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OMCI - Organismo di Mediazione

Omci - Organismo di Mediazione e Conciliazione Italia

12
Luglio
2024

DL Giustizia: le novità presentate da Carlo Nordio in conferenza stampa;

Umanizzazione della pena, piccole modifiche al c.p. con l’inserimento del reato di peculato per distrazione e proroga di un anno per l'entrata in vigore del nuovo Tribunale della Famiglia.

Il Ministro della Giustizia Carlo Nordio illustra in conferenza stampa le novità salienti del nuovo DL Giustizia approvato dal Consiglio dei Ministri il 3 luglio scorso. Al centro del provvedimento il tema dell’umanizzazione della pena, piccole modifiche al codice penale con l’inserimento del reato di peculato per distrazione. Il provvedimento proroga di un anno l’entrata in vigore del nuovo Tribunale della Famiglia.

Nella conferenza stampa del 3 luglio successiva all’approvazione nel Consiglio dei Ministri del nuovo DL Giustizia, il Ministro della Giustizia Carlo Nordio spiega i tratti salienti del nuovo provvedimento normativo. Per il Guardasigilli si tratta di un intervento vasto e strutturale che affronta in modo organico un vasto settore dell’esecuzione penale. Il testo contiene in coda anche norme di diritto sostanziale penale e processuale civile. Prevista poi una nuova norma nel codice penale che delinea il reato di peculato per distrazione allo scopo di rimediare alle preoccupazioni del vuoto di tutela che secondo alcune parti politiche sarebbe stato causato dall’abolizione dell’abuso di ufficio. La fattispecie penale di nuovo conio punisce con la reclusione fino a tre anni le condotte di distrazione di beni affidati al pubblico ufficiale o all’incaricato di pubblico servizio, fuori dall’ipotesi più grave di peculato. In questo modo i sindaci, dirigenti, e appartennti ad amministrazione pubbliche vengano indagati se commettono un reato.

Infine, il provvedimento accorda il differimento richiesto dagli avvocati e dai capi degli uffici giudiziari per l’entrata in funzione dei tribunali della famiglia, prevedendo la proroga di un anno.

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Ultimo aggiornamento Venerdì, Luglio 12 2024
  
09
Luglio
2024

Affinché la condizione di procedibilità sia soddisfatta non è sufficiente depositare la Domanda di mediazione, bensì occorre che l'attore sia presente al primo incontro dinanzi al mediatore, a prescindere dalla presenza del chiamato;

Tribunale di Nocera Inferiore, 22.04.2024, sentenza n. 1253, giudice Jone Galasso.

 

SINTESI: In una controversia avente a oggetto un’opposizione a decreto ingiuntivo, la domanda (l’opposizione) viene dichiarata improcedibile in quanto, secondo il giudicante, l'esperimento del tentativo di mediazione non può che essere effettivo e seppur la mediazione può registrare esito negativo, essa non può ridursi a mero onere processuale che scandisce l'accesso alla tutela giurisdizionale.

Affinché la condizione di procedibilità sia soddisfatta però non è sufficiente depositare la domanda di  mediazione, bensì occorre che l'attore sia presente al primo incontro dinanzi al mediatore, a prescindere dalla presenza del chiamato con ciò tutelando l'attore da atteggiamenti inerti di controparte (richiamando i precedenti Tribunale di Forlì 02.02.2021; Corte d'Appello di Firenze n. 65/2020 e Cass. n. 4300/2021). Diversamente, a chi resiste nel giudizio, cioè al convenuto non è posto l'onere (ha solo la facoltà) di attivare la mediazione, né deve presenziare fisicamente, a meno che non abbia, a sua volta, formulato una domanda in riconvenzionale.

La giudice si appoggia anche su Cass., n. 19596/20 sull’accesso alla giurisdizione condizionato al previo adempimento di oneri. Richiedere che l'attore sia presente personalmente al "primo" incontro destinato anche a essere "ultimo" qualora non compaia la controparte, appare ragionevole e costituisce un sacrificio esigibile, tenuto conto che detto modesto impegno preliminare ha lo scopo di evitare: "un buon numero di controversie, ben più onerose e lunghe rispetto ai tempi della mediazione obbligatoria".

 

P.Q.M.

 

Il Tribunale Ordinario di nocera inferiore, sez. prima definitivamente pronunciando sulla domanda proposta così provvede:

 

1) Dichiara Improcedibile l’opposizione proposta avverso il decreto ingiuntivo n. 659/2016;

 

2) Condanna parte opponente a corrispondere a parte opposta la somma di  Euro 2.800,00 a titolo di compensi professionali oltre ad accessori di Legge, IVA, CAP e una somma pari al doppio del contributo unificato.

 

Cosi Deciso in data 22 Maggio 2024                        Il Giudice: Jone Galasso

 

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Ultimo aggiornamento Martedì, Luglio 09 2024
  
04
Luglio
2024

Accrediti su IBAN errato: responsabilità della banca;

La Cassazione segna un'importante svolta in materia di responsabilità bancaria per accrediti eseguiti su IBAN errato

  • La vicenda sottesa e la questione giuridica
  • Contesto normativo e giurisprudenziale
  • Il punto della Cassazione
  • Implicazioni pratiche e conclusioni

La vicenda sottesa e la questione giuridica

Il caso in esame riguarda un accredito eseguito su un IBAN errato, con conseguente mancato pagamento al beneficiario designato. Quest'ultimo, rimasto insoddisfatto, ha agito in giudizio contro la banca sostenendo che la stessa non avesse adottato le necessarie cautele per evitare l'errore, in particolare per "non essersi avveduta della mancata corrispondenza tra l'identificativo unico (i.e. IBAN) riportato nel suo ordine di bonifico ed il nominativo del beneficiario ivi pure indicato".

Contesto normativo e giurisprudenziale

Il tema dei servizi di pagamento elettronici, come si legge in motivazione, è stato interessato da interventi del legislatore comunitario e nazionale. Una prima risposta è stata data dalla direttiva PDS (2007/64/CE) attuata in Italia con il d.lgs. n. 11/2010, successivamente modificata dalla Direttiva PSD2 (2015/2366/UE) e recepita con il d.lgs. n. 218/2017, che, senza abrogare il precedente testo legislativo ha adeguato la legislazione nazionale al regolamento UE n. 751/2015. Per quanto di interesse risulta opportuno richiamare l'art. 24, co. 2 del d.lgs. n.11/2010, così come recepito nel d.lgs. n. 218/2017, il quale, richiamando gli obblighi di diligenza professionale "impone all'intermediario del pagatore di compiere tutti gli sforzi ragionevoli per recuperare le somme oggetto dell'operazione".

Il punto della Cassazione

La Corte di cassazione, con la sentenza n. 17415/2024 (sotto allegata), ha stabilito che la banca è responsabile nei confronti del beneficiario rimasto insoddisfatto a causa di un accredito eseguito su un IBAN errato, salvo che non dimostri di aver adottato tutte le cautele necessarie per evitare l'errore o di essersi adeguatamente adoperata per consentire al pagatore di individuare il soggetto destinatario del pagamento, anche comunicando dati anagrafici o societari. La sentenza sottolinea l'obbligo di diligenza che grava sulla banca nell'esecuzione delle operazioni di pagamento. La banca deve agire con la massima attenzione e buona fede per evitare che errori nell'indicazione dell'IBAN possano pregiudicare il corretto esito dell'operazione. Questo obbligo di diligenza si traduce nella necessità di adottare misure preventive e correttive adeguate. Per esonerarsi dalla responsabilità, dunque, la banca deve dimostrare di aver adottato tutte le cautele necessarie per evitare l'errore. Questo può includere l'implementazione di sistemi di verifica automatica degli IBAN, la formazione del personale e la predisposizione di procedure interne volte a minimizzare il rischio di errori. Un altro aspetto rilevante della sentenza riguarda l'obbligo della banca di adoperarsi per consentire al pagatore di individuare il soggetto destinatario del pagamento. Questo può avvenire attraverso la comunicazione di dati anagrafici o societari che permettano di verificare la correttezza dell'IBAN indicato.

Implicazioni pratiche e conclusioni

La sentenza in parola, in sostanza, impone agli istituti bancari di rivedere e, se necessario, rafforzare le proprie procedure interne per la gestione degli accrediti. Le banche devono assicurarsi di avere in atto sistemi efficaci per la verifica degli IBAN e per la comunicazione tempestiva di eventuali discrepanze al pagatore. In conclusione, la sentenza rappresenta un importante chiarimento in materia di responsabilità bancaria per accrediti su IBAN errato. La Corte ha ribadito l'obbligo di diligenza e buona fede che grava sulle banche, sottolineando la necessità di adottare tutte le cautele necessarie per evitare errori e di adoperarsi per consentire al pagatore di individuare correttamente il destinatario del pagamento. Le banche devono quindi adeguare le proprie procedure interne per garantire il rispetto di tali principi e prevenire potenziali responsabilità.

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Ultimo aggiornamento Giovedì, Luglio 04 2024
  
30
Giugno
2024

Mediazione demandata in appello: disposta dalla Corte, come condizione di procedibilità, per aver riscontrato un, seppur minimo, accenno di disponibilità delle parti alla definizione della lite nel corso della mediazione conclusa negativamente in 1°grado;

Corte d’Appello di Napoli, ordinanza del 11.04.2024, giudice Assunta d’Amore.

SINTESI: Con questa ordinanza, la Corte d’Appello di Napoli rimanda le parti in mediazione, dopo che il primo tentativo, esperito in primo grado, si era concluso negativamente, ma aveva evidenziato una, seppur minima, disponibilità delle parti a trovare una soluzione stragiudiziale alla lite.

Ci troviamo in una causa avente ad oggetto diritti reali immobiliari e dunque materia oggetto di mediazione obbligatoria.

In primo grado, le parti avevano esperito una prima procedura di mediazione che aveva evidentemente avuto esito negativo, ma che, in fase di negoziazione aveva evidenziato la disponibilità delle parti a trovare una soluzione stragiudiziale. In particolare, la Corte d’appello ritiene che il contenuto delle e-mail, depositate nel processo di primo grado e scambiate fra le parti nel corso della prima mediazione, lasciasse aperto uno spiraglio ad un accordo conciliativo poi non raggiunto in quella sede.

L’ordinanza in commento viene emanata dalla Corte a fronte della richiesta delle parti di approfondire alcuni temi, dal lato istruttorio, mediante una consulenza tecnica d’ufficio, per sua natura dispendiosa, dai tempi e dagli esiti incerti.
La Corte decide dunque di non disporre la CTU, ma di demandare le parti in una nuova mediazione al fine di consentire alle parti di trovare uno spazio adeguato a valutare seriamente e responsabilmente le reciproche opportunità di definizione negoziale della controversia.

La Presidente Dr.ssa Assunta d’Amore ricorda a parti ed avvocati i punti indiscussi della Riforma Cartabia in tema di mediazione demandata in corso di appello:

  • la necessaria e opportuna presenza personale delle parti e dei rispettivi avvocati in sede di mediazione;
  • la necessità che gli stessi cooperino in buona fede e lealmente al fine di realizzare un effettivo confronto sulle questioni controverse;
  • la convenienza per le parti, in termini di tempo ed esborso economico, di raggiungere un accordo di mediazione con reciproca soddisfazione degli interessi sottesi e con vicendevole limitazione delle possibili conseguenze pregiudizievoli che potrebbero derivare da un esito sfavorevole.


La Corte precisa poi, nella motivazione dell’ordinanza, come la attivazione di una nuova procedura di mediazione non possa in alcun modo ritardare la definizione giudiziale del procedimento considerata la durata massima della stessa di tre mesi (estendibili a massimo altri tre), visto anche che il rinvio dell’udienza avrebbe tempi ben maggiori per il carico del ruolo.
La Presidente non manca poi di sottolineare le eventuali ripercussioni in giudizio nel caso di mancata partecipazione alla procedura demandata di mediazione, che viene ricordato essere condizione di procedibilità alla continuazione del giudizio stesso.
Da ultimo, la Corte caldeggia l’eventualità di svolgere l’attività di consulenza tecnica in sede di mediazione, con costi e tempi ridotti rispetto al giudizio e con la possibilità, in caso di mancato accordo, di utilizzare la perizia in giudizio con accordo preventivo o successivo delle parti coinvolte.

Nel dispositivo dell’ordinanza, la Corte si riserva infine di adottare ogni ulteriore mezzo istruttorio subordinandolo all’esito della procedura di mediazione demandata.

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Ultimo aggiornamento Domenica, Giugno 30 2024
  
28
Giugno
2024

La mancata partecipazione al 1° incontro di med. da parte delCovenuto comporta l’improcedibilità della domanda giudiziale, mentre la mancata partecipazione agli incontri successivi comporta la sanzione e la valutazione della condotta delle parti;

Tribunale di Napoli nord, 07.11.2023, sentenza n. 4452, Giudice Estensore Rabuano.

SINTESI: Il caso in esame riguarda una vertenza in materia di opposizione a decreto ingiuntivo, nella quale, rigettata l’istanza di provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo e disponeva l’avvio della mediazione obbligatoria che aveva esito negativo.

In merito, il Tribunale ha rilevato quanto segue:

  • la condizione di procedibilità della domanda giudiziale obbligatoria non si avvera con la mera presentazione della domanda di mediazione, ma se il primo incontro dinanzi al mediatore, svoltosi alla presenza di tutte le parti, si conclude anche senza l'accordo.
  • Ed, infatti, la normativa prevede la sanzione della improcedibilità della domanda giudiziale nel caso di mancata attivazione della procedura di mediazione ovvero di mancata partecipazione delle parti al primo incontro, mentre la sanzione pecuniaria e la valutazione della condotta delle parti ai sensi dell’art. 116 cpc nel caso in cui le parti non partecipino ai successivi incontri, senza giustificato motivo;
  • nel caso di specie, la parte opponente avviava la procedura di mediazione, ma al primo incontro il mediatore prendeva atto dell'impossibilità di comporre la lite a seguito della mancata partecipazione della parte invitata e redigeva il relativo verbale negativo.

Per tali ragioni, il Tribunale ha dichiarato improcedibile il giudizio, condannando la parte opposta sia alla rifusione delle spese processuali in favore della parte opponente, sia al pagamento in favore delle entrate del bilancio dello stato di una somma pari al doppio del contributo unificato.

P.Q.M.

Il Tribunale di Napoli Nord, Terza sezione Civile, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nella causa promossa come in narrativa, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, così provvede:

  • dichiara improcedibile il giudizio;
  • condanna l'opposta alla rifusione delle spese processuali in favore di parte opponente, che si liquidano in euro 2.540,00 per compensi professionali, oltre spese generali, ___ e I.V.A., oltre bollo e C.U. se dovuti, da distrarsi in favore dell'Avv. ___ , dichiaratasi antistataria;
  • condanna l'opposta al pagamento in favore dell'entrata del bilancio dello Stato della somma di euro 518,00.

Aversa, 27.10.2023

Il Giudice Dott. ___
n. 4135/2021 - causa n. 4135/2021 R.G
Giudice/firmatari: Rabuano Arminio Salvatore, Verrone Antimo


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Ultimo aggiornamento Sabato, Giugno 29 2024
  
22
Giugno
2024

Notifica a mezzo raccomandata a/r in Paesi UE: quali sono le formalità da seguire?

La normativa UE consente agli Stati membri di procedere alla notifica a mezzo posta mediante raccomandata con ricevuta di ritorno o mezzo equivalente;

Ai fini della validità della notificazione tramite i servizi postali di atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale a persona residente in altro Stato membro dell'Unione Europea, da eseguirsi mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno o mezzo equivalente, ai sensi dell' art. 14 del Regolamento CE n. 1393/2007, non devono essere osservate formalità diverse e maggiori previste dall'ordinamento italiano per la notificazione a mezzo posta, vanificandosi, altrimenti, la facoltà alternativa concessa da detta norma, ispirata dalla reciproca fiducia nell'efficienza dei servizi postali degli stati membri. Così si è espressa la Cassazione civile nell’ordinanza 16 aprile 2024, n. 10189. Il tribunale, accertata la regolarità della notifica dell'atto di citazione, condannava il ricorrente al pagamento di una cospicua somma a titolo di risarcimento del danno da mala gestio arrecato alla società dallo lui stesso amministrata fino alla dichiarazione di fallimento. Il ricorrente proponeva appello lamentando, tra l'altro, la nullità della notifica dell'atto di citazione, deducendo che fosse stata, in realtà, notificata al "vecchio indirizzo”. La corte d'appello, senza definire il giudizio, ha ritenuto che la notifica dell'atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado fosse stata correttamente eseguita in quanto “dal certificato di residenza AIRE prodotto dalla curatela appellata risulta che il ricorrente ancora alla data 28/2/2017 risultava avere la residenza nello stesso luogo ove è stato notificato l'atto di citazione di primo grado".

La decisione

La Corte di Giustizia UE, in tema di notifica a mezzo posta, ha già stabilito, in materia, che l'art. 14 del Reg. n. 1393/2007 dev'essere interpretato nel senso che una notificazione o comunicazione di un atto di citazione a mezzo posta è valida anche se l'atto da notificare o da comunicare non è stato consegnato al suo destinatario in persona, purché sia stato consegnato a una persona adulta che si trova all'interno della residenza abituale di tale destinatario, in veste o di familiare o di suo dipendente. Inoltre, "alla stregua di quanto previsto dall' articolo 14, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 805/2004, per quanto attiene alla notificazione o alla comunicazione di un atto di citazione in materia di crediti non contestati, la facoltà data a un terzo di ricevere un atto giudiziario al posto del suo destinatario può valere solo per le persone adulte che si trovano all'interno della residenza del destinatario, siano esse familiari che vivono allo stesso indirizzo o persone che lavorano come dipendenti a tale indirizzo", essendo, in effetti, ragionevole ritenere che simili persone rimetteranno effettivamente l'atto in questione al suo destinatario.Ciò, al contrario, non avviene necessariamente "per altri terzi, come è il caso di un vicino di casa o di una persona che risiede nello stesso stabile in cui il destinatario occupa un appartamento": "la ricezione di un atto da parte di un simile terzo, poiché non offre sufficienti garanzie che il destinatario sia realmente informato entro il termine impartito, non può essere considerata sufficientemente affidabile ai fini dell'applicazione del regolamento n. 1393/2007" (par. 93-97). Nel caso in esame, la corte d'appello ha ritenuto che la notifica dell'atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado, in quanto eseguita "a mezzo posta" nel luogo in cui il destinatario aveva in quel momento ancora la residenza AIRE, doveva ritenersi, alla luce del reg. CE n. 1393/2007, giuridicamente corretta posto che: - l'agente notificatore "recatosi a quell'indirizzo per recapitare il plico", "che è lo stesso risultante dal certificato di residenza AIRE", "lo ha individuato quale luogo riferibile al destinatario; la cartolina di ricevimento della raccomandata relativa alla spedizione dell'atto recava "la firma di colui che l'ha sottoscritta all'atto della ricezione", "a nulla rilevando che la firma apposta alla cartolina non sembra quella del destinatario", dovendosi, infatti, presumere che "chi ha ricevuto l'atto sia persona a ciò abilitata in base ai rapporti che lo legano allo stesso ed in cui vece ha quindi sottoscritto per ricezione la cartolina dell'atto a lui destinato". Pertanto, in conclusione, il ricorso è stato rigettato sulla base delle seguenti considerazioni (coerenti con la giurisprudenza della CGUE):

  • che la notifica dell'atto di citazione è stata eseguita "a mezzo posta" mediante consegna del plico presso un indirizzo che, pur se non corrispondente alla (nuova) residenza anagrafica del destinatario, era stato nondimeno individuato dall'agente notificatore come un luogo "riferibile" allo stesso, come confermato dal fatto che si tratta dello stesso luogo che il convenuto aveva dichiarato come sua residenza e "che è lo stesso risultante dal certificato di residenza AIRE";
  • che, a fronte di tali emergenze, doveva, di conseguenza, presumersi, che la persona che "ha ricevuto l'atto" fosse "abilitata, in assenza del destinatario, alla ricezione dell'atto in base ai rapporti che lo legano allo stesso ed in cui vece ha quindi sottoscritto per ricezione la cartolina dell'atto a lui destinato".

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Ultimo aggiornamento Sabato, Giugno 22 2024
  
20
Giugno
2024

Il Mediatore:

Art. 357 Codice Penale: Alla luce di queste considerazioni, la sentenza n. 619/2023 del Tribunale di Forlì chiarisce i numerosi dubbi interpretativi dettati da un lato, dalla molteplicità di norme interessate dalla materia e dall’altro dall’assenza di definizioni precise.

"Nel respingere l’accezione di improcedibilità della domanda per omessa mediazione, infatti, il Giudice ha chiarito che il mediatore è a tutti gli effetti un pubblico ufficiale e che il verbale di mediazione, in quanto atto del mediatore, è un atto pubblico, la cui efficacia probatoria è disposta dall’art. 2700 c.c."

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Ultimo aggiornamento Martedì, Luglio 02 2024
  
12
Giugno
2024

La notifica dell'istanza di mediazione interrompe i termini per l'opposizione a decreto ingiuntivo;

Il tribunale di Bologna aderisce all'orientamento che afferma la possibilità di interrompere il termine per l'opposizione a d.i. attraverso la notifica dell'istanza di mediazione.

  • Opposizione a decreto ingiuntivo e mediazione: il caso
  • La giurisprudenza
  • La sentenza del tribunale di Bologna

Opposizione a decreto ingiuntivo e mediazione: il caso

Anche il Tribunale di Bologna (con sentenza n. 1473/2024  ha aderito al corposo orientamento di merito, consolidatosi nel corso dell'ultimo decennio, che afferma la possibilità di interrompere il termine per proporre opposizione al decreto ingiuntivo attraverso la notifica dell'istanza di mediazione. I Giudici felsinei, pronunciatisi in grado d'appello, hanno infatti evidenziato il favor del legislatore per gli strumenti di deflazione delle liti giudiziarie, così sancendo - conformemente ai principi affermati dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nel 2013 - che l'istanza di mediazione notificata dall'ingiunto al ricorrente può interrompere il decorso del termine di 40 giorni per proporre opposizione al decreto ingiuntivo di cui all'art. 641, I comma, c.p.c. Nella vicenda, un amministratore condominiale notificava, nel 2020, ad una condomina un decreto ingiuntivo relativo a presunte spese condominiali maturate e non saldate. La condomina notava che la cifra oggetto di ingiunzione risultava ben maggiore delle spese condominiali effettivamente maturate e, quindi, decideva di pagare solo la minor somma dovuta. Alcuni giorni dopo, decideva di proporre istanza di mediazione nei confronti del condominio per risolvere in via conciliativa la controversia, evitando così la possibile esecuzione forzata per la restante parte della somma ingiunta. L'amministratore, trascorsi oltre 40 giorni dalla notifica del decreto, rifiutava però di partecipare alla procedura di mediazione e la condomina era costretta a proporre opposizione al decreto ingiuntivo dinanzi al Giudice di Pace di Bologna, chiedendo l'accertamento negativo del credito azionato dal condominio.Il Giudicante, rigettando l'eccezione di decadenza formulata dall'ingiungente, dichiarava l'opposizione tempestiva, affermando l'applicabilità dell'art. 5, comma 6°, D.lgs. 28/2010 (attuale 2° comma dell'art. 8) - norma secondo cui "dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta…" - anche al termine di opposizione al decreto ingiuntivo, fissato in 40 giorni dalla notifica dall'art. 641 c.p.c. e, inoltre, condannava l'amministratore per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., per aver non aver aderito al procedimento di mediazione. Quest'ultimo appellava la sentenza presso il Tribunale di Bologna, sostenendo che la natura processuale del termine per l'opposizione avrebbe impedito l'applicabilità dell'effetto interruttivo della notifica dell'istanza di mediazione. L'interruzione, infatti, sarebbe efficace esclusivamente nei confronti dei termini sostanziali, come - ad esempio - il termine di 6 mesi dalla definitività della sentenza che conclude il processo per proporre la domanda di equo indennizzo prevista dalla cd. legge Pinto (art. 4 L. 89/2001). Proprio su quest'ultima ipotesi - nella tesi del condominio radicalmente diversa da quella sub Iudice - si erano pronunciata, infatti, le Sezioni Unite della Cassazione nel 2013, affermando come tale termine potesse essere interrotto dalla notifica dell'istanza di mediazione. La condomina - la quale, fra il primo e il secondo grado, aveva cambiato difensore, affidandosi allo studio degli scriventi - resisteva in giudizio, deducendo la correttezza della sentenza del Giudice di pace e la sua conformità alla più recente giurisprudenza di merito in materia che, sulle scorte della portata generale del principio affermato dalle Sezioni Unite nella menzionata sentenza, aveva dichiarato che l'istanza di mediazione interrompe altresì il termine dell'opposizione a decreto ingiuntivo.

La giurisprudenza

Come evidenziato dalla difesa della condomina, la Sent. n. 17781/2013 delle SS.UU. della Suprema Cassazione, nell'affermare il citato principio di diritto, ha specificamente valorizzato "la natura processuale del termine di decadenza di sei mesi dalla definizione del processo durato per tempo irragionevole", che peraltro "deve computarsi tenendo conto della sospensione del periodo feriale di cui all'art. 1 della L. 7 ottobre 1969, n. 742 (così Cass. 11 marzo 2009 n. 5895 e 29 gennaio 2010 n. 2153), come accade per ogni altro termine analogo (Cass. 28 settembre 2012 n. 16549 e 17 novembre 2010 n. 29227)". La netta distinzione fra decadenza sostanziale e processuale, su cui si basavano le argomentazioni dell'appellante, risultava infatti smentita - almeno quanto agli effetti - sin da anni addietro in primis dalla Corte costituzionale, che con le sentenze nn. 40/1985, 255/1987 e 49/1990 aveva esteso l'applicabilità della sospensione dei termini processuali di cui all'art. 1, L. 742/1969 (c.d. sospensione feriale) a una serie di decadenze tradizionalmente considerate di carattere sostanziale, quali il termine di trenta giorni per l'opposizione alla stima dell'indennità di espropriazione previsto dall'art. 51, commi 1 e 2, l. 25 giugno 1865, n. 2359, il termine di trenta giorni di cui all'art. 19, comma 1, l. 22 ottobre 1971, n. 865, nonché il termine di trenta giorni, di cui all'art. 1137 c.c., per l'impugnazione delle delibere dell'assemblea condominiale. In altre parole, non è in dubbio che tali termini siano sottesi alla realizzazione di un diritto sostanziale - come, peraltro, in ogni altro caso in cui un termine di decadenza imponga alla parte la proposizione della domanda giudiziale quale unico strumento per la tutela della propria posizione giuridica e, dunque anche nell'ipotesi di opposizione al decreto ingiuntivo. Tuttavia, ne viene riconosciuta, allo stesso tempo, la natura processuale, conseguendone, quale logico corollario, l'inequivoca applicazione della sospensione feriale di cui all'art. 1 della L. 7 ottobre 1969, n. 742. Un ragionamento analogo, dal punto di vista opposto - considerando che la dottrina, originariamente, riteneva che la notifica dell'istanza di mediazione interrompesse solo le decadenze strictu sensu sostanziali - è stato svolto dalla giurisprudenza in riferimento all'interruzione dei termini "processuali" e "sostanziali", prevista dall'art. 5, comma 6°, D.lgs. 28/2010 ratione temporis applicabile (attualmente 2° comma dell'art. 8).Oltre al termine decadenziale di cui all'art. 4 della legge 89/2001 - sul quale si sono pronunciate le SS.UU. della Cassazione con la citata sentenza n. 17781/2013, oggetto anche delle successive pronunce n. 2273/2019 e 27251/2918 - i giudici di merito e legittimità hanno dichiarato applicabile l'effetto interruttivo della notifica dell'istanza di mediazione:

  • al termine di trenta giorni di cui all'art. 1137 c.c., che, quantunque dettato dal codice civile, ha caratteri processuali, come affermato da Corte Cost. n. 49/1990, che vi ha esteso l'applicabilità della sospensione feriale (Trib. Palermo, Sez. II, 19 settembre 2015, n. 4951; Trib. Milano, Sez. XIII, 2 dicembre 2016, n. 13360, Trib. Sondrio, 25 gennaio 2019, Trib. Savona, 8 febbraio 2019, n. 111; Trib. Brescia, Sez. III, 18 marzo 2020, n. 648; Trib. Civitavecchia, 20 maggio 2020, n. 7367; Trib. Roma, Sez. V, 16 luglio 2020, n. 10502, Trib. Busto Arsizio, Sez. III civile, 23 aprile 2021, n. 638; Trib. Padova, Sez. I, 2 luglio 2021, n. 1361; Trib. Velletri, Sez. I, 1° settembre 2023, n. 1653; App. Palermo, Sez. II civile, 7 luglio 2021, n. 1122);
  • al termine di cui all'art. 669-octies c.p.c. per la proposizione del giudizio di merito a seguito di accoglimento dell'istanza cautelare, avente carattere prettamente processuale e finalizzato ad ottenere una pronuncia di merito (cfr. Trib. Reggio Emilia, ord. 13 ottobre 2012 e, da ultimo, in un obiter dictum, vedasi Cassazione civile sez. II, 16/10/2023, n. 28695);
  • al termine di cui all'art. 641, comma 1, c.p.c., per la proposizione dell'opposizione a decreto ingiuntivo, anche in tal caso disposto da una norma processuale e finalizzato all'introduzione di una fase di giudizio che conduce a una sentenza di merito: (Trib. Brescia, 3 maggio 2017, Trib. Milano., sez. XIII, 9599/2021; Trib. Roma sez. V, 12955/2018; Trib. Firenze, sez. III, 11 ottobre 2023, n. 2889; Trib. Perugia, 2 marzo e 26 giugno 2016)

Emerge dunque che la proposizione dell'istanza di mediazione è tale da impedire la maturazione di ogni decadenza in relazione ad un atto di impulso corrispondente a quello della domanda giudiziale o, quanto meno, finalizzato alla introduzione di una fase di giudizio che porti a una sentenza di merito su quel determinato diritto oggetto del contendere, ciò a prescindere che si voglia attribuire al termine una natura processuale o sostanziale. Per contro, sono esclusi dall'ambito applicativo del VI comma tutti i termini di decadenza meramente endoprocedimentali: si tratta di tutte quelle ipotesi in cui una norma processuale richiede il compimento di un determinato atto entro un certo termine per il conseguimento di un effetto o al fine di evitare una preclusione, senza tuttavia introdurre o dare impulso a una fase di giudizio che conduca a una sentenza di merito sulla res litigiosa. Tale conclusione risulta coerente con la ratio della disposizione in esame, ovverosia consentire alla parte, alla quale è assegnato dalla legge un termine per la proposizione di una domanda giudiziale, di intraprendere preventivamente un percorso alternativo per la risoluzione della lite giudiziaria, evitando al contempo che tale scelta causi un pregiudizio per la parte stessa legato al maturare di una decadenza o una preclusione.

La sentenza del tribunale di Bologna

I principi espressi dalla giurisprudenza di merito e legittimità citata e riportati dalla difesa della appellata sono stati fatti propri anche dal giudice felsineo. Pur non confermando la condanna ex art. 96 c.p.c. - alla luce della asserita non univocità di tale orientamento (cfr. Trib. Roma, sent. n. 9326 del 13 giugno 2022, unico precedente rinvenuto di segno contrario) - il Tribunale di Bologna sposa la tesi per cui "qualsiasi domanda giudiziale, anche quella di accertamento negativo del diritto di credito monitoriamente azionato, possa intendersi previamente introdotta dalla domanda di mediazione, anche nell'ipotesi del quarto comma del citato articolo".  Siffatta soluzione, infatti, costituisce il corollario dell'"impostazione sistematica" da adottare, basata su un "favore del legislatore per gli strumenti di deflazione delle controversie giudiziarie" che "lascia quindi margini asti di operatività delle parti, purché riguardino diritti disponibili e non vengano adoperati per allungare i tempi del giudizio". Coerentemente con il rilievo di tale ultimo aspetto, il Giudice ha affermato che "la obiezione che, così opinando, il debitore potrebbe eludere il termine perentorio di 40 giorni per proporre l'opposizione e dilatare il momento della decisione sull'istanza ex art 648 c.p.c., trova un giusto contemperamento nel termine di tre mesi previsto dall'art. 6 per la durata del procedimento di mediazione, che è prorogabile per ulteriori tre mesi soltanto prima della scadenza del trimestre su accordo scritto delle parti; il giudizio di opposizione durerebbe quindi soltanto tre mesi in più, qualora il creditore non voglia concedere alcuna proroga". Il Tribunale di Bologna, pertanto, dichiarando la tempestività dell'opposizione spiegata dalla condomina, ha contribuito al consolidamento di questo condivisibile orientamento giurisprudenziale, che apre la strada ad un più ampio utilizzo della mediazione quale strumento deflattivo del contenzioso, anche laddove la proposizione di un giudizio entro un termine stringente sembra costituire l'unico modo per far valere i propri diritti.

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Ultimo aggiornamento Mercoledì, Giugno 12 2024
  
05
Giugno
2024

Il convenuto contumace viene condannato al pagamento delle spese processuali a seguito della mancata partecipazione al procedimento di mediazione;

Tribunale di Locri, 24.10.2023, sentenza n. 592, Giudice Estensore Lupis.

SINTESI: Il caso in esame riguarda una vertenza in materia di tutela del diritto di comproprietà su un bene comune.
Il giudizio veniva preceduto dall’esperimento della mediazione obbligatoria che si concludeva negativamente a seguito di assenza della parte convenuta, che non si costituiva neppure in giudizio.
In merito, il Tribunale ha precisato quanto segue:

  • l’attore è stato costretto a proporre il giudizio, nonostante il convenuto non si sia costituito, poiché quest’ultimo non ha partecipato al procedimento di mediazione;
  • da una parte la contumacia del convenuto nella fase processuale va considerata in senso premiale ai fini della liquidazione delle spese, ma dall'altra parte l'assenza e l’indisponibilità a tentare di addivenire ad una soluzione conciliativa in sede di mediazione va censurata.

Per tali ragioni, non solo ha accolto la domanda attore, ma ha altresì condannato il conventuo al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da ... nei confronti di ... ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede:
a) Dichiara anche la contumacia di ... n.q. di erede di ... ... ... ... e ...
b) Accoglie la domanda attrice e per l'effetto condanna ... alla consegna di copia delle chiavi del cancello carraio per le ragioni espresse in parte motiva; c) condanna il convenuto ... al pagamento delle spese del giudizio che liquida in complessivi E.1.297,36, di cui E.303,36= per esborsi, E.994,00= per compensi, oltre spese generali, il Doppio del contributo unificato IVA e CAP come per legge.

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Ultimo aggiornamento Mercoledì, Giugno 05 2024
  
01
Giugno
2024

Anche le spese del procedimento di mediazione fanno parte delle spese del giudizio e sono regolate sulla base del principio della soccombenza, in linea con la ratio dell’istituto avente funzione deflattiva;

Corte di Cassazione, Sezione II, 29.2.2024, ordinanza n. 5389.

SINTESI: Questa controversia in materia condominiale iniziava con la domanda davanti al Giudice di Pace di Parma avanzata dal Condominio Fratelli Be. nei confronti della condòmina Be.An., per la rimozione di due fioriere poste nell'area comune.
Il Giudice di Pace accoglieva la domanda e il Tribunale di Parma confermava la decisione rigettando l'appello della convenuta condòmina, previo accertamento che l'area occupata dalle fioriere non era di proprietà esclusiva dell'attrice ma condominiale (attraverso l'esame dei titoli) e che l'occupazione di tale area aveva impedito agli altri condomini di farne pari uso. In particolare, era stato accertato che Be.An. aveva acquistato un diritto di passaggio pedonale sulle aree circostanti la sua unità immobiliare ed un diritto d'uso limitato alla metà della porzione cortilizia antistante.
La condòmina Be.An.  proponeva ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi, tutti ritenuti inammissibili (i primi due) e infondati (gli altri due) dalla Corte.
Con il quarto motivo di ricorso, la condòmina aveva dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c. e 92 c.p.c., in relazione all'art. 360, comma 1, n.3 c.p.c., per ultrapetizione, per avere il Tribunale condannato la ricorrente anche alle spese sostenute per il procedimento di mediazione in assenza di domanda del Condominio vittorioso.
La Corte rileva che, dalla lettura dell’art. 13 del D.Lgs. 4.3.2010, n.28, ratione temporis applicabile, si evince chiaramente che anche le spese del giudizio di mediazione fanno parte delle spese del giudizio e sono regolate sulla base del principio della soccombenza, soluzione che è, peraltro, in linea con la ratio dell'istituto, avente funzione deflattiva. La Corte ha ritenuto che per il loro riconoscimento è sufficiente la prova dell'esborso, non richiedendosi una specifica domanda. Nel caso di specie, il Tribunale ha correttamente confermato la condanna della convenuta, soccombente in tutti i gradi, alle spese di mediazione in considerazione del suo rifiuto a concludere l'accordo conciliativo sulla base di una proposta di conciliazione del mediatore accettata dal Condominio e rifiutata dalla ricorrente.
Il ricorso viene dunque rigettato e la ricorrente condannata al pagamento di un ulteriore importo pari al doppio del contributo unificato. Ps: Si precisa che aderire ad una Mediazione e Pagare il Dovuto specialmente con mediaziioni obbligatorie o demandate e tale e quale a pagare il Tribunale: chi non lo fa se ne assume tutte le Responsabilità, come il suo Avvovato. Ps: Se la mediazione stata pagata ed entro 5 giorni non è arrivata, il Pagamento decade ed è da rifare tutto, se il Pagamento non arriva entro 5 Giorni, Decade la Mediazione è viene rinviata indietro. Se le Mediazioni non sono complilate tutte e in formato edittabile con tutti i dati bene scritti, ivi compresi i Codici Fiscali (che basta prenderli da cerca Cododice Fiscale), se ci sono date di nascite ecc, non saremo + noi a farlo, stessa cosa per i CAP, n° civici etc. , se sono fatte a biro, in quanto sono comprensibili a Voi che le Fate ma non a Noi e al Ministero, quindi verrano rinviate indietro. E’ nostro obbligo fare rispettare le Leggi e questo non ci permette più di fare o non fare qualcosa non previsto dalle Leggi. Il Mediatore può anche come da nuovi decreti infliggere sanzioni alle parti che non hanno eseguito ciò che hanno scritto a Verbale, si Ricorda che il Verbale Firmato da tutti, ha lo stesso effetto di una sentenza di 1° Grado. Per tutto il resto fare sempre riferimento al Regolamento e indennità. Si precisa anche che se c'è qualcosa che non è chiaro nelle indennità: La Riforma della Giustizia da il Compito alla guardia di Finanza per venire a fare verifiche e per gli enti Territoriali alla Corte dei Conti, sempre attrraverso La Guardia di Finanza con Mandato. Per tutto il resto è tutto scritto prima di Cliccare la Domanda di Mediazione e sul Regolamento di Procedura e Indennità. Ultima cosa se Inviate le adesioni o altra documentazione al Mediatore invece che alla Presidenza o segreteria legale, in caso di Errori nella Fatturazione, Non potrete accusare Noi, ma solo Voi stessi e come da Legge non si potranno più neppure restituire i Soldi. Vedere D.LGs. 149/22 e D.M. 150/23, per cui sarà totalmente vostra responsabilità, stesa cosa per il Mediatore che non firma tutto, ivi compresi la Mediazione una volta finita, a fondo pagina e in tutte le caselle dove il mediatore deve firmare. Questa è la Legge e una Legge va rispettata da tutto e tutti.

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Ultimo aggiornamento Sabato, Giugno 01 2024
  

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