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Disapplicata la mediazione obbligatoria davanti al Giudice di Pace

Una interessante sentenza del Giudice di Pace di Napoli del 23/3/2012, aggira il problema della mediazione obbligatoria per quanto riguarda le cause da tenersi davanti allo stesso giudice.
Nella causa la controparte aveva sollevato l'eccezione di improcedibilità (!) della domanda per mancato esperimento del tentativo di mediaconciliazione obbligatorio di cui al d. lgs 28/2010. Il giudice di pace rigetta l'eccezione sostenendo che il procedimento dinanzi al Giudice di Pace già prevede sia la conciliazione in sede contenziosa, in virtù dell'art. 320 comma 1 c.p.c, che in sede non contenziosa (non prevista invece davanti al Tribunale) ai sensi dell'art. 322 c.p.c. Tale istituto è preesistente al d. lgs. 28/2010, essendo stato introdotto sin dall'istituzione del Giudice di Pace con la legge 374/1991, per cui, non avendo il d. lgs 28/2010 previsto alcuna abrogazione delle suddette norme del codice di procedura civile, "nel procedimento dinanzi al giudice di pace vanno applicate le disposizioni di cui al libro II, titolo II, dall'art. 11 al 322 c.p.c.".

"Una diversa interpretazione", continua il giudice, "non solo sarebbe in contrasto con il delineato quadro sistemico ma si rivelerebbe manifestamente illogica. Ed invero l'intento deflattivo che si è proposto il legislatore è stato assecondato proprio dall'istituto del giudice di pace che è nato (nomen omen) con lo scopo di favorire la conciliazione delle controversie che può avvenire nella fase giudiziale ex art. 320 c.p.c. Ovvero in quella stragiudiziale azionabile ex art. 322 c.p.c. E pertanto sarebbe paradossale escludere dal processo conciliativo un istituto che è nato precipuamente per lo svolgimento di tale finalità".

In effetti il ragionamento del giudice appare logico, il giudice di pace nasce proprio con un intento deflattivo, da raggiungere anche attraverso i suoi poteri conciliativi che si aggiungono a quelli coercitivi, a differenza del mediatore che non ne ha alcuno.
Quindi, il Gdp adito ha statuito che, nei giudizi instaurati innanzi al Giudice di Pace ed aventi ad oggetto controversie su materie in ordine a cui costituisca condizione di procedibilità il previo esperimento del tentativo di mediazione ex art. 5 del d. lgs. 28/2010, non si debba applicare la disposizione normativa medesima in quanto a ciò osta la sussistenza degli artt. 320 e 322 del codice di procedura civile, in base ai quali nell'ambito del rito dinanzi al GdP sono già contemplati istituti di composizione bonaria delle controversie.

Il giudice aggiunge, inoltre, che comunque il mancato esperimento del tentativo di mediazione non comporta affatto l'improcedibilità della domanda, quanto piuttosto obbliga il giudice ad assegnare alle parti un termine di 15 giorni per la proposizione dell'istante con la fissazione di una successiva udienza dopo la scadenza del termine previsto dall'art. 6 del decreto suddetto (cioè 4 mesi dalla scadenza dei 15 giorni).

La sentenza appare davvero molto interessante e ben argomentata, e disapplica la norma sulla mediazione obbligatoria per le cause da tenersi davanti al GdP, in quanto il codice già prevede che lo stesso giudice di prossimità possa fare le stesse cose del mediatore.
Sulla sentenza si sono già appuntate alcune critiche delle quali conviene dare conto. Innanzitutto si è ricordato che il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del 18 gennaio 2012, ha adottato la seguente delibera: "Il Consiglio, vista la nota in data 21 febbraio 2011 a firma del Presidente e del Segretario Generale dell'Unione Nazionale Giudici di Pace con cui si chiede di conoscere se al giudice di pace sia consentito di esercitare le funzioni di mediatore e, in caso positivo, entro quali limiti; (omissis ...) delibera di rispondere che l'attività di mediatore professionista di cui al D.Lgs. 28/2010 non è compatibile con le funzioni di giudice di pace anche se svolte in ambiti territoriali di circondari di tribunale diversi da quelli nel quale sono esercitate le funzioni onorarie".
Tale delibera, però, non dichiara affatto che le mediazioni svolte dal giudice di pace saranno nulle, come qualcuno ha pure sostenuto, bensì chiarisce che i Gdp non possono fare i mediatori professionisti. Questo non toglie, però, che possano comunque esercitare i poteri previsti dagli artt. 320 e 322 c.p.c.

In realtà è la mediazione di per sé a determinare numerose perplessità. A cominciare dai numeri, laddove spesso si cita una percentuale elevata (circa il 60%) di controversie risolte, dimenticando però di far notare che si tratta solo del 60% delle controversie nelle quali entrambe le parti si presentano dinanzi la mediatore, cosa che avviene molto raramente.
A difesa della mediazione obbligatoria si sostiene che sia un intervento deflattivo a costo zero per lo Stato. Certamente, infatti il costo è scaricato tutto sul cittadino che per avere accesso alla Giustizia dovrà sborsare di fatto il doppio del costo previsto prima (il contributo unificato più il costo della mediazione). Più che altro, quindi, la deflazione sembra derivare non tanto dall'utilità della mediazione, quanto proprio dal costo dell'accesso alla Giustizia che per il cittadino comune è diventato veramente improponibile.

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