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Domanda accolta? No alla compensazione;

Cassazione, ordinanza n. 31288/2019: il giudice può compensare le spese solo in caso di soccombenza reciproca ma non se la domanda è accolta integralmente;

Nessuna compensazione delle spese di lite, se la domanda è accolta integralmente. Questo è quanto precisato dalla Corte di Cassazione, Sezione lavoro, nell'ordinanza 10 ottobre - 29 novembre 2019, n. 31288. La pronuncia in commento, trae origine dalla vicenda dell’odierno ricorrente, il quale aveva azionato un procedimento di accertamento tecnico preventivo relativo ai requisiti sanitari, per ottenere il riconoscimento dell'assegno di invalidità civile; il Tribunale aveva omologato tale accertamento, come da CTU, ma aveva compensato le spese di lite, senza fornire alcuna motivazione sul punto. Parte istante ha impugnato detta sentenza per cassazione, deducendo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 e la carenza ed illogicità della motivazione relativamente alla compensazione delle spese di lite. In particolare, ha rilevato che la compensazione delle spese, era stata disposta dal Giudice di prime cure senza alcuna motivazione, ed inoltre, tale statuizione era ingiustificata, atteso che non era stata accertata alcuna soccombenza reciproca delle parti, bensì, solo la soccombenza dell’Inps. Orbene, citando l'art. 92 c.p.c., il ricorrente ha evidenziato che il giudice può compensare le spese solo nel caso in cui sia ravvisabile una pluralità di pretese contrapposte rigettate a svantaggio di entrambe le parti, ipotesi non ravvisabile nel caso di specie, in cui il giudice aveva accolto in toto le domande proposte dal ricorrente. Nell'ordinanza in commento, la Suprema Corte ha ritenuto fondato il ricorso, ribadendo quanto già affermato dalla giurisprudenza di legittimità in simili fattispecie, ovvero che, il decreto di omologa, è un provvedimento definitivo, di carattere decisorio, che incide sui diritti patrimoniali e non può essere impugnato in altre sedi. In merito al coordinamento tra condanna alle spese di giudizio e soccombenza, la Suprema Corte aveva chiarito che "Nel regime normativo posteriore alle modifiche introdotte all'art. 91 c.p.c., dalla L. n. 69/2009, in caso di accoglimento parziale della domanda il giudice può, ai sensi dell'art. 92 c.p.c., compensare in tutto o in parte le spese sostenute dalla parte vittoriosa, ma questa non può essere condannata neppure parzialmente a rifondere le spese della controparte, nonostante l'esistenza di una soccombenza reciproca per la parte di domanda rigettata o per le altre domande respinte, poichè tale condanna è consentita dall'ordinamento solo per l'ipotesi eccezionale di accoglimento della domanda in misura non superiore all'eventuale proposta conciliativa" (Cassazione civile, sentenza 23 gennaio 2018, n. 1572). A tal riguardo, è possibile evincere detto principio, esaminando a contrario l'art. 91 c.p.c., comma 1, secondo cui, se il giudice "accoglie la domanda in misura non superiore all'eventuale proposta conciliativa, condanna la parte che ha rifiutato senza giustificato motivo la proposta al pagamento delle spese del processo maturate dopo la formulazione della proposta, salvo quanto disposto dall'art. 92". Pertanto, se per giustificare la condanna alle spese della parte parzialmente vittoriosa, occorre che questa abbia rifiutato, senza ragione, l'offerta conciliativa dell’importo poi parzialmente, alla stessa riconosciuto, al di là, di tale caso, il sistema processuale impone che, salva facoltà di compensazione, vada applicato il principio di causalità e non si condanni mai alla rifusione delle spese di lite, la parte costretta ad azionare il procedimento in modo fondato, anche se solo in parte. Alla luce delle suesposte argomentazioni, la Cassazione   ha accolto il ricorso e cassato il decreto di omologa, con rinvio al giudice del merito che provvederà alla regolazione delle spese attenendosi agli enunciati principi di diritto.

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