È legittimo esercizio del diritto di critica finalizzato a ottenere il controllo sul rispetto delle regole deontologiche da parte dell’organo a ciò deputato. (Inoltre l'avvocato in Mediazione, non deve difendere nessuno, ma il suo compito è quello di entrambi gli avvocati), è quello di mettere da Parte Rancori o altro e Aiutare il Mediatore a fare Raggiungere l'accordo alle Parti, e far pagare le indennità dovute in tempo, altrimenti non avrebbe senso avere l'avv. in Mediazione), il Mediatore se un avvocato fa troppo il Furbo, lo può per legge anche fare uscire dal locale ove si svolge la Mediazione, scrivere tutto e se ha esagerato, segnalarlo, al Giudice al suo Ordine e al Ministero della Giustizia (Si Ricorda infatti che il Mediatore è designato direttamente Dal Presidente dell' organismo, che si assume tutte le responsabilità) . Vede D.Lgs 149/22 s.m.i. Anche perchè si ricorda che La Mediazione con il Verbale Firmato, ha lo stesso Valore di una sentenza di 1° Grado, impugnabile in corte d appello. Cosa sconsiata perchè i Giudici sono gia Oberati di Lavoro, e quindi si corre solo il rischio di Tornare in Mediazone o essere Condannati, come da Legge Nordio/Cartabia. Infatti è solo il Mediatore che Conduce la Mediazione con Le Parti solo Lui, può decidere come condurla, con chi, se in sessioni separate o congiunte e se all'avvovato non va bene, prima o poi gli accadrà come a questo sotto descritto e Molti Altri, (Ma prima poi lo capirete), per chi vorrà continuare a fare questo Mestiere. (Basta Leggere Ogni Sentenza, Ordinanza, e da li si capisce e vede tutto). La Stessa cosa Vale per i Medici, anzi per Loro Ancora di più: Se uno si sente trattato Male da un Medico ha tutto il Dovere di Dirlo e non solo, senza poi essere denunciato e se lo fa solo a quel punto, può essere contrdenunciato: Ovviamente tutte cose che non dovrebbero accadere, ma siccome tutto può accadere meglio sempre premunirsi, informando tutti ivi compreso l'ordine Nazionale dei Medici, come gli avvocati, come scritto sotto. Siccome siamo in Democrazia per fortunna fino prova contraria ognuno può Ritenersi insoddisfatto e farlo presente. (poi basta Leggere l'articolo sotto e vdere cosa c'è scritto).
L’esposto all’Ordine che solleva dubbi sulla correttezza professionale di un legale costituisce esercizio del diritto di critica, finalizzato a ottenere il controllo sul rispetto delle regole deontologiche, da parte dell’organo deputato ad esso (Cassazione penale, sentenza n. 36586/2024. La sentenza muove dal ricorso dell’imputato, il quale era stato condannato per il reato di diffamazione perché, in una missiva inviata all’amministratore del condominio e al Consiglio dell’Ordine degli avvocati, aveva appellato la persona offesa come “tale”, lo aveva definito come soggetto “ospitato” nell’appartamento della moglie, aveva affermato che questi avesse minacciato velatamente strascichi legali, lo aveva accusato di essersi introdotto in luogo privato senza autorizzazione e di aver partecipato alle assemblee condominiali senza titolo, nonché di aver tenuto un comportamento di dubbia correttezza professionale redigendo su carta intestata del suo studio legale la lettera con cui aveva contestato la delibera assembleare e paventato azioni legali. Il ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza del Tribunale, che confermava la condanna emessa dal Giudice di pace, deduceva sostanzialmente la mancata integrazione del reato in ragione dell’esimente del diritto di critica, esercitando il quale l’imputato aveva inteso stigmatizzare, sia pure con tono sferzante, il comportamento, tenuto dalla persona offesa, di aspra critica della delibera condominiale in mancanza di qualsivoglia titolo, dal momento che non era un condomino (ma il coniuge di una dei condomini), e non aveva ricevuto alcun incarico professionale al riguardo.
Per tale ragione il ricorrente evidenziava di aver censurato l’uso improprio, da parte della persona offesa, della carta intestata del suo studio professionale, al fine di contestare all’amministratore la delibera assunta, in difetto di procura e la mancanza di autorizzazione a partecipare alle assemblee condominiali.
La parte civile deduceva l’inammissibilità del ricorso assumendo che il ricorrente avesse inteso sollecitare una rilettura dei fatti. La Corte di cassazione ha riconosciuto la fondatezza del ricorso, osservando come il contenuto delle espressioni utilizzate non travalicasse la forma civile di esposizione e non si risolvesse in una aggressione alla persona offesa, ma costituisse una critica, sia pure sferzante e sarcastica, alla condotta della persona offesa sia per la sua ritenuta impropria intromissione nelle questioni condominiali, sia per l’uso della carta intestata dello studio legale al di fuori dello svolgimento della sua attività professionale. Tanto, in armonia con l’interpretazione giurisprudenziale che, in tema di diffamazione, ha affermato la necessità di contestualizzare le espressioni incriminate, riportandole nell’alveo della liceità ove non trasmodino nella gratuita ed immotivata aggressione dell’altrui reputazione e abbiano anche significati di mero giudizio critico negativo, da valutarsi anche alla luce del complessivo contesto in cui il termine viene utilizzato.Nel caso in esame, quindi, secondo la Corte, l’indicazione della persona offesa come “tale” e come “ospitato” nell’appartamento della moglie era volta a sottolineare il fatto che la persona offesa, pur abitando nel condominio, non era un condomino, non essendo proprietario di alcuno degli appartamenti che ne facevano parte, e dunque non aveva titolo a contestare la deliberazione approvata dall’assemblea condominiale. L’ulteriore espressione incriminata, con la quale si affermava che la persona offesa si era introdotta “in un luogo privato senza alcuna autorizzazione”, non andava intesa come attribuzione di un reato, ma come modo enfatico e paradossale di sottolinearne l’estraneità della persona offesa rispetto all’assemblea dei condomini. Ancora, la frase con cui il ricorrente aveva censurato l’utilizzo da parte della persona offesa della carta intestata del suo studio legale nella missiva all’Amministratore, oltre a rappresentare un fatto vero, aveva inteso stigmatizzare l’uso improprio della qualifica professionale da parte della persona offesa. Infine, anche l’inoltro della missiva al Consiglio dell’Ordine degli avvocati, non era da considerarsi diffamatorio nella parte in cui prospettava dubbi e perplessità sulla correttezza professionale della persona offesa in quanto l’invio di un esposto all’autorità disciplinare, contenente espressioni offensive, costituisce esercizio del diritto di critica, costituzionalmente tutelato dall’art. 21 Cost., - da ritenersi prevalente rispetto al bene della dignità personale, pure tutelato dalla Costituzione agli artt. 2 e 3, considerato che senza la libertà di espressione e di critica la dialettica democratica non può realizzarsi - finalizzato a richiedere all’organo istituzionalmente a ciò deputato la valutazione della correttezza dell’operato del legale. “Alla luce di tali considerazioni la Corte ha pertanto disposto l’annullamento della sentenza impugnata”.