2010, stabilisce che l'istanza di mediazione debba indicare l'organismo, le parti, l'oggetto e le ragioni della pretesa;
  • l'attore, ovvero colui che assume l'iniziativa processuale, deve chiarire l'oggetto e le ragioni della pretesa, poiché non sarebbe logico che l'opponente fosse onerato di precisare l'oggetto e le ragioni di una pretesa che non è sua;
  • l'art. 5, comma 1-bis del predetto D. Lgs. rileva, inoltre, che deve promuovere la mediazione colui che intende esercitare in giudizio un’azione ovvero il cd. "attore sostanziale" nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo;
  • ai sensi dell’art. 5, comma 6, del menzionato D. Lgs., la domanda di mediazione, dal momento della comunicazione alle altre parti, produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale e ha un effetto impeditivo della decadenza per una sola volta; non avrebbe senso che l'effetto di interruzione della prescrizione sia conseguenza dell'iniziativa assunta dalla parte contraria a farla valere ovvero dal debitore opponente e non dal creditore;
  • se l'onere di attivare la mediazione fosse a carico del debitore opponente e questi non si attivasse, l'opposizione verrebbe dichiarata improcedibile e il decreto diventerebbe irrevocabile, con effetto di compromettere definitivamente il suo diritto; al contrario, se l'onere fosse posto a carico dell'opposto, l'inerzia di quest'ultimo causerebbe l'improcedibilità e la revoca del decreto ingiuntivo, ma non gli impedirebbe di riproporre la domanda e, quindi, si verificherebbe un effetto solo provvisorio, senza alcuna preclusione.
  • l'appello va, pertanto accolto poiché è stata erroneamente pronunciata l'improcedibilità dell'opposizione e la definitività del decreto ingiuntivo opposto, ponendosi l'onere dell'avvio della procedura di mediazione a carico di parte opponente, mentre si sarebbe dovuto optare per l'improcedibilità della domanda del creditore, con revoca del decreto ingiuntivo opposto, dovendosi porre l'onere dell'avvio della procedura di mediazione a carico del creditore opposto.

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Ultimo aggiornamento Lunedì, Maggio 01 2023
  
28
Aprile
2023

LA MEDIAZIONE CIVILE è il MIGLIOR METODO UTILIZZATO ANCHE PER IL RECUPERO CREDITI;

La mediazione oltre a tutte le materie Obbligatorie, Demandate dal Giudice ecc. è anche uno dei migliori metodi in assoluto per Recuperare qualsiasi tipo di Credito, che sia obbligatorio, es: Canoni di Locazione, spese condominiali, bancari, finanziari o assicurativi, Facoltativa o obbligatoria con clausola compromissoria per recupero crediti aziendali ecc. Con la Mediazione civile e commerciale infatti, si superano tutte le agenzie di recupero crediti private, in quanto con la Mediazione e commerciale eseguita da un Organismo di Mediazione,  Vi è un Fattore non di poco conto in più: Ovvero L’organismo è iscritto all’albo del Ministero della Giustizia come tutti i Mediatori; Con la Mediazione infatti se si arriva all’accordo con le Firme di tutte le Parti si avrà un Verbale che avrà effetti di sentenza di 1° Grado (come una sentenza del Tribunale), nel caso invece non si dovesse presentare una delle Parti, questa sarà immediatamente sanzionata e il Creditore con il suo Avvocato Difensore e relativo Verbale Firmato dall’avvocato, dalla Parte e dal Mediatore potrà immediatamente continuare in tribunale, non attendete oltre quindi, se avete Crediti, non dovete fare altro che rivolgervi ad un Vero organismo di Mediazione come scritto sopra iscritto al Ministero della Giustizia, e non solo: se invece avete Debiti non corretti, attraverso la mediazione potete anche opporvi senza più rivolgervi ad autonomi o aziende per recupero crediti o Per info: www.omci.org


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Ultimo aggiornamento Martedì, Maggio 02 2023
  
21
Aprile
2023

Cassazione: responsabilità medica anche quando si omettono ulteriori controlli;

Per la S.C., va riconosciuto l'errore medico anche quando il sanitario omette di eseguire o disporre ulteriori controlli;

Riconosciuto l'errore medico anche quando si omette di eseguire o disporre ulteriori controlli. Così la Cassazione nella sentenza n. 15786/2023.

La vicenda

Nella vicenda, due medici venivano condannati per il reato ex art. 589 c.p. per aver cagionato, per imprudenza, negligenza e imperizia, la morte di un paziente per non essersi attenuti nello svolgimento della propria attività alle linee guida e alle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica e aver omesso di effettuare una corretta diagnosi e una corretta valutazione del quadro clinico.

La Corte di appello, in riforma della sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste, affermata la responsabilità civile dei predetti, li ha condannati, in solido tra loro, al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile. Nell'editto accusatorio veniva altresì evidenziato che "le condotte omissive, laddove adeguatamente tenute, avrebbero determinato una corretta diagnosi ed evitato l'evento morte, così come verificatosi, ovvero determinato un evento morte diverso o comunque differito nel tempo". Per il giudice appello, in sostanza era evidente l'errore diagnostico compiuto e aveva errato il primo giudice nell'affermare la correttezza della condotta dei sanitari. La Corte di ricordava, quindi, il principio di diritto enunciato dalla nota sentenza "Franzese" in tema di nesso causale nei reati omissivi impropri, secondo cui il nesso di causalità deve ritenersi accertato e sussistente, appunto, oltre ogni ragionevole dubbio, "tutte quelle volte in cui con alto grado di credibilità razionale o probabilità logica, dalla diagnosi omessa o dall'intervento terapeutico non effettuato o male effettuato, sarebbe potuta derivare non solo la salvezza della vita del paziente, ma anche una attenuazione del danno prodotto dalla patologia con conseguente ritardo dell'evento morte. Affermava di conseguenza che nella fattispecie a giudizio, proprio sulla base delle conclusioni dei periti del Gip, adeguatamente supportate anche dal perito della parte civile Antico, era ragionevole inferire che l'evento morte avrebbe avuto diverse modalità di verifica e differenti e più estesi tempi di sopravvivenza, qualora i due odierni imputati avessero praticato una corretta diagnosi come pacificamente emerso dall'intera istruzione dibattimentale svolta".

Il ricorso

Avverso la sentenza di appello ricorrono gli imputati, denunciando tra l'altro, carenza e manifesta e logicità della motivazione con riguardo alla ipotizzata cooperazione colposa di cui all'art 113 c.p., presupponendo, in conseguenza, l'esistenza di un legame psicologico tra le condotte dei due. Così facendo, non avrebbe tenuto conto delle distinte posizioni. Inoltre, deducevano insussistenza del nesso causale tra la loro condotta e la morte del paziente, sostenendo che le patologie da cui lo stesso era affetto avrebbero comportato comunque l'inevitabilità del decesso.

La decisione

Per gli Ermellini, i ricorsi sono inammissibili. Nel caso di specie, la Corte territoriale è pervenuta all'affermazione della responsabilità degli imputati ai fini civili senza rivalutare nel merito il compendio istruttorio, bensì correggendo l'errore di diritto in cui era incorso il giudice di primo grado laddove aveva escluso il nesso di causalità tra la condotta omissiva dei medici, odierni imputati, e il decesso del paziente.

Circa la contestazione del ragionamento sviluppato nella sentenza impugnata riguardo la condotta gravemente colposa attribuita ai sanitari che presero in cura il paziente, omettendo entrambi, nelle rispettive qualità contestate nell'editto accusatorio, di approfondire la situazione clinica del paziente e di formulare la corretta diagnosi, ciò basta per "ritenere la cooperazione colposa, ciascun medico essendo consapevole della condotta dell'altro". Per il resto le doglianze dei ricorrenti si risolvono in deduzioni di mero fatto, non proponibili in sede di legittimità, a fronte peraltro di una esposizione, da parte della Corte di merito, assai chiara e dettagliata dell'intera vicenda con particolare attenzione al parere scientifico formulato dagli esperti. Indiscutibile, ricorda la S.C., "l'errore diagnostico e le conseguenti errate condotte omissive". Sul punto, la Corte territoriale ha correttamente applicato i principi della sentenza "Franzese", cui nel tempo si sono uniformate le sezioni semplici della S.C. Va, del resto, riaffermato, concludono i giudici dichiarando inammissibili i ricorsi, che "in tema di colpa professionale medica, l'errore diagnostico si configura non solo quando, in presenza di uno o più sintomi di una malattia, non si riesca ad inquadrare il caso clinico in una patologia nota alla scienza o si addivenga ad un inquadramento erroneo, ma anche quando si ometta di eseguire o disporre controlli ed accertamenti doverosi ai fini di una corretta formulazione della diagnosi (cfr. Cass. n. 23252/2019); e che risponde di omicidio colposo per imperizia, nell'accertamento della malattia, e per negligenza, per l'omissione delle indagini necessarie, il medico che, in presenza di sintomatologia idonea a porre una diagnosi differenziale, rimanga arroccato su diagnosi inesatta, benché posta in forte dubbio dalla sintomatologia, dalla anamnesi e dalle altre notizie comunque pervenutegli, omettendo così di porre in essere la terapia più profittevole per la salute del paziente (cfr. Cass. n. 26906/2019)".

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Ultimo aggiornamento Venerdì, Aprile 21 2023
  
04
Aprile
2023

Cassazione: insindacabile l’opportunità di disporre la mediazione anche quando non è obbligatoria;

Per gli Ermellini, l’opportunità di disporre la mediazione nelle ipotesi in cui essa non è obbligatoria è insindacabile in cassazione, essendo espressione di un potere discrezionale del giudice, il cui esercizio non richiede una specifica motivazione;

SINTESI: Opportunità di disporre la mediazione

L’opportunità di disporre la mediazione anche nelle ipotesi in cui non è obbligatoria è insindacabile in sede di legittimità, essendo espressione di un potere discrezionale del giudice che non richiede specifica motivazione. A ribadirlo è la seconda sezione civile della Cassazione, con l’ordinanza n. 7269/2023.

La vicenda

La vicenda approdata in Cassazione ha ad oggetto un’opposizione a decreto ingiuntivo emesso in favore di un’impresa quale corrispettivo dei lavori eseguiti per una cliente presso il suo immobile.

La donna eccepiva l’imperfetta esecuzione delle opere e chiedeva la revoca dell’ingiunzione e la condanna dell’appaltatrice al risarcimento del danno.

L’impresa dal canto suo deduceva di aver eseguito i lavori, attenendosi alle istruzioni della committenza; negava l’esistenza dei vizi ed eccepiva la prescrizione dell’azione di risarcimento.

In primo grado veniva revocato il decreto ingiuntivo e ordinato all’appaltatrice la restituzione degli acconti. In appello, la corte distrettuale invitava le parti ad esperire il tentativo di mediazione, onerando l’appellante dell’avvio della procedura e, posto che l’invito rimaneva senza esito, dichiarava improcedibile la domanda.

Da qui il ricorso al Palazzaccio, innanzi al quale veniva denunciata, tra l’altro, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, dato che la Corte di merito aveva disposto l’avvio della procedura di mediazione senza dar conto delle ragioni che ne giustificavano l’espletamento. Inoltre, si denunciava la violazione dell’art. 1 D.Lgs. 28/2010, atteso che “la lite non era ricompresa tra quelle assoggettate al tentativo obbligatorio di mediazione, conseguendone l’impossibilità di dichiarare improcedibile la domanda”.

Mediazione disposta in appello anche se non obbligatoria

Per la S.C. il ricorso è infondato.

L’art. 5, comma 1 bis d.lgs. 28/2010, premettono da piazza Cavour, elenca una pluralità di controversie, individuate per tipologie, per le quali la legge impone, come condizione di procedibilità, l’esperimento del tentativo di mediazione. Tuttavia, rilevano ancora, oltre alla mediazione obbligatoria, disciplinata dal comma 1 bis dell’art. 5 d.lgs. 28/2010, “il comma 2 prevede che il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti, può disporre l’esperimento del procedimento di mediazione, che, in tal caso, è condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di appello”. Difatti, spiegano i giudici, “l’opportunità di disporre la mediazione nelle ipotesi in cui essa non è obbligatoria è insindacabile in cassazione, essendo espressione di un potere discrezionale il cui esercizio non richiede una specifica motivazione (cfr., ex multis, Cass. n. 31209/2022; Cass. n. 12986/2021; Cass. n. 25155/2020; Cass. n. 32797/2019; Cass. n. 27433/2018). Non rileva, dunque, conclude la S.C. rigettando il ricorso, “che la causa non rientrava tra le ipotesi di mediazione obbligatoria, poiché il giudice ha proceduto ai sensi del comma secondo del richiamato art. 5, conseguendone ugualmente l’improcedibilità della domanda in appello” (Cass. 40035/2021).

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Ultimo aggiornamento Martedì, Aprile 04 2023
  
21
Marzo
2023

Condanna pagamento spese di lite: serve istanza della parte vincitrice!

Per il giudice di pace di Rodi G.co per ottenere la condanna del soccombente al pagamento delle spese di lite la parte vittoriosa deve presentare apposita istanza;

Disciplina della condanna al pagamento delle spese di causa

L'art. 91, comma 1, primo periodo, c.p.c., dispone che il Giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell'altra parte.

La condanna alle spese di lite costituisce logica conseguenza della soccombenza.

Nella disciplina delle spese giudiziali vige il principio secondo cui il costo del processo non può farsi gravare sulla parte vittoriosa, altrimenti si verrebbe a ledere la pienezza e l'effettività del diritto di azione e di difesa tutelato dall'art. 24 Cost.

La condanna del soccombente alle spese risponde alla necessità di evitare una diminuzione patrimoniale in danno della parte che abbia dovuto svolgere un'attività processuale per vedere riconosciuto un proprio diritto.

Mancata necessità di un'istanza della parte vittoriosa

Il Giudice ha l'obbligo di pronunciare di ufficio sulle spese, senza necessità di un'apposita istanza della parte vincitrice (essendo la condanna alle spese conseguenza dell'accoglimento o del rigetto della domanda), a meno che non vi sia un'esplicita volontà contraria di quest'ultima.

Di contrario avviso, è il giudice di pace di Rodi G.co (il cui Ufficio era stato soppresso a seguito dell'operata riorganizzazione giudiziaria), secondo il quale, con la "singolare" sentenza pubblicata il 27 febbraio 2023 in caso di mancata richiesta di condanna alle spese (da parte del convenuto) le spese di causa vanno compensate.

Ancor più "singolare", a dire dello scrivente, è la circostanza secondo la quale, nel caso sottoposto all'attenzione del giudice non togato garganico, il convenuto, nella propria comparsa di costituzione e risposta, contrariamente a quanto affermato dal suddetto giudice, aveva richiesto la condanna dell'attore al pagamento delle spese di lite.

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Ultimo aggiornamento Mercoledì, Marzo 22 2023
  
11
Marzo
2023

Integrazione dell'atto di citazione dopo la Riforma Cartabia;

Cosa accade quando controparte non si presenta in mediazione senza giustificato motivo con esempio di testo da integrare negli atti di causa

  • Conseguenze mancata comparizione in mediazione senza giustificato motivo
  • Il nuovo Art. 12-bis D.Lgs. n. 28/2010
  • Un ulteriore spunto di riflessione
  • Esempio testo integrativo per mancata comparizione in mediazione.

Conseguenze mancata comparizione in mediazione senza giustificato motivo

La c.d. Riforma Cartabia ha previsto nell'ambito della disciplina della mediazione civile (d.lgs. 4 marzo 2010 n. 28) l'introduzione dell'art. 12 bis, comma 3, il quale sancisce che, qualora la parte chiamata non si presenti in mediazione senza giustificato motivo, la stessa possa essere condannata alla corresponsione in favore della controparte di una ulteriore somma equitativamente determinata dal giudice in misura non superiore nel massimo alle spese del giudizio maturate dopo la conclusione del procedimento di mediazione. Detta condanna è ulteriore a quella prevista dall'art. 96 c.p.c. ed ulteriore altresì alla condanna al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al doppio del contributo unificato dovuto per il giudizio (art. 12 bis, comma 2). Si evidenzia, infine, che laddove il predetto comportamento omissivo provenga da una amministrazione pubblica, il giudice è tenuto a trasmettere copia del provvedimento adottato al pubblico ministero presso la sezione giurisdizionale della Corte dei Conti (art. 12 bis, comma 4). Il nuovo Art. 12-bis D.Lgs. n. 28/2010

Di seguito, si riporta per comodità, il testo integrale del predetto articolo 12-bis:

Conseguenze processuali della mancata partecipazione al procedimento di mediazione

"1. Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al primo incontro del procedimento di mediazione, il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell'articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile.

2. Quando la mediazione costituisce condizione di procedibilità, il giudice condanna la parte costituita che non ha partecipato al primo incontro senza giustificato motivo al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al doppio del contributo unificato dovuto per il giudizio.

3. Nei casi di cui al comma 2, con il provvedimento che definisce il giudizio, il giudice, se richiesto, può altresì condannare la parte soccombente che non ha partecipato alla mediazione al pagamento in favore della controparte di una somma equitativamente determinata in misura non superiore nel massimo alle spese del giudizio maturate dopo la conclusione del procedimento di mediazione. 4. Quando provvede ai sensi del comma 2, il giudice trasmette copia del provvedimento adottato nei confronti di una delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, al pubblico ministero presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti, e copia del provvedimento adottato nei confronti di uno dei soggetti vigilati all'autorità di vigilanza competente".

Un ulteriore spunto di riflessione

Il comportamento di chi non si presenta in mediazione senza giustificato motivo è ancor più grave in considerazione di quanto previsto dal novellato art. 163 c.p.c. ove al comma 3, n. 3-bis, sancisce l'obbligo di indicare, nei casi in cui la domanda è soggetta a condizione di procedibilità, l'assolvimento degli oneri previsti per il suo superamento.

Esempio testo integrativo per mancata comparizione in mediazione

Si propone il testo di un capitolo da inserire negli atti di causa qualora si verifichi l'evenienza della mancata comparizione della parte chiamata in mediazione senza giustificato motivo:

Richiesta pagamento ulteriore somma ex art 12 bis D.Lgs. 28 marzo 2010 n. 28 per mancata partecipazione di controparte al procedimento di mediazione:

In data ________, presso l'organismo OMCI ROM 251, si è svolto il primo incontro della procedura di mediazione civile al quale la controparte, sebbene regolarmente convocata, non ha partecipato senza giustificato motivo (cfr. allegato n. ___ - Verbale conclusivo della mediazione). Di conseguenza, ai sensi dell'art. 12 bis, D.Lgs. 28 marzo 2010 n. 28, introdotto dalla c.d. Riforma Cartabia, si chiede la condanna di controparte al pagamento in favore della Parte Presente,  di una somma equitativamente determinata in misura non superiore nel massimo alle spese del giudizio maturate dopo la conclusione del procedimento di mediazione. Peraltro, si evidenzia che, sempre ai sensi del predetto articolo, comma 1, il comportamento omissivo e ingiustificato di controparte, oltre a costituire per il giudicante un argomento di prova ai sensi dell'art. 116 c.p.c., secondo comma, espone la stessa controparte alla ulteriore condanna al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al doppio del contributo unificato dovuto per il giudizio (art. 12 bis, 2° comma, D.Lgs. 28/2010).

PS: SI INFORMA ANCHE CHE LE MEDIAZIONI DEVONO ESSERE UNA VOLTA REGISTRATE, ESEGUITE PER QUANTO RIGUARDA IL 1° INCONTRO IL PRIMA POSSIBILE IN MODO TALE CHE SALVO DIVERSO ACCORDO TRA LE PARTI QUESTO AVVENGA ENTRO 20 GIORNI E NON OLTRE 40 GIORNI, ED é IMPORTANTE RICORDARE CHE I TERMINI SONO FISSATI IN 5 GIORNI PER LA REGISTRAZIONE COMPLETA E CHE LE MEDIAZIONI DEVONO FINIRE NON OLTRE 3 MESI DAL 1° INCONTRO,  6 MESI SE ENTRAMBE LE PARTI SONO IN  ACCORDO. Infine si ricorda che prima di richiedere eventuali rinvii o spostamenti, deve essere prima pagata l'apertura o eventuali indennità;

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Ultimo aggiornamento Domenica, Marzo 12 2023
  
06
Marzo
2023

Quando la mediazione viene disposta dalla Corte di Appello devono ritenersi astrattamente competenti per territorio tutti gli Organismi aventi sede nel distretto;

Corte d’Appello di Napoli, 9.01.2023, sentenza n.36, giudice ausiliario relatore Marco Marinaro;

SINTESI: In una controversia bancaria iniziata nel 2005, il Tribunale di Avellino accoglieva la domanda attorea, dichiarava la nullità del conto corrente in ragione dell’illegittimo interesse anatocistico trimestrale e delle commissioni di massimo scoperto facendo propria la risultanza della CTU contabile e condannava la Banca a pagare una somma di denaro. Lo stesso attore, ritenendo che il Tribunale fosse incorso in errori di valutazione dei documenti contabili e di conteggio delle somme dovute dalla banca convenuta, proponeva appello nel 2013 avanti alla Corte distrettuale di Napoli. Nel corso del giudizio di appello, la Corte disponeva la mediazione nel 2019 ai sensi dell'art. 5 comma 2 D.lgs. 28/2010 e la parte appellante depositava il verbale del primo incontro di mediazione conclusosi con esito negativo. La banca appellata eccepiva l'improcedibilità dell'appello in quanto la procedura di mediazione sarebbe stata esperita presso un organismo territorialmente non competente (Organismo di Mediazione della Camera di Commercio di Avellino). La Corte inoltre disponeva con l'ordinanza indicata l'integrazione della consulenza tecnica d'ufficio svolta in primo grado.
In via preliminare, la Corte esamina le due eccezioni proposte dalla difesa della banca appellata tra cui quella relativa alla procedibilità dell'appello in esito alla disposta mediazione. Sulla base della documentazione depositata dalla parte appellante e non contestata dalla parte appellata, con riguardo alla procedura di mediazione emerge il corretto svolgimento della stessa ai fini della verifica dell'esperimento della condizione di procedibilità. L’appellante aveva depositato presso l'Organismo di Mediazione della Camera di Commercio di Avellino (iscritto al n. 345 del Registro ministeriale) la domanda di mediazione. Il citato Organismo nominava come mediatrice una dott.ssa commercialista in quanto competente nella materia bancaria. Le parti, correttamente rappresentate e assistite, partecipavano al primo incontro. In particolare la Banca era rappresentata da un procuratore speciale con procura speciale sostanziale rilasciata ad hoc per la mediazione e autenticata da notaio. In tale primo incontro la Banca non riteneva sussistenti i presupposti per poter avviare la mediazione pertanto la procedura veniva chiusa con esito negativo.
La banca appellata eccepisce la violazione dell'art. 4 D.Lgs. n. 28 del 2010 che prevede che la domanda di mediazione debba essere presentata presso un Organismo che abbia sede nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. La Corte rigetta l’eccezione in quanto la mediazione è stata disposta dalla Corte di Appello di Napoli ai sensi dell'art. 5, comma 2, D.Lgs. n. 28 del 2010 e devono ritenersi astrattamente competenti per territorio tutti gli Organismi aventi sede nel distretto nel quale la detta Corte esercita le sue funzioni ritenendo la procedura in questione correttamente incardinata presso un organismo di mediazione che ha sede in Avellino che rientra nel distretto della Corte di Appello di Napoli (considerato che il Comune di Avellino è sede del Tribunale il cui circondario e parte del distretto territoriale per cui è competente questa Corte). Una diversa interpretazione della norma apparirebbe del tutto irragionevole posto che il legislatore ha inteso chiaramente ancorare il criterio di territorialità degli organismi di mediazione a quello del giudice competente per territorio dovendosi quindi tener conto dello specifico e diverso ambito di competenza territoriale dei diversi uffici giudiziari (giudice di pace, tribunale, corte di appello). A supporto di tale lettura interpretativa la Corte richiama i chiarimenti forniti dal Consiglio Nazionale Forense il 22 novembre 2013 secondo cui  l'accettazione dell'invito a presentarsi davanti ad un ODM in un luogo diverso da quello di competenza del giudice, provoca, come avviene nel processo, la tacita accettazione della deroga. Inoltre, quanto alla derogabilità del criterio legale di territorialità resta infine da osservare che il legislatore con la recente riforma adottata con il D.Lgs. n. 149 del 2022 ha integrato il comma 1 dell'art. 4 D.Lgs. n. 28 del 2010 (con entrata in vigore dal 28 febbraio 2023, ex L. n. 197 del 2022) proprio al fine di chiarire che "La competenza dell'organismo è derogabile su accordo delle parti".

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Ultimo aggiornamento Lunedì, Marzo 06 2023
  
23
Febbraio
2023

Tre nuove importanti norme in vigore dal 28 febbraio 2023;

Con la legge 29 dicembre 2022, n. 197, il legislatore ha anticipato l’entrata in vigore di parte della riforma “Cartabia” al 28 febbraio 2023 (rispetto all’originaria previsione del 30 giugno 2023 del D.Lgs. 149/2022) con l’obiettivo di migliorare le procedure in termini di effettività, di efficacia e di utilità socio-economica per i cittadini e le imprese, in sostanza per il Paese. Queste sono le tre norme principali che entreranno in vigore il 28 Febbraio 2023: per le parti in mediazione, per i rappresentanti delle amministrazioni pubbliche e per gli enti vigilati come banche e assicurazioni.

La nuova disciplina della mediazione telematica Art. 8-bis

Mediazione in modalità telematica

  • Quando la mediazione si svolge in modalità telematica, ciascun atto del procedimento è formato e sottoscritto nel rispetto delle disposizioni del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e può essere trasmesso a mezzo posta elettronica certificata o con altro servizio di recapito certificato qualificato.
  • Gli incontri si possono svolgere con collegamento audiovisivo da remoto. I sistemi di collegamento audiovisivo utilizzati per gli incontri del procedimento di mediazione assicurano la contestuale, effettiva e reciproca udibilità e visibilità delle persone collegate. Ciascuna parte può chiedere al responsabile dell’organismo di mediazione di partecipare da remoto o in presenza.
  • A conclusione della mediazione il mediatore forma un unico documento informatico, in formato nativo digitale, contenente il verbale e l’eventuale accordo e lo invia alle parti per la sottoscrizione mediante firma digitale o altro tipo di firma elettronica qualificata Omci ricorda che la firma deve essere modalità avanzata visibile e mai invisibile.. Nei casi di cui all’articolo 5, comma 1, e quando la mediazione è demandata dal giudice, il documento elettronico è inviato anche agli avvocati che lo sottoscrivono con le stesse modalità.
  • Il documento informatico, sottoscritto ai sensi del comma 3, è inviato al mediatore che lo firma digitalmente e lo trasmette alle parti, agli avvocati, ove nominati, e alla segreteria dell’organismo.
  • La conservazione e l’esibizione dei documenti del procedimento di mediazione svolto con modalità telematiche avvengono, a cura dell’organismo di mediazione, in conformità all’articolo 43 del decreto legislativo n. 82 del 2005.

Limitazione della responsabilità dei rappresentanti delle amministrazioni pubbliche Art. 11-bis

Accordo di conciliazione sottoscritto dalle amministrazioni pubbliche

  • Ai rappresentanti delle amministrazioni pubbliche, di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che sottoscrivono un accordo di conciliazione si applica l’articolo 1, comma 01.bis della legge 14 gennaio 1994, n. 20.

Il comma richiamato della legge n. 20 del 1994 è il seguente:

1.1 In caso di conclusione di un accordo di conciliazione nel procedimento di mediazione o in sede giudiziale da parte dei rappresentanti delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la responsabilità contabile è limitata ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo o colpa grave, consistente nella negligenza inescusabile derivante dalla grave violazione della legge o dal travisamento dei fatti.

Innalzamento delle sanzioni in caso di mancata partecipazione con segnalazione alla Corte dei Conti e alle autorità di vigilanza Art. 12-bis

Conseguenze processuali della mancata partecipazione al procedimento di mediazione

  • Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al primo incontro del procedimento di mediazione, il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile.
  • Quando la mediazione costituisce condizione di procedibilità, il giudice condanna la parte costituita che non ha partecipato al primo incontro senza giustificato motivo al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al doppio del contributo unificato dovuto per il giudizio.
  • Nei casi di cui al comma 2, con il provvedimento che definisce il giudizio, il giudice, se richiesto, può altresì condannare la parte soccombente che non ha partecipato alla mediazione al pagamento in favore della controparte di una somma equitativamente determinata in misura non superiore nel massimo alle spese del giudizio maturate dopo la conclusione del procedimento di mediazione.
  • Quando provvede ai sensi del comma 2, il giudice trasmette copia del provvedimento adottato nei confronti di una delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, al pubblico ministero presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti, e copia del provvedimento adottato nei confronti di uno dei soggetti vigilati all’autorità di vigilanza competente.

PS: SI INFORMA CHE è VIETATO DALLA LEGGE INVIARE PAGAMENTI SENZA ISTANZA O ISTANZE SENZA PAGAMENTI, IN QUANTO DOPO 5 GIORNI SE NON SONO PERFEZIONATE SI INTENDONO DECADUTE VEDERE LEGGI E REGOLAMENTO;

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Ultimo aggiornamento Martedì, Febbraio 28 2023
  

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