Corte d’appello di Palermo, Sez. II, 7.06.2023, sentenza n. 1109, giudice relatore ausiliario Maruzza Pino;
SINTESI: In un giudizio di impugnazione di delibere condominiali, il Tribunale di Palermo nel 2018 aveva rigettato la domanda di due condòmini volta all’annullamento e/o declaratoria di nullità delle delibere, con condanna alle spese. Gli stessi proponevano appello avverso tale sentenza e il Condominio si costituiva. Col primo motivo di appello i condomini lamentavano che il Tribunale avesse ritenuto tardiva l'impugnazione e la Corte lo ha ritenuto infondato.
Il Tribunale ha respinto l'impugnazione per essere gli asseriti vizi attinenti a profili di annullabilità e dunque, ai sensi dell'art. 1137 c.c., non più deducibili oltre il termine di trenta giorni dalla ricezione del verbale assembleare. Sulla questione relativa al tipo di invalidità che inficia le delibere di assemblea condominiale, la Corte richiama sia la pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione n. 4806 del 2005 che ha tracciato il criterio distintivo tra delibere nulle e annullabili, le prime affette da "vizi di sostanza", le seconde da "vizi di forma" sia il recente arresto della Corte di cassazione a Sezioni Unite, sentenza n. 9839/2021.
Gli appellanti deducono di aver agito tempestivamente, avendo proposto istanza di mediazione nel rispetto del termine di trenta giorni e che il ritardo nella comunicazione dell'avvio del procedimento alla controparte, a cura del mediatore, non può riverberarsi in loro danno. Invece, secondo la corte territoriale, la parte istante non può dolersi del ritardo con cui l'organismo ha inviato la comunicazione alla parte convocata se la stessa ha omesso di predisporre la comunicazione così come indicato dall’art. 8, comma 1, D.lgs 28/2010 in quanto tale comunicazione della domanda di mediazione alla controparte può avvenire ex articolo 8, comma 1, del D.lgs. n. 28 del 2010, “anche a cura della parte istante”. La stessa potrà e dovrà, secondo un criterio di diligenza minima, avvalersi di tale facoltà proprio al fine di prevenire gli effetti pregiudizievoli delle eventuali lungaggini della procedura conciliativa.
La corte di Palermo ha pertanto rigettato il motivo d’appello e condannato gli appellanti alla rifusione delle spese.