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OMCI - Organismo di Mediazione

Omci - Organismo di Mediazione e Conciliazione Italia

05
Aprile
2021

Il Primo Presidente della Cassazione: “la mediazione deve essere valorizzata”

Come da tradizione, il 29 gennaio scorso è stato celebrato il rito della apertura dell’anno giudiziario 2021, in occasione del quale il Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione Pietro Curzio ha pre­sentato la sua “Relazione sull’amministrazione della giustizia” (pubblicata per intero sul sito ufficiale della Corte) per fare il punto sui risultati del lavoro svolto nei precedenti 12 mesi ed indicare le prospettive e gli obiettivi per la stagione in corso.

Sulla scorta delle statistiche nazionali del Ministero e di quelle specifiche della Corte, vengono “snocciolati” i numeri delle pendenze, delle iscrizioni, delle defini­zioni e della durata media dei giudizi, nonché quelli degli organici e delle strutture; si evidenziano i risultati rag­giunti e le criticità emerse ed infine si individuano le linee di tendenza e le proposte per migliorare il “servizio giustizia”.

Orbene, nel quadro delineato quest’anno ha trovato spazio anche la mediazione, quale utile strumento per una risoluzione alternativa delle controversie giusta, rapida ed economica.

Vale la pena lasciare la parola alla Relazione, nella quale, alla parte prima (“La giustizia nell’anno più difficile”), nel paragrafo 2, dedicato ai flussi ed ai tempi della attività giudiziaria (iscrizioni, definizioni, pendenze e tempi medi di durata), si legge (a pag. 23) quanto segue:

“… Secondo i dati forniti dal Ministero della Giustizia, nel periodo luglio 2019- giugno 2020, anche l’istituto della mediazione ha registrato un rilevante calo delle iscrizioni delle procedure rispetto all’anno precedente (- 12%): tale riduzioni si rileva essenzialmente nel corso del primo semestre 2020, in cui si è registrata una flessione del 41%, a fronte di una sostanziale stabilità del numero di procedure attivate nell’anno precedente …”.

Al netto della pandemia, quindi, la mediazione mostra una “sostanziale stabilità”, tiene il campo, non arretra. In altri termini: serve, produce effetti positivi ed è ormai parte definitivamente integrante del sistema.

Ed infatti “… Ferma restando la complessità della ricostruzione del quadro generale – prosegue il Primo Presidente – può riconoscersi all’istituto conciliativo un effetto comunque deflattivo del contenzioso civile, soprattutto se si tiene conto del fatto che le procedure concluse con il raggiungimento dell’accordo hanno avuto una durata media di 143 giorni nel 2019 e di 160 nel primo semestre 2020, ben più celere, in ogni caso, della durata media del solo giudizio di primo grado dinanzi al tribunale (348 giorni nel periodo luglio 2019- giugno 2020; 359 giorni nell’anno precedente) …”.

“Un effetto comunque deflattivo”: non una “bacchetta magica” che fa sparire l’arretrato, ma un solido attestarsi nell’ordinamento nell’interesse del cittadino e dell’istituzione, sui tavoli della quale si libera un po’ più di spazio per quelle controversie che, per la loro natura e/o per la loro complessità e delicatezza, necessitano veramente dell’intervento della collettività e cioè dello Stato.

Ma vi è di più. Nella parte quinta (“La Corte, la società e le riforme”), il punto 1.1 (“Le riforme nel settore civile”) viene dedicato in gran parte alla necessità di risposte differenziate rispetto a quelle giudiziali tradizionali e, tra esse, specificamente alla mediazione, in specie quella c.d. delegata.

Lasciamo ancora una volta la parola alla Relazione (pagg. 149- 150):

1.1 Le riforme nel settore civile

Sul versante dell’interlocuzione istituzionale, è indispensabile, in ambito civile, un intervento del legislatore per prevenire la sopravvenienza di un numero patologico di ricorsi, mediante forme di risposta differenziate rispetto a quelle tradizionali in grado di giungere alla definizione del conflitto senza percorrere necessariamente i tre gradi di giurisdizione.

In tale prospettiva, in ambito civile deve essere valorizzata, nelle sue molteplici potenzialità, la mediazione, oggetto di un gruppo di lavoro ministeriale da cui provengono importanti indicazioni di contenuto e di metodo. Il DL 21 giugno 2013 n. 69, convertito nella legge 9 agosto 2013 n. 98 ha profondamente mutato l’istituto mediatorio, affiancando alla mediazione su mero invito del giudice (la cd. mediazione demandata) la possibilità (anche in appello) di disporre l’esperimento del procedimento di mediazione (la cd. mediazione ex officio o delegata) e ha introdotto il concetto di “processo senza sentenza” che può contribuire alla definizione delle controversie in modo complementare rispetto all’esercizio tradizionale dello ius dicere.

Il processo senza sentenza non implica un’abdicazione del giudice dalla propria funzione giudicante, ma semplicemente richiede una valutazione puntuale ed esperta della mediabilità e della conciliabilità del singolo caso. Assicura la diversificazione delle modalità di offerta del servizio e degli strumenti impiegati a beneficio dell’interesse del cittadino e delle imprese in grado di assicurare l’effettivo raggiungimento degli obiettivi di qualità ed efficienza …”.

Ciò posto, in un prospettiva di più ampio e moderno orizzonte sociale e culturale, non limitato allo stretto ambito giudiziario, la Relazione si spinge addirittura a sottolineare che la mediazione ex officio:

“… Promuove la diffusione della cultura della mediazione come collante sociale, non solo per la riattivazione di una comunicazione interrotta tra le parti del conflitto, ma anche per la generale condivisione dei valori dell’autonomia, della consapevolezza e della responsabilità. Avvicina il cittadino alla giustizia, perché lo rende finalmente partecipe delle modalità di risoluzione del conflitto e fiducioso dell’adeguatezza di tale servizio rispetto alle sue esigenze. Promuove il progresso delle professioni dedicate al conflitto nella odierna complessità delle relazioni interpersonali, con la valorizzazione delle competenze dell’avvocato, parte necessaria delle procedure di mediazione. Sollecita, inoltre, il cambiamento della cultura di tutti gli operatori della giustizia con l’acquisizione di competenze più specifiche in ordine alla condizioni di medi abilità del contenzioso. Assicura, infine, la deflazione del contenzioso giudiziale con conseguente ottemperanza al principio di ragionevole durata del processo, risposta celere alle parti in lite, riduzione dei costi della giustizia, più elevata efficienza del servizio e maggior fiducia da parte dell’utenza …”.

Non si tratta, però, solo di parole e di buoni propositi, perché:

“… I dati ministeriali  suffragano questa prospettiva, laddove sottolineano gli importanti traguardi raggiunti grazie alle nuove previsioni normative che hanno prodotto rilevanti effetti anche indiretti in termini di conciliazione spontanea e di omessa instaurazione del contenzioso a seguito dell’acquisita consapevolezza delle minime possibilità di accoglimento della pretesa della parte in caso di proposizione giudiziaria della domanda …”.

In sostanza, “importanti traguardi raggiunti …” con “…  rilevanti effetti anche indiretti” e l’auspicio di un ulteriore rafforzamento della mediazione per una svolta culturale, nell’interesse dell’utenza, dei professionisti e del servizio giustizia.

Un assist prestigioso che Parlamento e Governo sono chiamati a non sprecare.

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Ultimo aggiornamento Lunedì, Aprile 19 2021
  
07
Aprile
2021

Secondo uno studio, Perchè la mediazione conviene agli avvocati oltre che alle Parti?

CONVIENE AGLI AVVOCATI E ALLE PARTI ECONOMICAMENTE

La Mediazione conviene alle parti, per la rapidità, per i costi bassi, per il credito di imposta, perché sono parte attiva nel procedimento: E Agli avvocati? L’obiezione che più frequentemente si sente fare dagli Avvocati ostili alla mediazione è la seguente: perché dovrei consigliare al cliente la procedura di mediazione se economicamente a me conviene maggiormente fare una causa rispetto ad una mediazione? Verifichiamo allora se una tale obiezione è fondata esaminando i conti degli introiti derivanti da una mediazione rispetto a quelli di una causa. Se analizziamo la tabella dei compensi medi previsti dal D.M. 55/2014 per una pratica di valore da €.1.100 a €.5.200, possiamo constatare che per un giudizio di primo grado il compenso totale spettante all’Avvocato, risultante dalla somma delle quattro fasi di causa (studio della controversia, fase introduttiva, fase istruttoria e fase decisionale) ammonta a €.2.430. Il compenso spettante all’Avvocato per l’attività prestata in mediazione per una pratica di ugual valore ammonta invece per le tre fasi (attivazione, negoziazione e conciliazione) a €.1.620. Da ciò deriva che il compenso spettante all’Avvocato per l’assistenza in mediazione è pari al 66% del compenso a lui dovuto per lo svolgimento di un’intera causa di primo grado. Per una pratica dello scaglione di valore superiore (da €.5.200 a €.26.000), il compenso per la mediazione ammonta invece al 52% del compenso spettante per la causa (€.2.520 a fronte di €.4.835). A fronte della previsione di un compenso per la mediazione pari alla metà o ai due terzi di quanto è previsto per una causa di primo grado, occorre però confrontare le attività che l’Avvocato è chiamato a svolgere nelle due procedure. Ed allora è facile concludere che l’impegno e il tempo richiesti in mediazione all’Avvocato sono infinitamente più ridotti rispetto a quelli da profondere per la causa. Per guadagnare il compenso pari a metà o ai due terzi rispetto alla causa, l’Avvocato deve svolgere il colloquio con il cliente, compilare on line il modulo della domanda di mediazione o l’adesione alla stessa, partecipare a uno o due incontri e collaborare con il mediatore per la redazione del verbale di accordo. Per converso, l’attività da svolgersi in causa per l’Avvocato parte dallo studio del fascicolo, prevede uno o più incontri con il cliente, la redazione della citazione e la sua notificazione e successiva iscrizione a ruolo oppure della comparsa di costituzione  e risposta , un numero di udienze non inferiore a 4-6, la redazione delle memorie ex art.183 n°1, 2 e 3, la partecipazione alla attività istruttoria con escussione dei testi ed eventuale CTU e la redazione delle comparse conclusionali e di replica. Ci si chiede se davvero una tale mole di attività ed il relativo tempo occorrente per compierla, giustifichi un compenso superiore solo di un terzo o metà rispetto a quello previsto per la mediazione. Ma vi è di più. Mentre il compenso previsto per la assistenza in mediazione è prevedibile che possa essere incassato dall’Avvocato nel tempo occorrente per lo svolgimento della procedura, pari a 3-6 mesi, il compenso dovuto all’Avvocato per la causa ben difficilmente verrà pagato dal cliente integralmente prima del termine della causa stessa, che è ipotizzabile in almeno 3-5 anni. E a ciò si deve aggiungere un ulteriore elemento riguardante la ragionevole certezza del pagamento. In una mediazione conclusa con successo, il cliente sarà sempre soddisfatto e normalmente ben disposto a saldare la parcella presentata dall’Avvocato  senza contestazione alcuna. All’esito della causa, invece, è esperienza comune che ciò non sempre accada. Si pensi infatti allo stato d’animo del cliente in caso di giudizio conclusosi in modo a lui sfavorevole, ma anche alle ipotesi di cause vinte ma dopo lunghissimo tempo o senza un risultato concreto ancora ottenuto. E’ ragionevole pensare che, in tali ipotesi, il cliente sia pronto a soddisfare senza problemi le richieste di pagamento dell’Avvocato o non è invece immaginabile una difficoltà ben superiore per l’Avvocato di ottenere il pagamento della parcella presentata al cliente?

CONVIENE AGLI AVVOCATI PERCHE’ ELIMINA L’ALEA DEL GIUDIZIO

Il cliente che si rivolge all’Avvocato sempre chiede rassicurazioni circa la fondatezza delle proprie richieste e l’esito del giudizio che intenderebbe intraprendere. Spesso chiede di conoscere la percentuale di successo rispetto alla causa da instaurare. E’ esperienza comune di chi svolge la professione di Avvocato della difficoltà nel soddisfare tali comprensibili richieste. La prevedibilità delle decisioni giudiziarie è un tema complicato e difficoltoso. Esiste sempre un grado di imprevedibilità proprio del processo che impedisce di fare previsioni in termini di certezza o, quantomeno, di elevata probabilità sul relativo risultato. Ciò crea spesso evidenti problemi nel rapporto con il cliente che mostra la sua insoddisfazione e sfiducia in ordine alle incertezze e ai rischi che l’Avvocato prudente sempre è tenuto a prospettargli, con riferimento a qualsiasi giudizio debba essere intrapreso. Troppe sono le incognite perché un Avvocato avveduto possa garantire alcunchè al cliente in cerca di certezze: differenti orientamenti giurisprudenziali, possibili mutamenti della giurisprudenza in corso di causa, incertezza circa le risultanze dell’attività istruttoria da svolgersi, conclusioni di una eventuale CTU da espletarsi, valutazione della documentazione sottoposta al giudicante, possibili eccezioni e strategie della controparte. A fronte di questo quadro di incertezze, la procedura di mediazione non comporta alcuna alea. La soddisfazione del cliente all’esito del procedimento non dipende da un terzo, il Giudice, né da alcun altro elemento esterno alla volontà della parte stessa. E’ il cliente  che decide se un eventuale accordo è per lui favorevole o meno. In caso positivo l’accordo è nel senso voluto dalla parte con sua soddisfazione, in caso contrario nessun accordo viene raggiunto e la parte è nella esatta identica situazione in cui era prima dell’inizio della mediazione. Nessuna alea per l’Avvocato, nessuna sorpresa negativa per il cliente è possibile; nessuna aspettativa può essere frustrata o delusa dalla mediazione come, invece, può avvenire all’esito della causa.

CONVIENE AGLI AVVOCATI PERCHE’ DURA POCO

La durata media di un procedimento di mediazione è di 134 giorni. La durata media di una causa, per i tre gradi di giudizio, è di 8 anni circa. Qualcuno potrebbe ritenere che la lunga durata di una causa possa ancora essere conveniente per l’Avvocato in applicazione dello stantio brocardo secondo cui “causa che pende, causa che rende”. In realtà ormai da tempo, almeno dopo l’abolizione delle tariffe forense e l’introduzione dei parametri, è vero proprio il contrario. E’ una causa che dura poco a rendere di più rispetto ad una causa che si prolunga nel tempo. Ed infatti i parametri forensi sono, ormai dal 2014, strutturati per fasi con indicazione di un compenso forfettario omnicomprensivo per ogni singola fase, che prescinde completamente dal tempo occorrente per portare a compimento la fase stessa. E quindi che la fase istruttoria duri uno o più mesi o uno o più anni, all’esito di tale fase il compenso spettante all’Avvocato sempre lo stesso sarà. Oggi, quindi, è più corretto sostenere che una causa che pende non rende nulla di più di un procedimento che si conclude rapidamente. In questo senso, il vantaggio competitivo della mediazione è innegabile. La procedura di mediazione si conclude in pochi mesi, la causa più veloce in qualche anno.

CONVIENE AGLI AVVOCATI PERCHE’ FIDELIZZA IL CLIENTE

Nel corso della procedura di mediazione la parte è sempre protagonista e partecipa a tutte le fasi del procedimento personalmente, a differenza di quanto accade nel processo dove la sua presenza personale è limitata abitualmente alle sole udienze di convocazione delle parti disposte dal Giudice o all’udienza in cui è chiamata a rispondere all’interrogatorio formale. Nella mediazione la parte raggiunge un accordo solo se lo ritiene per sé conveniente, può interloquire liberamente con il mediatore e con la controparte esprimendo ogni proprio pensiero in ordine a quanto sta accadendo. Ne consegue che l’eventuale accordo sottoscritto è sempre un atto voluto dalle parti nei termini da loro graditi. Da ciò deriva che all’esito della procedura di mediazione, se conclusa con l’accordo, il cliente dell’Avvocato sarà sempre soddisfatto, avrà sempre avuto la sensazione di essere stato un attore protagonista degli eventi e della conclusione del procedimento. Non avrà pertanto modo di esprimere alcuna lamentela in ordine ai costi, ai tempi e agli esiti della procedura.Ciò porterà alla conclusione di avere avuto piena soddisfazione nella soluzione di un proprio problema. E un cliente soddisfatto non solo torna sempre dal proprio Avvocato, ma produce anche un effetto volano di propagazione presso amici, parenti e conoscenti del buon esito della propria vicenda e del buon lavoro del proprio Avvocato che, ai suoi occhi, sarà colui che lo ha aiutato a risolvergli un problema in tempi rapidi. Ciò avrà l’effetto di produrre una pubblicità positiva a costo zero per l’Avvocato con potenziali benefici in ordine alla potenziale clientela futura che potrebbe decidere di rivolgersi a lui. Ma la mediazione non solo fidelizza il cliente, ma anche consolida il rapporto con lo stesso. Ed infatti, nella procedura di mediazione, la parte è chiamata ad aprirsi e spesso a parlare degli aspetti umani del conflitto più che di quelli legali, dei propri interessi e delle proprie aspettative, delle cause che hanno originato il conflitto. Da ciò deriva la conseguenza, da un lato, che l’Avvocato arriva a conoscere aspetti del cliente che difficilmente avrebbe modo di conoscere nel corso di una causa e, dall’altro, che l’Avvocato è vicino al proprio cliente in un momento di emotività forte per lui e viene quindi visto non solo come colui che presta assistenza legale, ma come un consulente a tutto tondo che lo aiuta e gli è vicino nella ricerca di una soluzione ad un problema anche umano.

CONVIENE AGLI AVVOCATI PERCHE’ NON HANNO LA RESPONSABILITA’ PROFESSIONALE

Nel corso dello svolgimento della propria attività professionale, è noto che l’Avvocato debba prestare sempre maggiore attenzione alla responsabilità nei confronti del proprio cliente. I casi di giudizi per responsabilità professionale dell’Avvocato sono diventati sempre più frequenti a causa dell’ampliamento del campo della responsabilità professionale, ben al di là del classico “errore professionale”. Se in passato la responsabilità dell’Avvocato era limitata sostanzialmente ai casi di mancato rispetto dei termini e scadenze processuali o alla omissione di attività doverose quali la mancata interposizione di appello o la mancata intimazione di testi che portavano alla compromissione dell’esito della causa, in tempi più recenti la situazione si è decisamente aggravata. In primo luogo, si sono moltiplicate le previsioni normative di inammissibilità ed improcedibilità che, almeno potenzialmente, sono tutte foriere di responsabilità professionale dell’Avvocato allorquando pronunciate dal Giudice. A ciò si aggiungano gli accresciuti obblighi  a carico  dell’ Avvocato, previsti da norme e giurisprudenza più recente, a partire dagli obblighi informativi nei confronti del cliente previsti dalla vigente legge professionale che ha istituito un vero e proprio obbligo di “consenso informato legale” da acquisire dal proprio cliente, per passare ai sempre più stringenti obblighi informativi circa le scelte processuali e alla responsabilità per mancata dissuasione in caso di giudizi apparentemente poco fondati. A fronte di questo quadro di obblighi e responsabilità in capo all’Avvocato nell’ipotesi di attività giudiziale, per quanto riguarda la mediazione la responsabilità è invece ben poca cosa. Di fatto, l’unico vero obbligo, fonte di responsabilità professionale, è costituito dal’art.12 del D. Lgs n. 28/2010 che prevede in sede di accordo “l’attestazione e certificazione della conformità dell’accordo alle norme imperative e dell’ordine pubblico”.

CONVIENE AGLI AVVOCATI PERCHE’ FORNISCE LORO NUOVE COMPETENZE

La partecipazione al procedimento di mediazione da parte dell’Avvocato gli consente di acquisire nuove competenze anche dal confronto con mediatori professionalmente preparati. Insegna loro ad ascoltare per capire e non invece per replicare, come consueto in una logica avversariale tipica della causa. L’Avvocato impara a negoziare meglio, in modo più efficace, a comunicare in modi più efficienti, a ragionare in termini anche di pensiero laterale e non solo di pensiero lineare, ad esercitare la propria creatività nella ricerca di soluzioni che vanno al di là della mera applicazione normativa. Tutto ciò è maggiormente in linea con le esigenze e le richieste del cliente, che sono quelle di risolvere il problema prospettato all’Avvocato nel più breve tempo possibile e a costi più contenuti possibili. La capacita di conoscere e gestire al meglio l’assistenza del cliente in mediazione è competenza allineata alla più moderna tendenza evolutiva della figura dell’Avvocato che lo vede passare dall’essere un mero “litigator” ad un autentico “problem solver”, che continua ad avere al proprio arco la freccia del contenzioso quale modo di risoluzione del conflitto, ma in un’ottica di “extrema ratio” e non, invece, come unica strada percorribile.

CONVIENE AGLI AVVOCATI PERCHE’ CONSENTE LORO DI RISOLVERE PROBLEMI NON RISOLVIBILI CON UNA CAUSA

E’ esperienza comune ad ogni Avvocato che esistono tipologie di pratiche nelle quali è difficile ipotizzare di poter dare soddisfazione al proprio cliente, anche all’esito di una causa conclusasi favorevolmente. Le cause familiari, parentali, fra eredi, le cause in cui l’elemento umano è importante, difficilmente consentono alle parti di avere piena soddisfazione, sia per la rigidità del modello giudiziale, che per l’impossibilità delle parti di far valere nel giudizio gli elementi non giuridici che per loro spesso sono più importanti di quelli strettamente legali. Lo stesso dicasi per le cause condominiali, per molestie, per immissioni di fumi e rumori, ove anche l’ottenimento di provvedimenti giudiziali favorevoli non porta a soddisfare l’interesse del cliente a causa di evidenti problemi pratici di esecuzione della decisione. A quanti Avvocati è capitato di ottenere ordinanze o sentenze favorevoli al proprio assistito, scontrandosi poi con le enormi difficoltà di mettere in esecuzione le stesse al fine di  ottenere la soluzione definitiva del problema del cliente che aveva dato origine al giudizio? Quanti di questi provvedimenti si sono risolti con vittorie di Pirro e cioè provvedimenti favorevoli ma di fatto inattuabili? Uguale ragionamento può farsi con riferimento alle cause bagatellari, in cui l’aspetto economico assume una rilevanza decisiva nella valutazione della convenienza di un eventuale giudizio, con i relativi costi, rispetto alla materia del contendere. In tutte queste ipotesi, la mediazione rappresenta un’alternativa di successo perché l’eventuale accordo, essendo voluto dalle parti e mai subito all’esito della decisione di un terzo, avrà maggiori probabilità di essere ottemperato spontaneamente senza necessità di esecuzione forzosa alcuna.

CONVIENE AGLI AVVOCATI PERCHE’ RAFFORZA LA LORO IMMAGINE DAVANTI AL GIUDICE E LA POSIZIONE DELLA PARTE

L’evoluzione della professione legale porta a ritenere che l’Avvocato sia ormai una figura riconducibile a due diversi modelli professionali. Al modello classico dell’Avvocato conflittuale/avversariale, convinto e deciso a risolvere ogni conflitto per via giudiziale arrivando a sentenza per ogni controversia instaurata, si va sempre più contrapponendo la figura dell’Avvocato conciliatore/collaborativo, determinato ad indagare fra le varie opzioni disponibili per definire il conflitto ed orientato a ricercare soluzioni conciliative, tenendo il contenzioso giudiziario solo come arma residuale in caso di accertata impossibilità di trovare altre soluzioni.L’emersione di questa nuova figura professionale è stata riconosciuta anche dalla Corte di Cassazione nella celeberrima sentenza n°8473 del 27/03/2019 che testualmente riconosce “la progressiva emersione di una figura professionale nuova, alla quale si chiede l’acquisizione di ulteriori competenze di tipo relazionale e umano, inclusa la capacità di comprendere gli interessi delle parti al di là delle pretese giuridiche avanzate”. Avere acquisito tale consapevolezza e presentarsi avanti al Giudice dimostrando di possedere anche competenze di tipo relazionale ed umano e capacità di creare interazioni costruttive e non solamente avversariali, dimostrando altresì la capacità di tutelare interessi del cliente non solo giuridici ed economici, ma anche personali ed emotivi, non può che illuminare la figura dell’Avvocato agli occhi del Giudice di una luce di apprezzamento diversa rispetto alla figura dell’Avvocato “vecchia scuola”, litigatore fino alle estreme conseguenze.

CONVIENE AGLI AVVOCATI PERCHE’ E’ COMODA

Potrà sembrare un aspetto di minore importanza e forse lo è,  per la valutazione della convenienza della mediazione, ma è innegabile che la procedura di mediazione, anche dal punto di vista strettamente pratico delle condizioni con cui si svolge, sia notevolmente più comoda per l’Avvocato rispetto a qualsiasi procedimento che si celebra negli uffici giudiziari. La mediazione si svolge presso la sede di un Organismo, normalmente in ambiente confortevole e professionale, con offerta di benefits quali caffè e bevande, in locali adeguatamente riscaldati d’inverno e raffrescati d’estate. Gli incontri si tengono in giorni ed orari concordati e fissati tenendo conto dell’agenda lavorativa degli Avvocati e normalmente non vi sono code o attese se non di pochi minuti. Il dialogo e l’interlocuzione con la segreteria dell’Organismo è infinitamente più agevole e cordiale rispetto agli abituali rapporti con le Cancellerie degli uffici giudiziari. A ciò si aggiunga che, mentre non è possibile alcuna scelta di Tribunale o Giudice, è invece possibile scegliere presso quale Organismo incardinare la procedura di mediazione e, in taluni casi, addirittura scegliere il Mediatore ritenuto più competente a trattare la procedura. Tutti questi elementi potranno da taluni essere considerati poco rilevanti ma, innegabilmente, rappresentano un plus di piacevolezza maggiore rispetto a qualunque modalità di trattazione delle cause presso gli Uffici Giudiziari.

CONVIENE AGLI AVVOCATI PERCHE’ PUO’ AVERE FUNZIONE ESPLORATIVA

Un ultimo elemento normalmente poco considerato è la valutazione della convenienza della mediazione anche nel caso in cui la stessa non si concluda positivamente, per la funzione esplorativa che la procedura può avere. Il tempo utilizzato e le risorse economiche spese per la procedura di mediazione sono sempre un buon investimento. La mediazione, infatti, consente di comprendere meglio la posizione e le ragioni di controparte, permette di ascoltare le argomentazioni che l’altra parte adduce a sostegno delle proprie ragioni, di valutare eventuali documenti in possesso di controparte e di cui, forse, non si era a conoscenza. Tutto ciò consente di valutare al meglio i punti di forza e i punti di debolezza della propria posizione e di quelle altrui e, anche in caso di fallimento della mediazione per il mancato raggiungimento dell’accordo, di calibrare meglio le domande da proporre in sede giudiziaria e conoscere già le possibili eccezioni, obiezioni ed argomentazioni che la controparte potrebbe svolgere per contrastare la nostra richiesta.

CONCLUSIONI

In conclusione, chi scrive ritiene che la mediazione possa convenire agli Avvocati anche per renderli professionisti migliori. Avvocati più in linea con un nuovo modo di concepire la professione legale, più moderna ed evoluta. La conoscenza approfondita della mediazione consente all’Avvocato di acquisire più competenze ed avere più frecce al proprio arco, di avere più soluzioni da proporre al cliente, di essergli più vicino e di avere, quindi, clienti più soddisfatti e fedeli. E in un momento di profonda crisi della professione e di enormi difficoltà in cui gli Avvocati si trovano ad operare, ciò non è affatto poco.

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Ultimo aggiornamento Mercoledì, Aprile 07 2021
  
08
Febbraio
2021

L’assenza ingiustificata della Banca in mediazione, parte convenuta opposta, comporta la revoca del decreto opposto;

Il Tribunale Ordinario di Forli`, in persona del dott. Emanuele Picci, il 29/01/2021 ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A


nel procedimento iscritto al n. 2549 di registro generale dell’anno 2015, avente ad oggetto: contratti bancari, mediazione obbligatoria;

promosso da XXXXX XXXXX (c.f. XXXXX) e XXXXX XXXXX (c.f.

XXXXX), rappresentati e difesi dall’avv. XXXXXXXXXXXX(c.f.), con distinte procure in atti;

opponenti

contro XXXXXXXXXXXX), con procura in atti;

opposto

– ooOoo – Conclusioni per XXXXX XXXXX+altri:

Sintesi:

  1. con l’intenzione del legislatore di deflazionare il contenzioso cui gli strumenti di A.D.R. tendono, evitando cioè che chi agisce in giudizio (l’attore) attribuisca all’istituto della mediazione nulla più che un mero adempimento formale, quasi fosse un ornamento del processo; tale sua convinzione resterebbe qualora rischiasse semplicemente la sanzione dell’art. 8, co. 4-bis, cit.;
  2. con la giurisprudenza costituzionale citata anche da , n. 19596/20, in base alla quale le forme di accesso alla giurisdizione condizionate al previo adempimento di oneri sono legittime purché entro certi limiti. Richiedere che l’attore sia presente personalmente al “primo” incontro destinato anche ad essere “ultimo” qualora non compaia la controparte, appare ragionevole e costituisce un sacrificio esigibile, tenuto conto che detto modesto impegno preliminare ha lo scopo di evitare: “un buon numero di controversie, ben più onerose e lunghe rispetto ai tempi della mediazione obbligatoria” (cfr. Cass., n. 8473/19, cit.).

7. Una volta chiarito il convincimento del Tribunale, consegue agevolmente la soluzione del caso in oggetto. La procedura di mediazione veniva richiesta da parte attrice opponente e la controparte, pur regolarmente invitata, non compariva al primo incontro dinanzi al mediatore, il quale dava atto dell’impossibilità di dare corso alla procedura. L’assenza ingiustificata di parte convenuta opposta, quale attore in senso sostanziale, comporta la dichiarazione di improcedibilità della domanda e la conseguente revoca del decreto opposto.

In ragione della novità della questione trattata e del mutamento proposto rispetto alla giurisprudenza di legittimità, sussistono ragioni per una compensazione integrale delle spese.

p.q.m.

definitivamente pronunciando sul proc. n. 2549 dell’anno 2015, ogni diversa domanda ed eccezione assorbita o rigettata, così provvede:

dichiara l’improcedibilità della domanda e, per l’effetto, revoca nei confronti di XXXXX XXXXX e XXXXX XXXXX, il decreto ingiuntivo n. 499/15 del 11.03.2015;

compensa per intero le spese di lite;

dispone infine che, ai sensi dell’art. 52, d.lgs. n.196/03, in caso di diffusione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica, su riviste, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati.

Forlì, 29/01/2021.

Il Giudice Dott. Emanuele Picci

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Ultimo aggiornamento Domenica, Aprile 11 2021
  
22
Gennaio
2021

La delega priva dell'autentica notarile delle sottoscrizioni determina l’improcedibilità della domanda giudiziale e la condanna ex art. 96, comma 3, c.p.c;

Tribunale di Avellino, sentenza 13.01.2020 - Giudice Estensore Dott. Giuseppe De Tullio.

SINTESI: Il caso esaminato dal Tribunale di Avellino riguarda una contesa bancaria avente ad oggetto un contratto di conto corrente, un contratto di mutuo ed un contratto di fideiussione.
L’Istituto di Credito convenuto eccepiva, tra le varie, l’improcedibilità della domanda a seguito del mancato esperimento del procedimento di mediazione.
In particolare, la Banca evidenziava di essere stata regolarmente rappresentata, al primo incontro, dal suo procuratore speciale, in virtù di procura speciale autenticata, mentre parte attrice era presente personalmente per sé stessa e per conto di due società mediante una delega priva di autentica notarile delle sottoscrizioni. Inoltre parte attrice aveva ricevuto esplicito incarico di non dare seguito al tentativo di mediazione e definire al primo incontro con verbale di mancata conciliazione.
Il tribunale ha ritenuto meritevole di accoglimento l’eccezione sollevata dalla Banca, sottolineando che la mediazione non può essere considerata validamente ed efficacemente espletata, a causa della mancanza di una valida procura speciale autenticata e dell’esplicita direttiva conferita al soggetto presente.
Pertanto, l’Autorità adita ha dichiarato improcedibile la domanda formulata dagli attori, condannandoli, ai sensi dell’art. 96, 3 comma., c.p.c. al pagamento di una somma determinata in via equitativa, in ragione del preclusivo ed ingiustificato rifiuto di prendere parte al tentativo di mediazione obbligatoria, nonché al pagamento della metà delle spese di giudizio in favore della parte convenuta e al pagamento, ex art. 8 comma 4-bis d.lgs. 28/2010, in favore dello Stato, dell’importo pari al contributo unificato dovuto per il giudizio, per non aver partecipato al procedimento di mediazione, senza giustificato motivo.

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Ultimo aggiornamento Venerdì, Gennaio 22 2021
  
13
Gennaio
2021

Le spese legali di mediazione? Hanno natura di danno emergente e vengono addebitate alla parte che ha determinato la lite;

Tribunale di Bergamo, sentenza del 14.10.2020 – Giudice Estensore Dott.ssa Silvia Romano.

SINTESI: Il caso de quo riguarda alcuni condomini che hanno convenuto in giudizio il Condominio al fine di ottenere la rifusione delle spese sostenute per l'esperimento di tre procedimenti di mediazione instaurati sul presupposto della nullità di una serie di delibere dell'assemblea condominiale.
In merito, il Tribunale di Bergamo ha sottolineato che le spese di assistenza legale stragiudiziale, diversamente da quelle giudiziali vere e proprie, hanno natura di danno emergente (ovvero di una perdita economica subita) e la loro liquidazione, pur dovendo avvenire nel rispetto delle tariffe forensi, è soggetta agli oneri di domanda, allegazione e prova secondo le ordinarie regole processuali (Cass. S. n. 16990/20172017).
Il Giudice ha, quindi, ritenuto necessario verificare in concreto, de facto e in diritto, se gli addebiti prospettati dagli attori a titolo di danno emergente derivino dalla responsabilità del Condominio.
In particolare, il Condominio ha riconosciuto il diritto degli attori a non partecipare alla spesa di rifacimento del lastrico solare di proprietà di altri condomini e, di conseguenza, il diritto ad ottenere il rimborso in favore dei medesimi. Inoltre, il Condominio ha dato incarico all’amministratore di fare rielaborare i piani di riparto pregressi, ma non ha adottato una delibera modificativa del predetto criterio di ripartizione delle spese.
Per tali ragioni, oltre che in virtù della documentazione riversata in giudizio e della giurisprudenza, l’Autorità Giudiziaria ha dichiarato nulle le delibere condominiali impugnate ed ha accolto la domanda attorea di rifusione dei costi sostenuti per l'esperimento dei procedimenti di mediazione.

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Ultimo aggiornamento Mercoledì, Gennaio 13 2021
  
11
Dicembre
2020

Mediazione obbligatoria: Ormai fioccano Condanne da parte di tutti i tribunali, questo è solo un altro esempio!

SINTESI:

P. Q. M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese sostenute nel giudizio di  cassazione, che liquida in complessivi C 1.200,00, di cui €  200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 Sezione civile della Corte suprema di cassazione.
Il Presidente
Pasquale D’Ascola
DEPOSITATO CANCELLERIA 8 giugno 2020 - NON INSERIAMO PIU' TUTTE LE CONDANNE PERCHé SONO VERAMENTE TROPPE E QUI SOPRA NON RIUSCIREMO A FARLE STARE!

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Ultimo aggiornamento Mercoledì, Dicembre 16 2020
  
17
Novembre
2020

Nella mediazione delegata il Giudice può caldeggiare le parti ad avvalersi di una consulenza tecnica in mediazione e informare le stesse delle conseguenze in caso di mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione;

SINTESI:

Nella mediazione delegata il Giudice può caldeggiare le parti ad avvalersi di una consulenza tecnica in mediazione e informare le parti che la mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione, ai sensi dell’art. 8 d.Lgs. 28/10 comporta le conseguenze previste dalla predetta norma e dall’art. 96, III comma, c.p.c. A seguito di accertamento tecnico preventivo, il Giudice del Tribunale di Roma, Dott.ssa Raffaella Vacca, il 22/10/2020, formulava una proposta ex art. 185 c.p.c. che veniva però rifiutata da una parte in giudizio, la quale contestava le risultanze dell’accertamento.
Di talché, il Giudice riteneva di poter procedere ad una mediazione delegata poiché vi erano margini negoziali tra le parti che avrebbero consentito loro di addivenire in breve tempo ad una soluzione della vertenza soddisfacente per entrambe.
Inoltre ciò avrebbe evitato lunghi rinvii causati dall’emergenza sanitaria in corso.
Inoltre, il Giudice riferiva espressamente di ritenere opportuno l’espletamento della consulenza tecnica in mediazione, anche per accertare il nesso di causalità tra fatti ed eventi e tra eventi e danni.
Per tali ragioni, il Giudice fissava un termine alle parti per depositare la domanda di mediazione, autorizzava l’Organismo di mediazione ad acquisire la relazione peritale e l’allegata documentazione, nonché ad avvalersi di un consulente tecnico iscritto all’albo dei consulenti tecnici d’ufficio del Tribunale di Roma e di un ausiliario iscritto nel medesmo albo, con il compito di rispondere a determinati quesiti e a quanto ritenuto necessario dall’Organismo di mediazione. invita i difensori ad informare i loro assistiti della presente ordinanza e, specificamente, della necessità di partecipare effettivamente, assistiti dai rispettivi avvocati, al procedimento di mediazione;
informa le parti che la mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione, ai sensi dell’art. 8 d.Lgs. 28/10 comporta le conseguenze previste dalla predetta norma e dall’art. 96, IIIcomma, c.p.c.;
rinvia all’udienza del 18.11.2021 h.11,15, con la precisazione che in ipotesi di raggiungimento di accordo, le parti potranno chiedere un’anticipazione d’udienza per la declaratoria di estinzione del giudizio.

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Ultimo aggiornamento Martedì, Novembre 17 2020
  
10
Novembre
2020

La mancata comparizione nella mediazione obbligatoria e nella mediazione demandata dell'istante configura l’improcedibilità della domanda giudiziale;

SINTESI: Il Tribunale di Brescia si è recentemente espressa in una causa condominiale per la quale la mediazione è obbligatoria ex L. 28/2010.
Parte attrice deduceva di aver svolto la mediazione e che la medesima aveva avuto esito negativo a causa della mancata comparizione di entrambe le parti processuali.
Il Condominio eccepiva la mancata mediazione obbligatoria e chiedeva che la domanda giudiziale venisse dichiarata improcedibile.
Il Tribunale ha svolto le seguenti considerazioni:

  1. chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa ad una controversia in materia di condominio è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione, pena l’improcedibilità della domanda giudiziale;
  2. l’onere di attivare la procedura di mediazione, sanzionato a pena di improcedibilità, deve gravare sulla parte processuale che, con la propria iniziativa, ha provocato l’instaurazione del processo assoggettato alle regole del rito ordinario di cognizione;
  3. viene, pertanto, distinta la posizione dell’attore da quella del convenuto: infatti l’improcedibilità della domanda nella mediazione obbligatoria e/o delegata è prevista solo nel caso in cui l’attore non abbia introdotto la procedura di mediazione o l’abbia gestita in modo viziato; invece, la mancata partecipazione del convenuto non impedisce di ritenere espletato il procedimento di mediazione;
  4. il rifiuto di partecipare alla mediazione deve considerarsi non giustificato sia in caso di mancanza di qualsiasi dichiarazione della parte sulla ragione del diniego a proseguire il procedimento, sia in caso di motivazioni inconsistenti o non pertinenti rispetto al merito della controversia; infatti, alle parti, non può essere riconosciuto un potere di veto assoluto ed incondizionato sulla possibilità di dare seguito alla procedura di mediazione;
  5. l'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il Giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione.

Nel caso di specie, la parte istante ha regolarmente introdotto la mediazione ante causa, la data del primo incontro è stata regolarmente comunicata, la parte invitata non ha aderito e nessuna delle parti si è presentata alla mediazione.
Il Giudice ha precisato che la parte istante avrebbe dovuto presenziare al primo incontro con il mediatore.
Inoltre il Tribunale, non ravvisando alcun valido motivo per l’assenza di entrambe le parti, ha ritenuto di non dover concedere ulteriore termine alle parti stesse per rinnovare la mediazione obbligatoria.
Infine, ha sottolineato che “Le conseguenze del rifiuto ingiustificato di procedere e di partecipare alla mediazione sono, se espresso dall’istante/attore, sovrapponibili alla mancanza tout court della introduzione della domanda di mediazione. Sarebbe un’aporia ritenere soddisfatto il precetto della legge in materia di mediazione obbligatoria e demandata, ritenendo che sia sufficiente al fine di integrare la condizione di procedibilità la semplice formale introduzione della domanda. Solo in presenza di ragioni ostative formali/procedurali (es. un convocato in mediazione caduto vittima di un grave incidente; ad un convocato deceduto nelle more della presentazione all’incontro) può ammettersi che sussista l’impossibilità ad iniziare la procedura di mediazione e quindi la ragionevolezza del considerare validamente concluso il procedimento di mediazione con l’avveramento della condizione di procedibilità e l’assenza di sanzioni”.
Per tali ragioni, l’Autorità Giudiziaria ha dichiarato improcedibili le domande attoree, ritenendo assorbite le ulteriori questioni di merito e condannando parte attrice a corrispondere a controparte le spese legali.

(Tribunale di Brescia, Giudice Estensore Dott. Pezzotta - sentenza del 03.06.2020)

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Ultimo aggiornamento Martedì, Novembre 10 2020
  
27
Giugno
2018

E’ Obbligatoria la mediazione nel procedimento di revoca dell’amministratore di condominio.

Secondo il Tribunale di Macerata non possono sussistere dubbi sulla obbligatorietà del procedimento di mediazione nel giudizio di revoca dell’amministratore di condominio.
Infatti, la previsione contenuta nell’art. 5, comma 4, lettera f, D.lgs. 28/2010 che esclude l’applicabilità della mediazione a procedimenti in camera di consiglio cede dinanzi a quanto dettato dagli articoli 71 quater e 64 delle disp. Att. c.c.
Dette norme hanno carattere di specialità nell’ambito della disciplina del condominio ed affermare il contrario significherebbe, implicitamente, abrogarle.

Leggi Tutta la Sentenza: TRIBUNALE DI MACERATA

…./17 r.g.

IL COLLEGIO

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Ultimo aggiornamento Domenica, Luglio 08 2018
  
09
Febbraio
2018

18/01/2018 - NEL GIUDIZIO DI REVOCA DELL’AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO E’ OBBLIGATORIO EFFETTUARE LA MEDIAZIONE;

L’art. 71 quater disp. att. del codice civile circoscrive la definizione delle liti condominiali alle norme contenute nelle disposizioni del libro III, titolo VI, capo II del c.c. e degli articoli da 61 a 72 delle disp. att.
Per tali controversie l’esperimento del tentativo di mediazione è obbligatorio a pena di inammissibilità della domanda giudiziale.
Tale obbligo sussiste anche quando la controversia ha ad oggetto la revoca dell’amministratore di condominio?
Secondo la Corte di Cassazione la risposta deve essere affermativa.
Infatti, nonostante l'art. 5, comma 4, lett. f, del D.Lgs. 4 marzo 2010 n. 28 esclude l’obbligatorietà del tentativo di mediazione nei procedimenti in camera di consiglio (vi rientra la revoca dell’amministratore di condominio), la Corte ha ritenuto che la mancata comparizione della promotrice dell’azione di revoca all’ incontro davanti al mediatore equivale al mancato avveramento della condizione di procedibilità.

Testo integrale:

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Ultimo aggiornamento Venerdì, Febbraio 09 2018
  

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