Usucapione del coerede: va dimostrato il possesso ad excludendum;

Giovedì, Ottobre 10 2019 Scritto da Administrator  

Usucapione del coerede: va dimostrato il possesso ad excludendum;

La Cassazione (sentenza n. 22444/2019 del 21 Febbraio - 9 Settembre 2019) ha escluso la sussistenza di un rapporto di natura obbligatoria tra coerede e beni oggetto di comunione ereditaria.

Non è sufficiente un mero atto di interversione del possesso ma occorre dimostrare una relazione tra il coerede ed il bene, tale da escludere un’analoga possibilità di godimento da parte di altri eredi.

Questo è quanto stabilito dalla Cassazione Civile, Sez. II, con la sentenza 21 febbraio - 9 settembre 2019, n. 22444; I coeredi sono compossessori e non meri detentori dei beni ereditari. Ne consegue che, al fine di accertare l’avvenuto acquisto per usucapione di detti beni da parte di uno dei coeredi, questi dovrà provare un possesso esclusivo, tale cioè da precludere agli altri coeredi la possibilità di analogo godimento dei beni oggetto di interesse. Lo ha affermato la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza in commento, escludendo la sussistenza di un rapporto di natura obbligatoria tra coerede e beni oggetto di comunione ereditaria. A ciò consegue che ai fini dell’usucapione di detti beni non serve dar prova di un atto di interversione del possesso ma occorre piuttosto dimostrare un possesso ad excludendum. Il giudizio trae origine da una successione apertasi nel lontano 1946 e dalla domanda con cui, molti anni dopo, alcuni dei coeredi agivano in giudizio nei confronti degli altri, domandando lo scioglimento della comunione ereditaria. I coeredi convenuti si costituivano in giudizio e proponevano domanda riconvenzionale, chiedendo che venisse accertato l’avvenuto usucapione, da parte del loro dante causa (a sua volta erede dell’originario de cuius), su un immobile facente parte del compendio ereditario. Con sentenza non definitiva il Tribunale di Napoli rigettava la domanda di usucapione, ritenendo non vi fosse prova di un atto di interversione del possesso da parte del coerede dante causa. Quest’ultimo, con un atto del 1988, aveva infatti richiesto, anche a nome degli altri comproprietari, un contributo per la ristrutturazione dell’immobile oggetto della domanda riconvenzionale, riconoscendo in tal modo  - a detta del Tribunale - l’altrui comproprietà del bene. La sentenza di primo grado veniva appellata dai coeredi soccombenti ma la Corte d’Appello di Napoli respingeva il gravame. Dall’istruttoria era emerso infatti che già al momento dell’apertura della successione il dante causa dei ricorrenti occupava l’immobile assieme alla madre e che, anche quando vi aveva successivamente abitato con la propria famiglia, vi era stato comunque il consenso degli altri coeredi. Era stato poi accertato che questi aveva gestito la proprietà dell’immobile oggetto di riconvenzionale (ma anche di altri beni successivamente ricompresi nel compendio ereditario) per conto dei fratelli. Questi ultimi avevano tra l’altro pagato le imposte sul bene, indicandolo come oggetto di comproprietà nella dichiarazione di successione ed includendolo anche in un successivo progetto di divisione della comunione ereditaria: atto, quest’ultimo, nel quale la Corte territoriale aveva ravvisato una rinuncia tacita all’usucapione. Una serie di elementi probatori e circostanze, dunque, che a detta della Corte d’Appello denotavano  l’assenza di un possesso esclusivo dell’immobile da parte del dante causa dei ricorrenti, precludendo pertanto il perfezionarsi dell’usucapione. I coeredi soccombenti proponevano ricorso per la cassazione della sentenza d’appello, rilevando in particolare come la Corte di merito li avesse erroneamente qualificati compossessori e non detentori dei beni ereditari e che un atto di interversione del possesso sarebbe stato necessario solo in caso di godimento separato di parte dei beni. La Cassazione condivide la valutazione della Corte d’Appello, ritenendo corretto qualificare i coeredi come compossessori e non detentori del bene ereditario, non essendo stato provato il possesso esclusivo da parte del loro dante causa. Prescindendo dal caso in esame, gli Ermellini osservano che i coeredi non possono qualificarsi detentori dei beni ereditari, difettando un rapporto di natura obbligatoria tra questi e i beni oggetto della comunione ereditaria. Ne consegue che, ai fini dell’usucapione di beni ereditari, a nulla serve dar prova di un atto di interversione del possesso, dovendosi piuttosto provare un possesso ad excludendum, vale a dire una situazione in cui il rapporto materiale tra il coerede e i beni ereditari è tale da escludere gli altri coeredi dalla possibilità di instaurare con essi un rapporto analogo. Tornando all’analisi del caso in questione la Corte reputa quindi irrilevante che il riferito dante causa avesse utilizzato e amministrato il bene ereditario, mentre gli altri coeredi si erano astenuti da analoghe attività: vale infatti la presunzione, pur suscettibile di prova contraria, che questi abbia agito anche in nome e per conto degli altri eredi (in tal senso si vedano Cassazione civile sez. II, 16/01/2019, n. 966; Cass. 04/05/2018, n. 10734; Cass. 25/03/2009, n. 7221). Le circostanze accertate nel giudizio di merito, insindacabili in sede di legittimità, hanno inoltre confermato che il godimento dei beni ereditari era avvenuto non uti dominus ma con il consenso degli altri coeredi, che gli avevano delegato la gestione e l’amministrazione dei numerosi immobili confluiti poi nel compendio ereditario. Ad analoghe conclusioni conduce l’analisi dei documenti e delle richieste di prova trascritte in ricorso, anch’essi inidonei, secondo la Cassazione, a dar prova dell’esistenza di un possesso esclusivo. In base a tali considerazioni la Corte ha quindi rigettato il ricorso, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese e al versamento di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato e pari a quello dovuto per il ricorso principale, così come previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. n. 115 del 2002.

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Ultimo aggiornamento Domenica, Aprile 11 2021