Il Tribunale di Bologna chiarisce la portata dell’art. 5 comma 1 bis D. Lgs 28/2010, ai fini dell’assolvimento della condizione di procedibilità;

Giovedì, Settembre 09 2021 Scritto da Administrator  

Tribunale. Bologna, n.1833/2021 del 28.07.2021

ALTRA ESEMPLARE PRONUNCIA DEI GIUDICI PER CHI NON SI PRESENTA IN MEDIAZIONE O NON CONTINUA LA STESSA, I GIUDICI SONO STUFI GIUSTAMENTE;

Sintesi: Con una recentissima pronuncia il Tribunale di Bologna aggiunge un importante tassello nell’ondivaga interpretazione dell’art. 5 co. 1 bis del D. Lgs. 28/2010 e lo fa inserendosi nella corrente giurisprudenziale che via via si sta affermando come prioritaria, sostenendo senza mezzi termini la necessità dell’effettivo avvio della mediazione, perché la condizione di procedibilità possa dirsi soddisfatta.
La fattispecie esaminata dal Giudice bolognese concerne l’opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto da una banca per il mancato incasso del residuo capitale di € 27.338,32, oltre interessi e spese liquidate, nei confronti di un soggetto cui aveva concesso un finanziamento.
Nell’atto di citazione, tra i vari motivi di opposizione, l’opponente eccepiva il mancato esperimento del tentativo di mediazione obbligatoria.
Il contraddittorio si radicava correttamente con la costituzione della banca, che svolgeva delle vigorose difese nel merito, contrastando le tesi avversarie.
Il giudice, concessa la provvisoria esecuzione del decreto, fissava dunque i termini per l’esperimento del procedimento di mediazione, che si concludeva negativamente.
Alla ripresa del processo la parte opponente contestava la ritualità del procedimento di mediazione, invocando conseguentemente la revoca del decreto opposto, per due ordini di motivi:

  1. perché la mediazione era stata avviata da essa opponente e non già dall’opposta, in contrasto con il principio sancito dalle Sezioni Unite;
  2. per la mancata partecipazione personale della parte, che si era fatta sostituire dal proprio difensore.

Il Giudice riservava la decisione all’esito della causa, che veniva compiutamente istruita, anche con l’esperimento di una CTU.
La sentenza pronunziata a definizione della causa riveste particolare interesse per il rilievo pratico di entrambi i profili di doglianza sollevati dall’opponente e per le conseguenze giuridiche che dalla loro soluzione scaturiscono.
Il Tribunale di Bologna, infatti, dapprima chiarisce che la nota sentenza delle SS.UU. n. 19596 del 18.9.2020, che onera l’opposto dell’avvio del procedimento di mediazione, sanzionandone l’inerzia con la revoca del decreto ingiuntivo, trova applicazione esclusivamente nel caso in cui la mediazione non venga avviata (o venga avviata tardivamente rispetto ai termini concessi) e non già qualora venga comunque instaurata, ancorché dalla parte non in tal senso gravata.
Il principio enucleato dalle SS.UU., dunque, soccorre nel caso in cui, a fronte del mancato avvio della mediazione, il Giudice debba individuare il responsabile sul quale far ricadere la conseguenza dell’improcedibilità che, nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo, nell’incertezza regnante prima della pronunzia del 2019, comportava, a seconda dell’orientamento del Giudice, o la conferma del decreto ingiuntivo e il rigetto dell’opposizione, ovvero la revoca del decreto ingiuntivo, come poi definitivamente stabilito con l’individuazione dell’opposto quale parte onerata.
Il principio non trova applicazione, al contrario, nel caso in cui la mediazione venga avviata, anche se ad opera dell’opponente.
La seconda questione preliminare sollevata dall’opponente, relativa all’irritualità della partecipazione del difensore in luogo della parte è stata risolta dal Tribunale bolognese sulla scia dell’ormai noto arresto Cass. n. 18068/2019: esaminata la procura notarile rilasciata dalla parte al difensore e rilevatane la portata sostanziale, ha infatti affermato che quest’ultimo fosse correttamente dotato di ogni potere per condurre la mediazione ed eventualmente concludere l’accordo e, pertanto, in grado di sostituire efficacemente la propria assistita.
Al contrario, e in questo sta la valenza della sentenza in esame, poiché dal verbale di mediazione emergeva che il difensore della parte opposta aveva rifiutato di avviare la mediazione e di superare così il primo incontro informativo per entrare nel vivo del procedimento, il Giudice Bolognese ha ritenuto non soddisfatta la condizione di procedibilità, chiarendo che per “primo incontro”, ai sensi dell’art. 5, co. 1 bis del D. Lgs. 28/2010 deve intendersi non già quello preposto dal legislatore a soli fini informativi, bensì il primo incontro di mediazione vera e propria, che, pertanto, deve necessariamente venire avviata.
E’ dunque indispensabile che le parti si adoperino davvero, con serietà e partecipazione e con l’aiuto del mediatore, per giungere ad una soluzione conciliativa della lite, affrontando concretamente il merito della lite.
Solo nel caso in cui l’accordo non venga raggiunto nonostante l’esperimento di un serio e reale tentativo di mediazione, la condizione di procedibilità può considerarsi positivamente avverata.
Conseguenza diretta della avventata decisione della parte opposta di non impegnarsi nella mediazione è stata la declaratoria di improcedibilità della domanda e la revoca del decreto ingiuntivo.
Stante l’esistenza di orientamenti difformi, sono state compensate le spese.
Il pregio della sentenza in commento è la chiarezza, sino ad oggi invero mancata, con la quale si afferma che il D. Lgs. 28/2010, nelle materie per le quali la mediazione è prevista quale condizione di procedibilità, richiede l’effettivo esperimento della mediazione e non già la mera partecipazione al primo incontro informativo.
Sono infatti note numerose sentenze (molte di esse citate nella parte motiva) che si sono espresse nel medesimo senso, ma tutte hanno ad oggetto mediazioni delegate dal giudice, ai sensi dell’art. 5, co. 2 D. Lgs. 28/2010.
Pur dovendosi rilevare come il legislatore non abbia inteso differenziare in alcun modo la mediazione c.d. obbligatoriada quella demandata dal giudice, sì che le due ipotesi possono essere del tutto sovrapposte, soprattutto in quanto la sanzione che consegue dal mancato esperimento di entrambe è l’improcedibilità della domanda, resta il fatto che le sentenze che comminano detta sanzione, come si è accennato, riguardano tutte mediazioni delegate dal giudice, in primo grado o in appello, il che rende particolarmente interessante la sentenza in commento.
E’ d’uopo sottolineare che il risultato cui perviene il Giudice bolognese trova chiaro fondamento nella lettera del decreto 28/2010, poiché come già efficacemente osservato dal Tribunale di Firenze nell’ordinanza in data 17 marzo 2014: “... le procedure di mediazione ex art. 5, comma 1-bis (ex lege) e comma 2 (su disposizione del giudice) del d.lgs. 28/10 (e succ. mod.), sono da ritenersi ambedue di esperimento obbligatorio, essendo addirittura previste a pena di improcedibilità dell’azione; che difatti, per espressa volontà del legislatore, il mediatore nel primo incontro chiede alle parti di esprimersi sulla “possibilità” di iniziare la procedura di mediazione, vale a dire sulla eventuale sussistenza di impedimenti all’effettivo esperimento della medesima e non sulla volontà delle parti, dal momento che in tale ultimo caso si tratterebbe, nella sostanza, non di mediazione obbligatoria bensì facoltativa e rimessa alla mera volontà delle parti medesime con evidente, conseguente e sostanziale interpretatio abrogans del complessivo dettato normativo e assoluta dispersione della sua finalità esplicitamente deflattiva”.
Non solo.
L’art. 5, comma 5 bis, afferma che la condizione di procedibilità si ha per assolta nel caso di “primo incontro concluso senza l’accordo”. La lettera della legge induce dunque a ritenere che per “primo incontro” si intenda il primo incontro successivo all’avvio della mediazione, giacché non avrebbe senso parlare di “mancato accordo” con riferimento all’incontro informativo, la cui funzione non è quella di ricercare l’accordo, ma di informare le parti e raccogliere la loro volontà in merito all’instaurazione della mediazione vera e propria. L’auspicio è dunque che, grazie a pronunce come questa, la mediazione cominci a riscuotere il rispetto e la positiva considerazione che merita, quale eccezionale strumento a disposizione delle parti per risolvere serenamente e velocemente una lite (ed evitare, come nel caso di specie, due anni di causa, un imponente lavoro da parte dei difensori, del Tribunale e del CTU, ingenti spese per le parti e un esito a dir poco disastroso).

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Ultimo aggiornamento Giovedì, Settembre 09 2021