Condominio, appropriazione indebita per l'amministratore che usa denaro per altri fini;

Giovedì, Gennaio 09 2020 Scritto da Administrator  

Punibile l'amministratore che trattiene somme destinate ai pagamenti nell'interesse del condominio (Cassazione, sentenza n. 27822/2019). Con la sentenza n. 27822/2019 del 24 Giugno 2019 la Suprema Corte di Cassazione, sez. II penale, si occupa del reato di appropriazione indebita aggravata e continuata commessa dall’amministratore di condominio con riferimento a somme dallo stesso ritenute. La difesa ricorreva per cassazione lamentando la violazione di legge per erronea applicazione della legge penale, per essere stata sostanzialmente non correttamente applicata la normativa fiscale in tema di “ravvedimento operoso”. In definitiva la difesa si lamentava della mancata disanima, in sede di appello e dei due gradi di merito, della motivazione per la quale era stata recapitata la cartella esattoriale al condominio: si lamentava infatti che dal dibattimento nulla era emerso circa la natura della cartella esattoriale ovvero se essa costituisse una cartella relativa ad un mancato pagamento o se la stessa si riferisse a sanzioni ed interessi per pagamenti eseguiti in ritardo. La Suprema Corte di cassazione ha tuttavia ritenuto inammissibile il ricorso affermando che ben avevano motivato i giudici del merito circa la vicenda in questione. Si ricorda infatti che i condomini, dopo aver ricevuto alcune cartelle esattoriali relative ad avvisi di pagamento, avevano revocato l’incarico al precedente amministratore, nominandone uno uovo. A seguito della notifica di una ulteriore cartella di pagamento, i veniva a conoscenza del mancato pagamento di contributi previdenziali relative al rapporto di lavoro subordinato intercorso con il portiere del condominio, nonché delle ritenute d’acconto sulle retribuzioni del predetto oltre che sulle fatture emesse dai fornitori. A queste seguivano poi ulteriori cartelle e avvisi di pagamento, relative al mancato versamento della tassa di occupazione del suolo pubblico in occasione dei lavori di ristrutturazione dello stabile. Dall’esame dei testi, poi, si evinceva che l’amministratore di condominio, ricorrente, già condannato in primo e secondo grado, non aveva consegnato alcun fondo cassa né tantomeno dato conto dell’accantonamento del TFR del dipendente. Nella motivazione della sentenza, poi, si dà atto che l’imputato si era reso disponibile ad accollarsi il debito per i contributi non versati. A fronte di tale ammissione, il giudice di prime cure aveva affermato la penale responsabilità per l’amministratore di condominio essendo emerso con certezza il mancato versamento dei contributi mensili, anche da parte dello stesso imputato. Pertanto, alla luce di tali affermazioni la Suprema Corte ha ritenuto inammissibile il motivo di appello in quanto del tutto generico ed “eccentrico” rispetto al provvedimento impugnato, sottolineando ancora una volta come i giudici del merito avessero ben compreso la situazione fattuale. In definitiva l’omesso pagamento di cui si dava atto nelle sentenze di merito era stato identificato proprio con l’appropriazione indebita delle somme versate dai condomini e ritenute dall’amministratore. La Corte di Cassazione pertanto, pur dichiarando inammissibile il ricorso, per difetto di specificità dei motivi di appello, sembra aver compiutamente inquadrato i fatti oggetto del procedimento in questione. Proprio a tal riguardo, quindi, afferma che la condotta dell’amministratore che abbia trattenuto somme di cui aveva la disponibilità in ragione del suo ufficio e con destinazione “vincolata” ai pagamenti nell’interesse del condominio, integra il delitto di appropriazione indebita.

La Suprema corte prosegue poi richiamando la giurisprudenza di legittimità che, con riferimento proprio all’ipotesi del denaro - anche se molto datata, “stante l’immutabilità del quadro normativo di riferimento” risulta ancora attuale e valida. In primo luogo ciò che appare doveroso sottolineare è che anche il denaro può costituire oggetto del reato di appropriazione indebita, atteso che “anche il denaro, nonostante la sua "ontologica" fungibilità, può essere oggetto di trasferimento relativamente al mero possesso, senza che al trasferimento del possesso si accompagni anche quello della proprietà”. “Ciò di norma si verifica, oltre che nei casi in cui sussista o si instauri un rapporto di deposito o un obbligo di custodia, nei casi di consegna del danaro con espressa limitazione del suo uso o con un preciso incarico di dare allo stesso una specifica destinazione o di impiegarlo per un determinato uso: in tutti questi casi il possesso del danaro non conferisce il potere di compiere atti di disposizione non autorizzati o, comunque, incompatibili con il diritto poziore del proprietario e, ove ciò avvenga si commette il delitto di appropriazione indebita (cfr., Cass. Pen., 2, 24.10.2017 n. 50672, P.C. in proc. Colaianni; conf., Cass. Pen., 2, 25.10.1972 n. 4584, Girelli; cfr., anche, Cass. Pen., 2, 21.4.2017 n. 24857, Forte; Cass. Pen.,2, 8.3.2016 n. 12869, Pigato; Cass. Pen., 5, 26.5.2014 n. 46474, Nicoletti, resa in tema di appropriazione da parte del consulente di una società, di una somma di denaro destinata al soddisfacimento di un creditore)”. Pertanto, allorquando non vi sia passaggio di proprietà, anche il fine diverso dal vincolo di destinazione originariamente previsto, può integrare il delitto di appropriazione indebita.

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Ultimo aggiornamento Giovedì, Gennaio 09 2020