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Veranda sul balcone: serve il permesso di costruire se crea nuovo volume;

Per il Consiglio di Stato con l’aumento della volumetria si concretizza un ampliamento dell’abitazione principale (sentenza n. 6301/2023 del 28/06/2023);

La costruzione di verande negli edifici condominiali è una prassi largamente diffusa. Infatti, il proprietario trae utilità non solo in termini di spazio, ottimizzando una parte del proprio immobile, ma anche in termini di comfort durante la stagione invernale. Ma a fronte di tale utilità occorre precisare che in capo al proprietario incombono specifici obblighi. Infatti, dal punto di vista urbanistico, le problematiche sono severe e restrittive, atteso che la trasformazione del balcone in veranda è considerata un’opera capace di influire sulla cubatura e sulla superficie utile e, quindi, idonea ad incidere sui parametri edilizi.

La realizzazione di una veranda comporta:

  • la realizzazione di un nuovo volume determinando un aumento della superficie utile;
  • una modifica della sagoma del fabbricato;
  • un cambio di destinazione d’uso;
  • eventualmente una compromissione della statica del fabbricato.

Per tali ragioni chiudere un balcone privato con una veranda è attività delicata che va sempre pianificata con l’ausilio di tecnici specializzati. Si tratta, dunque, di un fenomeno estremamente complesso, con implicazioni rilevanti sia dal puto di vista strettamente edilizio, in relazione alla trasformazione permanente del territorio conseguente all’installazione di tale manufatto, sia da quello afferente alla tutela del bene comune costituito, secondo una lettura estensiva (ormai pacificamente ammessa) dell’articolo 1117 del codice civile, dal decoro architettonico, che ben potrebbe essersene compromesso in maniera sostanziale, con conseguente assoggettabilità al regime repressivo, di maggior tutela, di cui al quarto comma, dell’articolo 1120 del codice civile.

L’inquadramento del manufatto

In base all’allegato A (contente 42 voci/definizioni standard) del Regolamento Edilizio Tipo (R.E.T.) - la veranda è espressamente definita come: “locale o spazio coperto avente le caratteristiche di loggiato, balcone, terrazza o portico, chiuso sui lati da superfici vetrate o con elementi trasparenti e impermeabili, parzialmente o totalmente apribili.”

La giurisprudenza di settore non è concorde nell’individuazione della categoria nella quale inquadrare la veranda. Infatti, ad una prima corrente minoritaria che riconduce tale manufatto nell’ambito degli “interventi di ristrutturazione edilizia” (T.A.R. Molise, Sez. I, 01.06.2011, n. 310), se ne contrappone una più rigorosa ed invero maggiormente consolidata, che, al contrario, considera l’installazione della veranda in commento come “nuova costruzione” ) Corte di Cassazione, Sentenza del 20.7.2011, n. 28927; T.A.R. Lazio, Sez. I, 24.01.2008, n. 562). Proprio in ragione delle conseguenze legate alla realizzazione della veranda (modifica dei parametri edilizi, aumento della superficie utile, modifica della sagoma del fabbricato), la stessa deve essere autorizzata con un titolo abilitativo dei lavori.

Il caso in esame

Il caso giunto all’esame del Consiglio di Stato (sentenza n. 6301 del 28 giugno 2023), affronta proprio la fattispecie dell’aumento della superficie utile. Il proprietario, infatti, realizzava un ampliamento della propria abitazione, mediante installazione di una veranda in legno lamellare e vetri, provvedendo anche alla demolizione e ricostruzione della pavimentazione del terrazzo di copertura, alla modifica delle pareti divisorie interne e delle aperture, oltre al rifacimento dento degli impianti tecnologici. Tutti gli interventi venivano, però, considerati abusivi dal Comune, che ordinava la demolizione e ripristino dei luoghi. Il proprietario impugnava l’ordinanza innanzi al TAR che, però, confermava l’ordinanza di demolizione, seppur limitatamente alla veranda. Il proprietario impugna la sentenza innanzi al Consiglio di Stato, sostenendo che la veranda sarebbe una mera pertinenza, ma il Consiglio di Stato conferma la sentenza del TAR.

Le motivazioni del Consiglio di Stato

I Giudici, nel motivare le loro decisioni, ricordano che ai fini urbanistici ed edilizi, il concetto di pertinenza, si fonda sulla assenza di:

a) autonoma destinazione del manufatto pertinenziale;
b) incidenza sul carico urbanistico;
c) modifica all’assetto del territorio ( C. Stato, 11/6/2013, n. 3221).

Nel caso di specie, invece, è stato accertato che la veranda costruita (per un totale di 76 mq. x m. 2,50 h) ha prodotto un volume superiore al 20% del volume dell’edificio principale, ed ha una sicura incidenza sul carico urbanistico, nel senso che si concretizza in un “ampliamento dell’abitazione”. Quindi, trattandosi sostanzialmente di una nuova volumetria, la realizzazione della veranda in esame va ricondotta nell’ambito della ristrutturazione edilizia, per la quale era necessario munirsi del permesso di costruire. È corretta pertanto la sanzione della demolizione irrogata dal Comune (cfr. in tal senso anche C. Stato, 31/07/2019, n. 5404). In merito al regime pertinenziale si precisa che non è sufficiente per includere la tipica veranda perché il rapporto di pertinenzialità nasce con un nuovo locale, dotato di autonoma connotazione e utilizzazione. In termini urbanistici, la veranda realizzata trasformando e chiudendo un balcone o terrazzo non può costituire pertinenza in quanto si tratta di un nuovo locale autonomamente utilizzabile, che si viene ad aggregare ad un preesistente organismo edilizio, trasformandolo solo in termini di sagoma, volume e superficie. Lo stesso Consiglio di Stato ha avuto modo di ricordare che in ambito edilizio manca la natura pertinenziale quando sia realizzato un nuovo volume, su un’area diversa ed ulteriore rispetto a quella già occupata dall’edificio precedente/principale, ovvero quando sia realizzata una qualsiasi opera che ne alteri la sagoma, come ad esempio una tettoia (Cons. di Stato, 10/11/2017 n. 51280). Per tali motivi, la realizzazione di tale manufatto, richiede il permesso di costruire. L’abuso, secondo il Consiglio di Stato, va dunque punito con il ripristino dei luoghi, la realizzazione della veranda “integra un nuovo locale autonomamente utilizzabile il quale viene ad aggregarsi ad un preesistente organismo edilizio, per ciò solo trasformandolo in termini di sagoma, volume e superficie”.

L’orientamento consolidato

Per la natura del caso analizzato, non possiamo esimerci dall’evidenziare come il principio cardine espresso dall’ultimo arresto giurisprudenziale, sia solo l’ultimo in termini cronologici. Per motivi di sinteticità si riportano solo alcuni recenti pronunciamenti facenti tutti parte di una lunga e costante elaborazione giurisprudenziale. Recentemente, lo stesso Consiglio di Stato, aveva stabilito che “le verande realizzate sulla balconata di un appartamento, in quanto determinano una variazione planivolumetrica ed architettonica dell’immobile nel quale vengono realizzate, sono senza dubbio soggette al preventivo rilascio di permesso di costruire in quanto queste comportano la chiusura di una parte del balcone con conseguente aumento di volumetria e modifica del prospetto. Pertanto, va escluso che la trasformazione di un balcone o di un terrazzo in veranda costituisca una pertinenza in senso urbanistico” (Consiglio di Stato, 24.01.2022, n. 469).  Un anno prima lo stesso ente giudicano aveva precisato che “la realizzazione di una veranda con chiusura di un balcone comporta la costituzione di un nuovo volume, che va a modificare la sagoma di ingombro dell’edificio e richiede il rilascio del permesso di costruire” (Consiglio di Stato sez. II, 10.12.2021, n. 8227). Infine, “la realizzazione di una veranda necessita del rilascio di un permesso di costruire, trattandosi di opera non precaria perché stabilmente infissa al suolo e tale da determinare, sotto il profilo edilizio, un aumento di volumetria, oltre che di superficie e sagoma; cosicché del tutto legittima si rivela l’ordinanza di demolizione dell’opera eseguita in assenza del prescritto titolo edilizio, non essendo configurabile il più mite trattamento della sanzione pecuniaria di cui all’art. 37 del d.P.R. n. 380/2001, previsto per la sola ipotesi di interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla SCIA” ( T.A.R. Campania, 12.06.2019, n. 981).

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